Secondo lo studio americano sull’alzheimer, la maggiore propensione femminile ad ammalarsi è dovuto alle caratteristiche del cervello
La malattia del morbo di Alzheimer, detta semplicemente Alzheimer, è una forma piuttosto comune di demenza degenerativa progressivamente invalidante che colpisce generalmente a partire dai 65 anni in poi. L’incidenza è progressiva con l’età e diversi studi hanno dimostrato che le donne hanno più probabilità degli uomini di ammalarsi, probabilmente per la loro maggiore longevità.
Un nuovo studio conferma la maggiore propensione femminile ad ammalarsi, però rileva un altro motivo che sta dietro a questo dato. Una scoperta innovativa che emerge da due diversi studi presentati all’Alzheimer’s Association International Conference a Los Angeles. Secondo questi studi, la ragione risiede nella maggiore connettività – nelle donne – di alcune aree del cervello, dove si forma la proteina tau, responsabile delle placche che si accumulano con la malattia, e in alcuni particolari geni.
Gli studi sulla proteina e sui geni
Nel primo studio, sono state analizzate centinaia di risonanze magnetiche di uomini e donne: la distribuzione della proteina tau, insieme a quella amiloide, può formare dei grovigli tossici che fanno morire le cellule cerebrali, causando i problemi di memoria. Gli studiosi hanno scoperto che ci sono delle differenze tra maschi e femmine nel modo in cui la proteina tau si diffonde nel cervello: le donne hanno infatti una migliore connettività tra le aree del cervello dove si forma la proteina tau, e questa caratteristica provoca una diffusione più rapida della proteina, e quindi un declino cognitivo.
Nel secondo studio, condotto dall’università di Miami, è stata rilevata la presenza di alcuni geni specifici, negli uomini e nelle donne che potrebbero essere collegati al rischio di Alzheimer. “La genetica potrebbe contribuire alle differenze nel rischio e progressione della malattia in entrambi i sessi”, ha commentato Brian Kunkle, coordinatore della ricerca. Tuttavia questa ricerca sui geni ancora deve essere perfezionata per identificare eventuali soggetti a rischio.
Nuova diagnosi per il Parkinson
Nuove scoperte anche per un’altra malattia degenerativa: il morbo di Parkinson. Basterebbe un prelievo di sangue per diagnosticalo. E la scoperta è tutta italiana. Un team di ricerca dell’Istituto italiano di tecnologia (Iit) di Genova, in collaborazione con Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Trento) e Fondazione Santa Lucia (Fsl) Irccs di Roma, ha scoperto come una carenza di alcuni lipidi, prodotti dalla flora intestinale, sia associata alla malattia di Parkinson. Grazie a questa scoperta con un semplice prelievo di sangue si potrebbe diagnosticare la malattia, con un’efficacia pari al 90%. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista internazionale “Metabolomics”.
Marta Fresolone