Correlazione Alzheimer- infiammazione

Alzheimer

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L’Alzheimer, per chi lo vive quotidianamente tramite i processi morbosi dei propri cari o per chi lavora a contatto con esso, può considerarsi un deterioramento cognitivo anche peggiore dell’evento stesso mortale, perché con l’avanzare della malattia (in entrambi i casi in cui essa può presentarsi, ovvero precoce o tipica dell’anziano), ci si dimentica di tutte le esperienze fatte: memorie, sorrisi, tristezze, orientamento spaziale, tenerezze con gli affetti più cari.

Spesso, tutto questo non vale per chi soffre di questa grave forma di demenza senile. Infatti, può capitare che il paziente non sia del tutto consapevole del deterioramento neuro-degenerativo al quale è soggetto: perde il ricordo di come era una mente sana per poterlo comparare a una mente malata con cui condivide la vita (salvo per quei pochi momenti in cui la malattia permette di non esserne sopraffatti).

Breve e generale sunto sulla malattia neurologica

Con lo scopo di introdurre la correlazione infiammazione-disfacimento della memoria, è doveroso citare la memoria a brevissimo termine o di lavoro. Essa ci permette di fare ogni singola azione o sperimentare ogni singola sensazione nell’immediato. Poi, viene subito cestinata perché non utile. Per esempio, se vedo un piccolo ostacolo come una piccola pietra mentre cammino, allora, dopo averlo oltrepassato, ne dimentico l’esistenza perché la sua utilità è terminata.

Se, invece, la nostra attenzione ritiene opportuno conservare per un breve periodo di tempo l’informazione ottenuta o l’azione fatta (per esempio con la finalità di un esame universitario), allora, essa passa dalla memoria di lavoro alla memoria a breve termine (con sede nell’ippocampo) in modo tale da essere ricordata per qualche tempo. In termini di durata del ricordo, continuando con il precedente esempio rappresentativo dell’esame, si intende fino a qualche giorno o settimana dopo l’esame.

Infine, se le sollecitazioni a questo tipo di informazione, riposta nella memoria a breve termine, sono numerose, essa viene registrata in corteccia, cosicché si formi una memoria duratura nel tempo. Riprendendo l’esempio tipico dell’esame: se si ripete spesso un argomento, allora lo si saprà bene quasi per sempre.

Ciò che è, in questo caso, di nostro interesse è la memoria a lungo termine registrata in corteccia.

Teorie sulle possibili cause e implicazioni della malattia di Alzheimer

Purtroppo la patologia trattata non è altro che a eziologia primaria sconosciuta, però gli scienziati fanno risalire come causa di tossicità per le connessioni sinaptiche (cioè connessioni tra neuroni) la presenza di precipitazioni di proteina beta-amiloide e ammassi neurofibrillari, evidenziati esattamente nella sede della memoria a breve termine.

In primis, le connessioni sinaptiche colpite saranno quelle che devono ancora formarsi, allora il paziente non riuscirà a memorizzare nella memoria a breve termine un nuovo evento accaduto, cosicché l’evento stesso rimarrà solo nella memoria di lavoro e conseguentemente verrà immediatamente cancellato.

In successiva fase, le seconde colpite saranno le connessioni tra neuroni già formate da un tot di tempo, ovvero i ricordi conservati sempre in quel limbo che è la memoria a breve termine. Per quanto tempo rimarranno conservati in questa cella di memorizzazione? Questo dipende da quanto l’informazione ci interessi e serva al nostro cervello per una finalità ben precisa, per esempio, possiamo considerare il tempo in base all’obiettivo di sostenere l’esame universitario citato precedentemente.

Infine, negli stadi più avanzati della malattia, anche le memorie a lungo termine (ricordi stabili più ripetuti o più importanti della nostra vita, per esempio, un tragico lutto) andranno perse con conseguente assottigliamento di materia grigia cerebrale.

Possibili terapie in prima fase sintomatologica

Questa ultima fase di progressione dell’ Alzheimer, ovvero il deterioramento della memoria a lungo termine, secondo la pubblicazione della rivista Brain, è possibile non raggiungerla utilizzando farmaci antinfiammatori efficaci solo se siamo davanti ai primi sintomi.

Correlazione INFIAMMAZIONE CRONICA-DISFACIMENTO DELLA MEMORIA

Come mai l’uso di farmaci anti-infiammatori ritarda la scomparsa della memoria a lungo termine? Il sistema immunitario del Sistema nervoso centrale, che è rappresentato dalla microglia, identifica come minaccia la proteina beta-amiloide,che si è accumulata ed è causa della compromissione delle connessioni tra neuroni. Allora, su di essa, la microglia svolge fagocitosi (ovvero la mangia) inducendo infiammazione e, se l’infiammazione si protrae nel tempo, la malattia progredisce con la perdita anche della memoria a lungo termine.

Inoltre, un secondo studio, in cui si paragonano pazienti centenari (quindi che hanno invecchiamento con successo) e malati di Alzheimer, ha scoperto che: i primi hanno genotipo anti-infiammatorio, ovvero avranno, per esempio, maggior numero di geni che producono proteine anti-infiammatorie rispetto a quelle infiammatorie.

Mentre, i malati di Alzheimer presentano genotipo pro-infiammatorio, quindi maggior numero geni che producono proteine pro-infiammatorie rispetto a quelle anti-infiammatorie.

Pertanto, genotipo pro-infiammatorio e infiammazione, causata dall’operato della microglia, sono fattori di prognosi altamente negativa sulla malattia di Alzheimer. A tal proposito, essa non si limiterà più solamente a intaccare la memoria a breve termine ma giungerà anche a sgretolare la memoria a lungo termine.

Per una visione più chiara del processo morboso attraversato da un malato di tal genere, consiglio la visione del film Still Alice scritto e diretto da Richard Glatzer e Wash Westmoreland:

Non pensate che io stia solo soffrendo: se pure sto soffrendo, io mi sto battendo, sto lottando per restare parte della realtà, per restare in contatto con quella che ero una volta.

                                                            Roberta Mineo

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