Le recenti inondazioni negli Emirati Arabi Uniti e, in particolari, le alluvioni a Dubai delle ultime ore hanno destato grande interesse e suscitato dibattiti sul possibile coinvolgimento del “cloud seeding”. In un paese noto per le sue città nel deserto, le piogge abbondanti e improvvise hanno sollevato interrogativi sulla pratica di manipolazione delle nuvole per aumentare le precipitazioni. Ieri, martedì 16 aprile, piogge torrenziali hanno causato allagamenti in molte infrastrutture – come gli aeroporti – e hanno portato alla morte di 18 persone in Oman.
Non si è certi circa il rapporto di causa-conseguenza tra le alluvioni a Dubai e il cloud seeding, ma nell’ultima settimana questa pratica è stata fortemente incentivata. Si stima che le alluvioni delle ultime ventiquattro ore hanno portato una quantità di acqua che, normalmente, si raggiunge in un anno e mezzo.
Le alluvioni a Dubai nascondono il sistemico fenomeno delle inondazioni negli Emirati Arabi Uniti
Gli Emirati Arabi Uniti, con le loro maestose città nel deserto, di recente sono stati travolti da inondazioni eccezionali. Alcune zone hanno registrato più di 250 millimetri di pioggia, una quantità sorprendente per un paese noto per il suo clima desertico. In particolare, nel violento maltempo che ha colpito il paese, ci sono state delle pericolose alluvioni a Dubai che hanno letteralmente bloccato servizi e funzionamenti della città. Secondo i dati, i venti hanno raggiunto gli 80 km/h di velocità, registrando un nuovo record dal 1949.
Inoltre, in Oman sono stati ritrovati i corpi di 18 persone e altre 2 sono disperse dopo le alluvioni e le piogge torrenziali. Scuole, aeroporti e infrastrutture di vitale importanza sono stati chiusi per ore: l’aeroporto ha sospeso il suo funzionamento per soli 25 minuti, cancellando più di 50 voli. Questo evento ha sollevato domande e teorie sul possibile coinvolgimento del “cloud seeding”, una pratica controversa che mira a aumentare le precipitazioni.
Guardando alle sole alluvioni a Dubai, l’ondata di maltempo ha portato ad una pioggia massiccia e continua per oltre 12 ore, coprendola con oltre 100 millimetri di acqua. Nelle Penisola Arabica però questo fenomeno non è stato totalmente una sorpresa, seppur una tragedia, perché da anni ormai si svolgono esperimenti chimici nei confronti nelle nuvole – il cosiddetto cloud seeding.
L’origine e il funzionamento del cloud seeding
Il concetto di cloud seeding ha radici che risalgono alla fine della Seconda guerra mondiale. Essenzialmente, consiste nel tentativo di indurre le nuvole a produrre più pioggia mediante l’introduzione di particolari sostanze, come lo ioduro d’argento o il ghiaccio secco. Queste sostanze agiscono come nuclei di condensazione, attirando il vapore acqueo presente nell’atmosfera e favorendo la formazione di gocce di pioggia.
Sostanzialmente, gli Emirati hanno ricorso al cloud seeding per far fronte all’emergenza idrica e alla siccità fin troppo presente nel territorio. Questa pratica è usata principalmente tra marzo e maggio, i mesi più piovosi dell’anno, così da favorire piogge più intense e continue.
Gli Emirati Arabi Uniti hanno una lunga storia di utilizzo del cloud seeding, soprattutto per affrontare i problemi di siccità. Il Centro Nazionale di Meteorologia del paese ha condotto numerose ricerche e sperimentazioni su questa pratica, rendendola una parte integrante della strategia per aumentare le precipitazioni in un ambiente arido come quello degli Emirati.
La controversia sul coinvolgimento del cloud seeding nelle inondazioni
Nonostante le speculazioni diffuse sul possibile ruolo del cloud seeding nelle inondazioni, gli esperti del Centro Nazionale di Meteorologia hanno smentito tali teorie. Secondo loro, l’attività di inseminazione delle nuvole viene di solito eseguita su nuvole che altrimenti non produrrebbero pioggia o ne produrrebbero in quantità limitata. Pertanto, intervenire durante tempeste intense e già in corso sarebbe inefficace.
Di conseguenza, non si può scientificamente affermare che le alluvioni a Dubai e in generale nel paese sono la conseguenza del cloud seeding. Allo stesso modo però, si è certi che queste spinte chimiche, a lungo andare, possano diventare un incentivo a alluvioni, piogge torrenziali e fenomeni atmosferici violenti. Nell’ultima settimana sono state registrate sette missioni nel cielo per incentivare le nuvole: di conseguenza, non è un caso che le alluvioni a Dubai siano proprio nelle ultime notizie.
Il contesto del cambiamento climatico
Alcuni esperti hanno suggerito che il cambiamento climatico potrebbe aver contribuito alla produzione di precipitazioni così intense. Studi futuri cercheranno di analizzare il ruolo del cambiamento climatico in eventi meteorologici estremi come questi, mentre la comunità scientifica continuerà a monitorare da vicino l’evoluzione del clima negli Emirati Arabi Uniti e in tutto il mondo.
Nonostante il cloud seeding non sia la conseguenza più stretta delle alluvioni e delle piogge torrenziali nell’intera Penisola Arabica, questa pratica di contaminazione chimica delle nuvole è estremamente dannosa per il clima e la natura. Usata, paradossalmente, per far fronte al problema del riscaldamento globale, sta causando ancora più problemi a città e vite umane.
Lucrezia Agliani