Allevamento intensivo : paese che vai, schifezze che trovi (e che importi)

Mirko Busto

Di Mirko Busto





Maltrattamenti, violenze, violazione delle norme igieniche e dei diritti degli animali, sofisticazione alimentare, rischi per la salute, ecco cosa si nasconde dietro la carne a basso prezzo proveniente dagli allevamenti intensivi. Italiani e non.

Mentre in Italia scorrono le inquietanti immagini degli allevamenti nostrani portate alla luce da sempre più inchieste giornalistiche (tra queste Animali come noi condotto da Giulia Innocenzi, su Rai 2 ogni mercoledì alle 23.20) altre allarmanti notizie legate al consumo di carne ci giungono da oltreoceano.

In Brasile, per la precisione, si sta consumando l’operazione antisofisticazione più grande mai realizzata. Denominata Carne Fraca – ossia Carne debole – l’inchiesta brasiliana sta mettendo sotto choc l’intero paese, e non solo… Perché le indagini della polizia brasiliana coinvolgono i più grandi produttori mondiali di carne con interessi anche in Unione Europe, Italia in primis.

Secondo l’inchiesta le aziende coinvolte avrebbero aggirato controlli sanitari commercializzando carni avariate poi contraffatte attraverso l’acido ascorbico.

Secondo Mauricio Moscardi, capo della polizia federale del Brasile, l’utilizzo di acidi non permessi per l’uso alimentare e altre sostanze chimiche, in alcuni casi cancerogene serviva per nasconderne le caratteristiche fisiche e l’odore di marcio della carne scaduta.
Ma non basta. Nei tranci di bovino brasiliano era iniettata acqua per farli aumentare di peso. In qualche caso a essere adulterata era anche la carne di pollo, alla quale veniva aggiunta della carta e le salsicce nelle quali era aggiunta fraudolentemente la carne della testa di maiale.

Sono 22 le imprese coinvolte nelle indagini, tra queste anche i giganti del calibro di JBS e BRF – due tra i maggiori produttori alimentari del Paese che controllano marche come Seara, Perdigão e Friboi.

Alla BRF in particolare è stata chiusa una fabbrica che produceva solo per l’esportazione in Canada, Unione Europea, Russia e Giappone. Stessa dimensione mondiale per la JBS che tra i clienti della sua carne vede paesi come Stati Uniti, Germania e Giappone.

Insomma, nessuno si può dire al sicuro.

Il nostro Paese – secondo Coldiretti – è uno dei maggiori importatori europei di carne dal Brasile per quantitativi superiori a 30 milioni di chili che hanno varcato i confini nel 2016.

Cina e Corea del Sud, nell’attesa che vengano date garanzie sull’esclusione della carne contaminata e che siano rese note tutte le aziende coinvolte nello scandalo di carne avariata, hanno già bloccato l’importazione di questi prodotti dal Brasile.

Ci domandiamo cosa stia aspettando l’Unione Europea.

Ma soprattutto ci domandiamo se non sia l’ora di mettere seriamente in discussione un modello alimentare che sta facendo acqua da tutte le parti: troppi derivati animali, prodotti a basso costo e in contrasto con qualsiasi norma per la sicurezza igienica e sanitaria; un mercato globale dal quale importiamo merce di dubbia qualità e provenienza, che percorre migliaia di chilometri in condizioni quantomeno discutibili e con un impatto ambientale altissimo, un uso sempre più smodato della chimica e della farmaceutica negli alimenti per far fronte a una produzione che allontana sempre più gli esseri viventi dalle loro condizioni naturali. Potremmo beneficiare a vita della dieta Mediterranea e delle sue virtù, invece ci troviamo a rincorrere un modello alimentare occidentale che tutto è fuorché buono, salutare e giusto. E le conseguenze si vedono e le stiamo già pagando…




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