L’odio verso l’altro da sé che accomuna oggi Israele e i nazionalisti europei si esprime nella demonizzazione e disumanizzazione dei musulmani e degli arabi palestinesi, rappresentati come
barbari e nemici della civiltà occidentale quindi “meno umani”. Una minaccia alla sicurezza nazionale da arginare a tutti i costi.
L’avanzata dei partiti di estrema destra è una tendenza che sta interessando le democrazie occidentali evidenziando il fallimento del centro liberale che è il principale responsabile di questa deriva estremista. La politica occidentale degli ultimi anni è polarizzata in due schieramenti: centro-sinistra liberale e destra conservatrice. Ad onor del vero, usare l’espressione “sinistra” in riferimento ai democratici americani, al PD italiano o alla sinistra liberal di Macron in Francia, è un’iperbole, le sinistre occidentali ed europee sono espressione di gruppi ristretti ed elitari, le destre invece riescono nell’impresa di rivolgersi trasversalmente alla “pancia” del popolo facendo leva sull’ignoranza e sull’atavica paura del diverso insita nella civiltà occidentale.
“La civiltà giudeo-cristiana è minacciata dall’Islam”
Lo slogan ripetuto in modo martellante dai partiti di estrema destra è “l’Islam sta invadendo le nostre nazioni e minaccia le radici giudeo-cristiane della civiltà occidentale”. I programmi politici dei nazionalisti europei si fondano sulla necessità di trovare strategie per contenere i flussi migratori e favorire l’aumento della natalità tra le popolazioni autoctone in modo da scongiurare la sostituzione etnica. L’ideale che accomuna Israele e i nazionalisti europei è la difesa della civiltà giudeo-cristiana e della “purezza etnica” dalla presenza araba e islamica.
L’obiettivo di Israele di ripulire la Palestina dagli arabi-palestinesi coincide con le politiche anti-immigrazione dei nazionalisti europei che sognano un’Europa solo di bianchi e cristiani.
Non si può non evidenziare il paradosso storico in cui un gruppo di immigrati ebrei-sionisti, provenienti dall’Europa orientale, giunto in Palestina negli “20 inizia a sottomettere e scacciare via i nativi arabi, vivi o morti, dalla loro terra.
La difesa della “fortezza bianca”
Colonialismo e suprematismo etnico e religioso compongono il quadro di valori comuni che unisce Israele e i nazionalisti europei nell’intento di erigere muri invalicabili a difesa della cosiddetta “fortezza bianca occidentale”, come la definisce lo storico Ilan Pappe, dalla minaccia del mondo arabo ( e nero).
Ci imbattiamo in un altro evidente paradosso storico, giustamente evidenziato da David Hearst, direttore editoriale di Middle East Eye, che mostra quanto sia assurda e propagandistica l’idea di una civiltà giudeo-cristiana, Israele e i nazionalisti europei sembrano aver dimenticato che negli anni “30, sotto la Germania nazista, erano proprio i nazisti, di religione cristiana, a perseguitare e trucidare gli ebrei, sulla base di costruzioni suprematiste come quelle abbracciate oggi dalla propaganda dei partiti di estrema destra.
In una recente intervista rilasciata ad una tv francese, Benjamin Netanyahu, alla domanda se si possa fare un parallelismo tra lo sbarco alleato in Normandia e l’invasione di Gaza, ha risposto:
“ La nostra vittoria è la vostra vittoria! È la vittoria della civiltà giudeo-cristiana sulla barbarie. È la vittoria della Francia! Se noi vinciamo, voi vincete qui”.
Una frase che conferma la vicinanza di ideali, o meglio di propaganda, tra Israele e i nazionalisti europei.
L’alleanza tra Israele e i nazionalisti europei non è mero opportunismo
A riprova del profondo legame tra novelli crociati promotori di conflitti di civiltà, le parole di Netanyahu che propagandano l’attacco a Gaza come una guerra in nome degli interessi occidentali, non hanno scomposto i politici francesi, nemmeno il presidente liberal Macron che già in passato, guarda caso, ritenendo che il “separatismo islamico” potesse rappresentare una minaccia per la Francia, limitò la libertà di culto di sei milioni di cittadini francesi musulmani.
Come scrive David Hearst, è un errore ritenere di poter liquidare l’alleanza tra Israele e i nazionalisti europei a mero opportunismo politico.
Il sostegno accordato da personaggi politici di spicco della classe dirigente israeliana a figure chiave del nazionalismo europeo, dal partito spagnolo d’estrema destra Vox all’AFD tedesco, fino alla simpatia per Jordan Bardella, giovane promessa dell’estrema destra francese, trova fondamento nella condivisione di una determinata idea di società, razzista e suprematista, che anima Israele e i nazionalisti europei.
Non stupisce quindi la gioia diffusa in Israele per il trionfo di partiti nazionalisti alle ultime elezioni europee. Il ministro degli esteri israeliano Katz in un post su X ha condiviso un meme in cui venivano rappresentati i politici spagnoli presi a uova in faccia, con la didascalia “puniti dagli elettori, sostenere gli assassini e gli stupratori di Hamas, non paga”, un chiaro riferimento al fatto che la Spagna governata dal primo ministro Pedro Sanchez, insieme a Irlanda, Norvegia e Slovenia, avesse riconosciuto lo Stato di Palestina.
Un’unica propaganda d’odio verso l’altro abbraccia Israele e i nazionalisti europei
La propaganda d’odio verso l’altro che abbraccia Israele e i nazionalisti europei è incanalata nella demonizzazione dei musulmani rappresentati come nemici del “vivere civile”, selvaggi, barbari e quindi “meno umani” e incompatibili con quella civiltà che ostenta il marchio liberale e democratico e sta dando carta bianca al nazionalismo sionista coprendo il genocidio degli arabi palestinesi.
Come se il musulmano di oggi non fosse esattamente come l’ebreo di ieri, l’altro da sé, il diverso, disumanizzato e reso sacrificabile dalle medesime ideologie suprematiste fondate sul sogno dell’etnia pura.
Il desiderio dei razzisti di oggi di sbarazzarsi dei musulmani scaturisce da una mentalità affine a quella dei nazisti di ieri, dai medesimi presupposti politici ed ideologici che individuano nella separazione etnica e nel privilegio riservato alle razze superiori, le fondamenta di una nazione forte e prospera.
L‘obiettivo della deportazione dei palestinesi
“Per la vittoria dobbiamo incoraggiare l’emigrazione dei palestinesi”, la frase che Itamar Ben Gvir, personaggio di spicco dell’estrema destra israeliana, non perde occasione di sbraitare, vuole essere soprattutto un’esortazione rivolta ai coloni affinché usino le maniere forti per costringere i nativi a sloggiare lasciando campo libero per la costruzione di nuovi insediamenti, ma è anche un incitamento per i soldati a completare le pulizie etniche a Gaza fino all’ultimo palestinese rimasto.
L’unico ostacolo che si frappone alla deportazione dei palestinesi di Gaza e della Cisgiordania è la resistenza di altri paesi ad accoglierli, infatti già da prima del 7 ottobre, Israele va alla ricerca di stati disposti a farsi carico dei profughi in cambio di un corrispettivo in denaro.
Questa è una strategia che accomuna Israele e i nazionalisti europei, che tuttavia trova consensi anche tra i liberali.
Il fascino di Hitler
“Non siamo solo noi nazisti ad odiare gli ebrei. Vedete, tutto il mondo odia gli ebrei”.
Torna in mente la frase pronunciata da Hitler nel 1939 quando una nave con a bordo 900 ebrei venne rifiutata da Stati Uniti e Canada.
Oggi la narrazione su cui si fonda la propaganda israeliana riflette tragicamente queste parole del fuhrer.
Hitler sta diventando un punto di riferimento per i sionisti, un ex deputato del Likud nel corso di una trasmissione televisiva lo ha citato, esclamando convinto:
”Non posso vivere se rimane un solo ebreo’. Non possiamo vivere qui se rimane un solo ‘Islamo-nazista’ a Gaza”.
Sebbene l’evidenza storica gli sbatta in faccia che fu proprio il fuhrer il responsabile dello sterminio degli ebrei, i sionisti di oggi non si fanno alcuno scrupolo a replicarne ideologie e piani.
Nessuna remora neppure nell’intrecciare alleanze con coloro che fanno dell’antisemitismo e del razzismo le loro ragioni esistenziali.
Israele e i nazionalisti europei in fondo hanno oggi un nemico comune “meno umano” da estirpare, una minaccia alla sicurezza nazionale da arginare anche a costo di una “soluzione finale”.