Allarme riguardo 500 morti nel carcere di Makala, il più grande della Repubblica Democratica del Congo

500 morti nel carcere di Makala

La Bill Clinton Foundation for Peace, un’organizzazione non governativa, ha messo in evidenza una situazione poco spiacevole riguardo 500 morti nel carcere di Makala, il più grande della Repubblica Democratica del Congo (RDC), ubicato a Kinshasa, capitale del paese. Le cause di queste morti sono dovute alle pessime condizioni di detenzione presenti nel carcere e al sovraffollamento, il quale sembra essere trascurato dalle autorità

500 morti nel carcere di Makala, condizioni disastrose

La Bill Clinton Foundation for Peace ha diffuso un rapporto d’inchiesta sullo stato dei diritti umani e sullo stato delle carceri congolesi, da cui emerge un dato agghiacciante, ovvero che da gennaio a novembre di quest’anno, almeno 505 detenuti sono morti nella sola prigione centrale di Makala a Kinshasa. Dall’inizio di dicembre ad oggi si sono aggiunti, circa, una quindicina di decessi.

Le autorità carcerarie riconoscono circa 300 morti per soffocamento, malattie croniche e altre cause. Secondo le autorità carcerarie, tra i morti ci sono prigionieri trasferiti da vari servizi di sicurezza, che spesso arrivano in condizioni critiche.

Rfi Lydia Masika, direttrice dei servizi penitenziari della Repubblica Democratica del Congo, ha sottolineato la gravità della situazione e ha affermato:

“ci sono molti detenuti che vengono arrestati in pessime condizioni di salute, e a volte si trovano già nei sotterranei dei servizi di sicurezza. Non sappiamo esattamente come siano finiti in queste condizioni, perché arrivano magri, a volte in uno stato irrecuperabile. Quelli che arrivano nel carcere di Makala e possono essere recuperati, vengono recuperati perché almeno c’è una buona assistenza medica e nutrizionale”.

Pericolo di sovraffollamento

Il sovraffollamento nella carceri di Makala è estremo, le condizioni di detenzione sono infatti insostenibili sul piano dell’igiene e della promiscuità. La prigione di Makala, originariamente, è stata costruita per una capacità di 1.500 detenuti, ora ne ospita 13.300, di cui solo circa 2.000 sono stati processati e condannati. Gli altri sono detenuti in custodia cautelare, alcuni di loro hanno trascorso molti anni senza processo.

Secondo Emmanuel Cole, presidente della fondazione Clinton, la causa principale dei decessi è la lentezza delle procedure giudiziarie. Questa situazione, venuta alla luce solo adesso, in realtà va avanti da anni, nonostante gli annunci del presidente Tshisekedi sulla necessità di affrontare la forte densità nelle carceri della Repubblica Democratica del Congo. L’Ong teme che il sovraffollamento possa portare a un’evasione di massa, dato che la stessa prigione ospita quasi 2.000 detenuti militari, tra cui almeno cinque con il grado di generale e soprattutto teme che si possano generare focolai di malattie.

Secondo la Bill Clinton Peace Foundation, il sovraffollamento delle carceri rende questo luogo:

“un letto di morte per i detenuti.”

Ci sarà una soluzione che renderà giustizia ai 500 morti nel carcere di Makala?

Il ministero della Giustizia ha già avviato alcuni lavori di ampliamento di alcune carceri e ha annunciato che presto verrà costruito un carcere con una capacità di 5.000 detenuti alle porte della capitale. Infatti, lunedì 4 dicembre, l’amministrazione penitenziaria ha avviato una delicata operazione, la quale consiste nel trasferimento di alcuni detenuti dalla carcere di Makala alla prigione di Luzumu, nel Kongo Central, vicino a Kinshasa, altri, invece, saranno trasferiti nelle province.

La situazione è grave, qui si tratta di una vera e propria crisi umanitaria mettendo a repentaglio le condizioni dei detenuti, sottovalutando così le loro problematiche. Purtroppo i sistemi carcerari sono rinomati per le loro condizioni disumane e per il tremendo trattamento che riservano ai detenuti. Il carcere, il quale spesso dovrebbe servire per una rieducazione dei detenuti, finisce per essere un vero e proprio posto da brividi in cui di rieducazione c’è ben poco. Il caso del carcere di Makala ne è la prova. Vedremo in seguito se effettivamente gli impegni presi dal ministro della giustizia potranno portare ad un punto di svolta.

Ambra Vanella

 

 

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