Un esempio dell’influenza dello stile di vita sullo sviluppo del cancro è rappresentato in maniera spettacolare dall’esame della distribuzione del casi di tumore su scala planetaria.
In effetti, l’incidenza del cancro non è un fenomeno distribuito in modo uniforme nel mondo. In base alle ultime statistiche pubblicate dall’OMS, i paesi che hanno il più alto livello di frequenza di tumori sono quelli dell’Europa dell’Est con 300-400 casi ogni 100.000 abitanti, seguiti da vicino dai Paesi occidentali industrializzati, come quelli dell’America del Nord, con 260 casi ogni 100.000 abitanti. In compenso, i Paesi del Sud-Est asiatico, come l’India, la Cina o la Thailandia, presentano tassi di incidenza del cancro molto meno elevati, all’incirca di 100 casi ogni 100.000 individui.
Non soltanto il fardello del cancro è distribuito in maniera diseguale da una regione del globo all’altra, ma anche il tipo di tumori che colpiscono la popolazione dei diversi Paesi varia enormemente. Come regola generale, eccezion fatta per il tumore del polmone, che è il cancro più frequente e più uniformemente diffuso su scala planetaria (a causa del tabagismo), le neoplasie più comuni nei Paesi industrializzati occidentali, come gli Stati Uniti, sono completamente differenti da quelle che affliggono i Paesi asiatici.
Negli Stati Uniti e in Canada, oltre a quello del polmone, i principali tumori colpiscono , nell’ordine, colon, seno e prostata, mentre nei Paesi asiatici la frequenza di queste neoplasie è nettamente inferiore a quella osservata per i tumori allo stomaco, all’esofago e al fegato.
L’entità di queste differenze tra Oriente e Occidente è eclatante: per esempio in certe regioni degli Stati Uniti più di 100 donne su 100.000 sviluppano un tumore al seno, contro solo 8 donne thailandesi!
La stessa cosa avviene per il tumore al colon, mentre in certe regioni dell’Occidente 50 persone su 100.000 sono affette da questa patologia, essa colpisce solo 5 indiani.
Quanto al cancro alla prostata, l’altro grande tumore che affligge l’Occidente, lo scarto è ancora più ampio, esso colpisce dieci volte meno i giapponesi e perfino cento volte meno i thailandesi rispetto agli occidentali.
Lo studio delle popolazioni emigrate ha permesso di confermare che queste differenze non sono dovute a una qualsivoglia predisposizione genetica, ma sono piuttosto strettamente legate ai diversi stili di vita.
La tabella mostra un esempio eclatante delle variazioni provocate dalle migrazioni. In questo studio, il tasso dei differenti tumori che colpiscono i giapponesi residenti in patria e quelli emigrati alle Hawaii sono stati confrontati con quelli che affiggono la popolazione indigena hawaiana.
Per esempio, mentre il tumore alla prostata era, ai tempi dello studio, poco comune in Giappone, la sua frequenza aumenta di dieci volte negli immigrati giapponesi, al punto da avvicinarsi considerevolmente a quella degli indigeni hawaiani.
Al contrario, l’alto tasso di cancro allo stomaco, caratteristico della popolazione nipponica (causato dall’infezione da Helicobacter pylori ), diminuisce considerevolmente negli emigranti, avvicinandosi a quella degli hawaiani.
Queste statistiche non rappresentano un caso isolato, tutt’altro, dato che i risultati simili sono stati ottenuti studiando popolazioni differenti in varie parti del mondo. Cito soltanto un altro esempio, quello che confronta l’incidenza di alcuni tipi di tumore nella popolazione afro-americana e in quella africana della Nigeria.
Ancora una volta, i neri africani presentano livelli di cancro profondamente diversi da quelli che colpiscono i neri americani. Il tumore della prostata è molto più frequente in America che in Africa, mentre l’opposto si osserva per il cancro del fegato, molto più comune in Africa per la diffusione del principale responsabile delle neoplasie di quest’organo: il virus dell’epatite.
In ogni caso, la frequenza dei tumori nella popolazione nera presa in esame è quasi identica a quella dei bianchi americani, mentre risulta completamente differente da quella dei loro antenati, la popolazione nera africana.
Questi studi sono estremamente interessanti, perché oltre a fornire una prova inconfutabile che la maggioranza dei tumori non è dovuta a fattori ereditari, mettono in evidenza il ruolo preponderante giocato dallo stile di vita nello sviluppo di questa malattia.
Ma quale cambiamento può avere avuto un’influenza così nefasta sulla salute di questi emigranti al punto da indurre così rapidamente un incremento dei tassi di tumore?
Tutti gli studi realizzati fino a oggi puntano il dito sull’abbandono del regime alimentare tradizionale da parte degli emigranti e sull’adattamento rapido alle tradizioni culinarie del Paese ospite.
Nei due casi che ci interessano, questi cambiamenti sono particolarmente evidenti: per esempio i giapponesi emigrati verso l’Occidente hanno abbandonato un regime alimentare esemplare, cioè ricco di carboidrati complessi e di legumi e povero di sostanze grasse, per adottare una dieta a forte tenore proteico e ricco di grassi animali.
D’altra parte, tralasciando le questioni legate all’emigrazione, le abitudini dietetiche dei giapponesi hanno conosciuto sconvolgimenti importanti nel corso degli ultimi cinquant’anni, e tutti evidenziano il ruolo dell’alimentazione nello sviluppo dei tumori . per esempio, mentre fino ad appena quarant’anni fa il consumo di carne era estremamente contenuto in Giappone, esso è aumentato di più di sette volte nel corso degli ultimi anni, moltiplicando per cinque il tasso d’incidenza del cancro del colon e portandolo al livello dei Paesi occidentali.
È dunque estremamente interessante, sebbene anche un po’ allarmante, constatare fino a che punto l’adozione dello stile di vita occidentale abbia accresciuto nettamente la frequenza di alcuni tumori.
Source: ilnutrizionista.eu
Daniele Reale