Chi non conosce Alien? Per gli appassionati di fantascienza è il nirvana. Sbarcato nei cinema nel lontanissimo 1979, non ne è più uscito. Ne sono stati girati seguiti su seguiti, i più belli diretti da registi del calibro di Ridley Scott, James Cameron e David Fincher.
Nel 2012 l’autore di Blade Runner ha deciso, con Prometheus, di rilanciare la saga, modificandone la prospettiva e dandole un taglio più fantascientifico e meno horror. Se nei primi Alien, infatti, lo xenomorfo dominava la scena e a farla da padrone erano i suoi terrificanti inseguimenti a bordo dell’astronave Nostromo, in Prometheus ci sono molti più interrogativi “filosofici”. “Da dove deriva la razza umana”, “chi l’ha creata” e “perché”? Anche il genere stesso muta, passando da thriller ad action. La fotografia si dirama in spazi molto più estesi, abbandonando quelli angusti e claustrofobici dell’astronave Nostromo.
Passano 5 anni e Ridley Scott ci riprova, creando una sorta di seguito di Prometheus capace di ricongiungersi coi primi Alien. Almeno negli intenti. Dal punto di vista narrativo siamo alle solite e pecchiamo di una certa mancanza di originalità. La Covenant è un’astronave in viaggio verso il pianeta Origae-6. A bordo ci sono più di 2000 coloni in stato di criosonno ed un equipaggio composto da circa una quindicina di membri. Notiamo subito Katherine Waterston (protagonista di Animali Fantastici e dove trovarli) nei panni della sfortunatissima Daniels, la quale perde immediatamente il marito, il capitano in carica interpretato da James Franco, durante una tempesta di neutrini che causa ingenti guasti alla nave.
L’equipaggio è così costretto alle riparazioni esterne delle vele durante le quali uno dei membri del team capta uno strano segnale attraverso le apparecchiature del casco. Subito dopo, a bordo della nave, Mother, il computer di bordo, lo decodifica come proveniente da un vicino pianeta. L’androide di bordo, Walter, interpretato dal geniale Micheal Fassbender, suggerisce inoltre che il pianeta è idoneo alla terraformazione. Così il capitano Christopher, dopo essersi consultato col resto dell’equipe, decide di indagare il segnale. Inizia così Alien Covenant, un incipit molto convenzionale ed appartenente al genere. Nulla di estremamente originale, solo un espediente ai fini della trama.
Se in Prometheus Ridley Scott conduce un’indagine sulle origini della specie aliena, in questo film scopriamo effettivamente come essa sia nata, o meglio, da dove ha avuto origine. Alien Covenant è un salto indietro nel tempo, a circa una quindicina d’anni dal primo Alien, e l’obiettivo di Scott è ripercorrere le tappe evolutive dello xenomorfo, il vero protagonista della saga. Una missione non facile che per molti fan non è stata centrata.
Infatti una volta sbarcati sul pianeta (inutile sottolineare come gli effetti speciali siano ancora una volta sbalorditivi e la fotografia semplicemente favolosa) ci si imbatte in uno stadio della creatura ancora molto distante da quello originale. In molti hanno criticato tale scelta domandandosi per quale motivo il film non sia stato chiamato più semplicemente Prometheus 2, ma forse l’intento della produzione era quello di attirare il pubblico con un titolo riecheggiante l’intera saga.
Soltanto gli ultimi 20 minuti della pellicola ricordano i momenti più esaltanti dei primi episodi, con scene al cardiopalma ambientate all’interno dell’astronave ed un finale apertamente ispirato ad Aliens-Scontro finale.
I difetti non mancano. Oltre al già citato inganno del titolo della pellicola, assistiamo a una serie di colpi di scena sin troppo scontati, scelte dei personaggi alquanto discutibili ed una CGI sin troppo invasiva. Chi conosce ed ama a fondo le atmosfere della saga di Alien non può non apprezzare i concepts delle creature, sempre ben caratterizzate. Nei primi film della saga erano il frutto di un eccellente lavoro creativo. Basti pensare che H.R Giger e Carlo Rambaldi, gli ideatori del design dello xenomorfo, vinsero il premio oscar ai migliori effetti speciali. La creatura era interpretata da un uomo vero e il suo impatto era devastante. Negli ultimi anni, invece, la presenza a tutto campo della computer grafica ha migliorato l’effettistica a discapito del realismo.
“Covenant” ha il merito di proseguire l’indagine sulle origini di Alien, ma come anticipato dallo stesso Ridley Scott e come risulta evidente dal finale, non fornisce tutte le risposte, anzi prepara il terreno ad una nuova pellicola.
Salvatore Rizzo
https://www.youtube.com/watch?v=2557I406FZE