Lewis Carroll ha creato un mondo unico ed irripetibile per la letteratura. Dietro la maschera di questo nome si nascondeva però Charles Dodgson (1832-1898), prete anglicano, professore, narratore appassionato.
Quest’uomo singolare per la sua maniera stessa di porsi di fronte al mondo aveva una passione per il mondo dell’infanzia e l’innocenza, arma contro la ragione del mondo adulto, che in lui si faceva ispirazione totale per l’arte della scrittura.
Un esempio di ciò fu la sua amicizia con Alice Liddell, che gli diede l’idea per Alice nel paese delle meraviglie, l’Ulisse per bambini.
La Liddell, ritratta da Carroll in bellissime fotografie pure da adulta, fu l’amicizia più profonda dello scrittore, la più duratura, ricordo di un passato irripetibile.
Famosa per esempio era la tristezza di Dogson alla notizia del matrimonio della sua cara amica, che però non attecchì il profondo attaccamento tra i due, sospettato dai maligni d’essere sporcato di pedofilia.
Ciò che resta di questo amore è innanzitutto un capolavoro di intelligenza allucinata, un divertissement ironico in cui non senso e senso coincidono nel miglior modo possibile come se l’umorismo inglese camminasse a braccetto con la logica orientale dell’assenza di contraddizioni.
I personaggi si susseguono con la fluidità di un sogno, la sacralità di uno studio giocoso con gli archetipi dell’inconscio e la linearità di una galleria di quadri surrealisti.
Chiunque nel Paese delle Meraviglie diventa uno strumento di Alice che è vittima ma anche protagonista delle vicende.
Come scritto nelle Upanishad, testo sacro induista tra i più importanti e citato nella terza stagione di Twin Peaks, Alice è una sognatrice che sogna e che poi vive dentro il sogno.
Tutto almeno finché lei, bambina dalla psiche ancora da plasmare e che scopre il suo potere di crescere e fiorire all’infuori della gabbia della Ragione, non si sveglia anticipando il risveglio di Neo in Matrix.
Inoltre, lei potrebbe essere vista come una lontana parente del Dedalus joyceano, fata madrina dei surrealisti, soprattutto di Dalì o il regista Jan Svankmajer, artista superbo che con una piccola protagonista umana e pupazzi animati in stop motion ha dato all’eroina di Carroll la migliore trasposizione sul grande schermo. Il lascito di un grande scrittore e della sua musa fatata continua ad entusiasmare, a spronare la fantasia e la ricerca all’interno dell’anima.
Antonio Canzoniere