Sono passati cento anni da quel 24 ottobre del 1917. Giorno in cui si consumò la battaglia più ingloriosa della nostra storia, con l’Italia a un passo dalla resa.
Il giornalista Alfio Caruso ripercorre quei giorni drammatici nel suo libro intitolato Caporetto, edito da Longanesi. Giorni in cui i comandanti del regio esercito mandarono migliaia e migliaia di contadini, operai e artigiani a farsi massacrare dalle mitragliatrici austriache.
Autore di sette romanzi e di due saggi sportivi, Alfio Caruso ripercorre gli errori strategici, gli intrighi di potere e l’angosciante tentativo di salvare i cannoni e bloccare i commandos di Rommel, all’epoca giovanissimo. Ma il libro è soprattutto il racconto di come l’Italia sia stata salvata da un numero esorbitante di ragazzi, molti dei quali rimasti senza nome nell’oblio della Storia.
La Grande Guerra: la polemica tra Gadda e Monicelli
Alfio Caruso esamina uno degli episodi fondamentali della Prima Guerra Mondiale. Considerando l’aspetto militare, politico e umano, senza dimenticare gli aspetti più oscuri della vicenda. I dibattiti, le polemiche e il segno che quella battaglia lasciò nella società, nell’arte e nella letteratura.
Quanto sia difficile giudicare Caporetto lo racconta la dura polemica che nel 1959 vide contrapporsi il regista Monicelli e lo scrittore Gadda. Caruso riporta alla luce l’indignazione dell’autore de ‘La cognizione del dolore’, volontario nel 5° Reggimento Alpino a soli 22 anni. Dopo aver visto il film ‘La grande guerra’ di Monicelli con Sordi e Gassman, Gadda non esitò a definirlo “sale’ sulla ferita aperta della guerra”.
Il film ebbe uno straordinario successo al botteghino e si aggiudicò il Leone d’oro a Venezia. Eppure sul periodico ‘Settimo giorno’, sollecitato dal poeta Attilio Bertolucci, padre del regista Bernardo, Gadda pubblicò il suo articolo dolente intitolato ‘Dal Carso alla sala di proiezione’.
Tra i due artisti scoppiò la polemica. Monicelli definì lo scrittore “un vecchio trombone”. Secondo Lui Gadda stava dimenticando la scena finale del film. Quella in cui Sordi e Gasmman vengono fucilati rifiutandosi di fornire al nemico informazioni cruciali. Scena in cui – spiegò Monicelli – era racchiuso tutto il senso del film.
I ragazzi senza nome
Ma Alfio Caruso va oltre le polemiche e dedica la parte più importante del suo libro alla resistenza disperata e al sacrificio dei “ragazzi senza nome”. Di quella generazione che dopo la disfatta, nel momento più difficile della guerra, tornò indietro per arrestare e respingere l’avanzata nemica. Rendendo possibile il contrattacco risolutore avvenuto nell’estate del 1918. Quelli che fuggirono difronte alla disfatta, decisero di tornare indietro per imbracciare di nuovo il fucile e combattere. Il loro coraggio evitò la capitolazione.
Le 300 pagine sono ricchissime di dati, descrizioni, dettagli. A cui si aggiungono gli intrighi politici e massonici. Il ritratto dell’odiato generale Cadorna, poi sostituito da Diaz. Gli errori strategici di Badoglio e il suo salvataggio. A disposizione del lettore c’è un quadro esauriente della Battaglia di Caporetto, paesino nella valle dell’Isonzo che oggi appartiene alla Slovenia. E di ciò che ha rappresentato nella storia della Grande Guerra e dell’Italia post unitaria.
Michele Lamonaca