La morte di Alexis Grigoropoulos e la storia della rivolta greca dal 2008

Badseed, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons Badseed, CC BY-SA 4.0 , via Wikimedia Commons, Atene Alexis Grigoropoulos

Una sera fatale a Exarchia

Il 6 dicembre 2008, nel quartiere ateniese di Exarchia, il quindicenne Alexis Grigoropoulos perse la vita per un colpo di pistola sparato dall’agente di polizia Epaminondas Korkoneas. L’episodio si verificò in un contesto di tensioni crescenti tra i residenti e le forze dell’ordine. Alexis, in compagnia di amici, si trovava fuori da un bar quando ebbe luogo uno scontro verbale con due poliziotti dei corpi speciali.

Dopo aver ricevuto provocazioni da parte del gruppo di giovani, i due agenti lasciarono temporaneamente la scena, solo per tornare poco dopo. In quella circostanza, Korkoneas sparò tre colpi, uno dei quali colpì a morte il ragazzo.

La scintilla di una rivolta: il fuoco greco

La notizia della morte di Alexis Grigoropoulos si diffuse rapidamente, innescando proteste furiose in tutta la Grecia. Le città principali, come Atene, Salonicco e Patrasso, divennero teatro di manifestazioni, scontri e atti di vandalismo. Piazza Syntagma, nel cuore di Atene, fu simbolicamente incendiata quando il tradizionale albero di Natale fu dato alle fiamme: un’occupazione spontanea della piazza, proprio davanti ad uno dei più importanti palazzi del potere ellenico, come nel 2008 e nel futuro 2011.

Le manifestazioni superarono i confini nazionali, coinvolgendo anche città come Parigi, Berlino e Roma, dove le comunità greche espressero solidarietà e rabbia. Il fuoco della rabbia, acceso dal giovane popolo ateniese, contestava un quartiere di Atene costantemente militarizzato da agenti in borghese o peggio, in antisommossa. Exarchia è sempre stato un terreno di scontri, fisici e verbali, fulcro di lotte di quartiere e un contropotere sempre più evidente.

Manifestazioni e proteste non si fermarono ai palazzi del potere: le rivolte continuarono per più di tre settimane dopo la morte di Alexis Grigoropoulos, nelle scuole occupate, nelle università, nelle fabbriche, anche con la complicità e il sostegno dei sindacati. Dal piccolo quartiere periferico di Exarchia, la rabbia della popolazione riuscì a raggiungere l’intero Paese, portando avanti la rivolta delle classi più povere, più escluse e discriminate, quelle contro cui ogni violenza rimane impunita.

Nel fuoco della rivolta greca si riuscì a portare nelle piazze e nelle strade tutta la rabbia degli ultimi anni, da quando migliaia di abitanti greci hanno iniziato a soffrire di fame, freddo, mancanza di istituzioni o collegamenti per raggiungere il cuore di Atene. In piazza, insieme alla repressione delle forze dell’ordine, scesero tutte le disuguaglianza economiche a causa delle riforma sul welfare e i massicci licenziamenti.

Un clima di insoddisfazione sociale

Secondo molti compagni d’infanzia, politici ma sopratutto abitanti del quartiere, l’omicidio di Alexis Grigoropoulos non fu un semplice caso isolato ma l’apice di anni di tensioni sociali. Il quartiere di Exarchia, noto per essere un centro di attività anarchiche e movimenti giovanili, era da tempo al centro di una crescente conflittualità con le istituzioni.



La rabbia per la violenza di Stato si intrecciava con il malcontento per riforme economiche che avevano penalizzato i ceti meno abbienti. Come sottolineato dagli attivisti, il dicembre 2008 rappresentò una vera e propria ribellione degli esclusi contro un sistema percepito come opprimente.

I reparti speciali della polizia greca – chiamati MAT – avevano piene libertà e volontà e qualsiasi forma di repressione o violazione della legge, come quella della morte del giovane Alexis, sarebbe rimasta impunita.

Il processo e le sue controverse sentenze

Nel 2010, Korkoneas fu condannato all’ergastolo per omicidio con dolo diretto, mentre il suo collega, Vasilis Saraliotis, ricevette una pena di 13 anni, poi ridotta. Tuttavia, negli anni successivi, le sentenze cambiarono drasticamente. Korkoneas vide la sua pena ridotta a 13 anni e fu scarcerato nel 2019, un fatto che sollevò polemiche feroci. L’avvocato della famiglia Grigoropoulos, Zoì Konstantopoulou, criticò duramente la decisione, definendola un segnale di impunità per le forze dell’ordine.

Il simbolo di una generazione

La figura di Alexis Grigoropoulos divenne un simbolo di resistenza contro la violenza di Stato e le ingiustizie sociali. L’omicidio segnò un momento cruciale nella storia contemporanea greca, anticipando il periodo di crisi economica e austerità che avrebbe colpito il Paese negli anni successivi. Le rivolte del dicembre 2008 ispirarono movimenti giovanili e di opposizione in tutta Europa, evidenziando un malessere diffuso che trascendeva i confini nazionali.

Ogni 6 dicembre, chi vive nelle strade di Atene ricorda quel giovane che sedici anni fa fu processato e giustiziato dal braccio armato dello Stato senza alcun motivo. Cortei studenteschi animano ogni anno il quartiere di Exarchia, passando poi sotto al Parlamento greco e non dimenticando mai di puntare il dito contro la brutalità della polizia.

Ogni 6 dicembre ci sono momenti di tensione, se non scontri, come quelli che dominarono il corteo di due anni fa. Nel 2022 infatti, agenti, elicotteri e idranti della polizia circondarono l’area di Exarchia e tutti coloro che erano considerati pericolosi. Ci fu una grande guerriglia urbana, poiché ai compagni di scuola, di vita e di quartiere fu vietato dirigersi verso il monumento dedicato ad Alexis.

Un’eredità ancora viva, una coscienza ancora viva

Ancora oggi, il ricordo di Alexis è custodito a Exarchia, dove una targa commemorativa segna il luogo della sua morte. Manifestazioni e cortei si svolgeranno anche oggi per onorare la sua memoria e riaffermare i valori di giustizia sociale. A sedici anni dall’evento, la sua storia continua a essere un monito per le generazioni future, una testimonianza del potere della resistenza collettiva greca di fronte all’ingiustizia.

Vicende come quelle di Alexis non sono da prendere singolarmente, come un incidente casuale per un errore di un poliziotto violento. I recenti fatti del quartiere Corvetto di Milano, piuttosto che le violenze nelle banlieu parigine, rientrano in costanti dinamiche di una frammentazione urbana, causata da impoverimento, abbandono e marginalizzazione. Le periferie delle Capitali si trovano ad essere vittime di un processo di riqualificazione urbana, ma che dietro nascondono la faccia più brutale del capitalismo e della speculazione immobiliare.

Chi abita in questi quartieri si trova deprivato di qualsiasi cosa, spesso costretto a scendere a patti con gang locali o giri poco raccomandabili, poco conformi alla legalità. Si formano così quartieri come Exarchia, piccoli o grandi ghetti in cui rimangono tutti coloro che non hanno abbastanza possibilità economiche e in cui operano le prospettive classiste di un Welfare statale affiancato da attori privati.

In questo contesto, le uniche risposte per ogni bisogno cittadino sono operazioni massicce della Polizia, che, con l’obiettivo di dimostrare la loro presenza sul territorio, altro non fanno che aumentare le discriminazioni per il colore della pelle, per il modo di vestirsi o di parlare. Accanto a ciò, l’onda della violenza viene cavalcata dal caos mediatico di giornali e televisione che, con le loro narrazioni tossiche e manipolative, riescono a chiaramente a distinguere i buoni e i cattivi in queste storie e giustificare così ogni violenza dello Stato.

 

Lucrezia Agliani

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