Mai prima d’ora le elezioni in Sardegna avevano attirato così tanto l’attenzione nazionale. Le aspettative erano altissime: prima Presidente di Regione per il Movimento Cinque Stelle, prima Presidente donna per la Regione Sardegna, primo esperimento di campo largo per M5s e PD per contrastare la Destra. La scommessa è riuscita: Alessandra Todde è la prima Presidente della Sardegna.
Chi è Alessandra Todde
Volto quasi nuovo della Politica, due lauree, quattro lingue parlate (una è quella sarda, ci tiene a precisare), una carriera cosmopolita tra Europa e Stati Uniti, imprenditrice in campo tecnologico, nominata imprenditrice dell’anno nel 2014 e tra le cinquanta donne più influenti nel mondo della tecnologia nel 2018. Alessandra Todde è preparata e ha un progetto chiaro per la Sardegna, terra che ama e a cui non ha mai smesso di sentirsi legata.
Il suo programma “La Sardegna che Vogliamo” ha messo d’accordo Conte e Schlein mettendo al centro la sanità, l’ambiente e i trasporti, nodi centrali per l’amministrazione di una regione insulare come la Sardegna. Promette di guidare una transizione energetica libera dalle speculazioni che minacciano l’isola e il coinvolgimento dei giovani dall’istruzione alla cittadinanza attiva.
Durante la sua prima conferenza stampa, questa mattina, alla domanda sui pestaggi della polizia a Pisa ha risposto:
«quello che è capitato ci deve ricordare che i diritti non sono scontati, che nulla deve essere dato per assodato. Io sono felice che i sardi si siano ricordati della loro storia e abbiano risposto ai manganelli con le matite».
A pochi giorni dal voto si era dichiarata orgogliosamente antifascista come il nonno, rispondendo alla provocazione dell’avversario Paolo Truzzu (FdI) che aveva definito Michela Murgia totalitaria (lui, invece, mostra fiero la scritta TRUX sul bicipite).
Forse il tema dell’antifascismo ha dato la spinta finale alla vittoria di Alessandra Todde, si direbbe guardando le reazioni dal “continente”. Si festeggia come se questo 25 appena passato fosse una seconda liberazione, l’inizio di una resistenza all’onda nera che avanza in Italia e, in parte, in Europa. Antifascismo di cui si è sentito estremo bisogno dopo i fatti di Pisa, che potrebbero aver convinto qualche indeciso a recarsi alle urne.
Antifascismo che è stato deriso da Giorgia Meloni in visita a Cagliari, insieme a Salvini e Tajani, alla vigilia delle elezioni. Una visita che non è stata apprezzata dai cagliaritani, abituati ad essere ignorati dal governo nazionale. Un governo nazionale che ha imposto il suo candidato, nonostante il malcontento dei cittadini per l’amministrazione della città: da un sondaggio Truzzu risultò essere tra gli ultimi sindaci d’Italia in ordine di gradimento.
È l’arroganza del potere a non aver convinto i sardi, l’arroganza dei manifesti elettorali con la faccia di Giorgia Meloni al posto di quella del candidato, l’arroganza dell’imposizione. Arroganza confermata dalla prima conferenza stampa da perdente di Truzzu:
«la lettura del voto è semplice: non sono state elezioni influenzate da fattori nazionali e il dato che lo prova è il risultato di Cagliari che, più che votare Todde, ha votato contro di me».
Non è difficile smentire l’ex Sindaco Truzzu, basta aprire qualunque giornale o fare un giro sui social network: i commenti su queste elezioni sono un caso unico, mai la Sardegna aveva ricevuto tutta questa attenzione, nemmeno davanti ai problemi giudiziari del Presidente uscente Solinas. I commentatori si affannano a smentire o a confermare l’unione della coalizione di Destra sin dai primi minuti dello spoglio elettorale che ha visto Alessandra Todde in testa prima del pareggio e del definitivo sprint finale verso la vittoria.
Degna di nota è la lentezza del processo di scrutinio che ha richiesto sedici ore e non è nemmeno stato completato. Un processo imbarazzante che mostra l’arretratezza dei sistemi informatici della Regione e dell’amministrazione su cui Todde, con la sua esperienza nel campo, dovrà presto mettere le mani.
Uniti si vince
La scommessa del PD e del M5s è stata vinta, il campo largo ha mostrato che, quando non è troppo largo e vira un po’ più verso sinistra, ha degli elettori pronti ad accoglierlo. Ieri notte a Cagliari Schlein e Conte, volati subito a festeggiare la loro candidata, cantavano Bella Ciao e giocavano a calcio in un clima di festa e di unione che mancava da tempo nella politica isolana.
È una vittoria più che altro simbolica, buona per il morale di chi aveva perso le speranze dopo un anno e mezzo di governo troppo a destra. Non va dimenticato che a votare è stato solo poco più del 50% degli aventi diritto e che Todde ha distaccato Truzzu per soli tremila voti, non il plebiscito che avrebbe giustificato tutti questi sospiri di sollievo, ma un buon inizio per fare le prove di un’alleanza che potrebbe salvare il paese alle prossime politiche