“È una scena orribile, mi fanno chiudere”.
Questa la reazione di Piero Chiambretti nel momento in cui la sua ospite Alessandra Cantini ha alzato la sua minigonna, per mostrare un lato B, privo d’indumento intimo.
Inutile dire che le immagini del parossistico siparietto sono diventate da subito virali su i vari social media, prima ancora che il sentimento d’indignazione e sconcerto di presentatore e astanti potesse entrare nel vissuto delle case e delle piattaforme digitali italiane.
Ma prima di tutto questo, molti di quelli che hanno assistito al Programma La Repubblica delle Donne, in onda mercoledì sera su Rete 4, si saranno posti una domanda: ma chi è Alessandra Cantini?
-L’ennesima aspirante showgirl che sfrutta la solita provocazione sessuale, per avere qualche click in più su Instagram?
-La solita esibizionista da avanspettacolo di seconda categoria?
-Un’aspirante pornostar?
Niente di tutto ciò e probabilmente ad alcuni nemmeno interesserà, ma Alessandra Cantini è l’ennesimo brand personificato, capace di attrarre larghi consensi sui social network, che vengono poi convertiti in porzioni alternate di fama e polemiche, da parte di chi la ama e chi la odia.
Nata a Livorno si è laureata in Scienze Politiche, passando dal cinema alla politica, fino alla scrittura, con una velocità tale che Marinetti le avrebbe dedicato un poema rumorista. La ragazza infatti compare nel film La prima cosa bella di Paolo Virzì, dopodiché riappare tra le fila di Forza Italia, durante le scorse elezioni comunali. Chiusa la parentesi politica, Alessandra Cantini comincia a capire come sfruttare fascino e provocazione per diventare una voce fuori dal coro del Politically Correct; diventa così blogger e scrittrice in controtendenza con la visione moderna dell’universo femminile.
Il suo ultimo libro dal titolo Sacro Maschio, mette in luce definitivamente la sua teoria personale su un “neo-maschilismo” contrapposto al “neo-femminismo”.
Proprio la presentazione del libro della Cantini è stato il motivo della bagarre scoppiata al programma di Chiambretti. Una languida e serafica bionda a gambe sapientemente accavallate che mettono in mostra l’autoreggente e un sorriso beffardo nel commentare alcuni dei concetti chiave tipo: il diritto di voto alle donne che condanna a morte centinaia di alberi e il sacro potere della vagina. Tutto questo accade davanti allo sconcerto di Alda D’Eusanio, Cristiano Malgioglio e Francesca Barra .
Ma quando l’aria si surriscalda, entra in scena la rivelazione di Alessandra Cantini: “non porto mai le mutandine”; carne sul fuoco dei commensali del buon senso che traggono le loro opinioni. Tra queste anche Iva Zanicchi che con il suo tipico istrionismo romagnolo non perde tempo a sfidare la ragazza.
“Qui tutti dicono che sei senza mutande: se sei davvero una donna coraggiosa tirati…”.
L’invito della Zanicchi non si fa ripetere e, per incrementare un po’ di share e followers la bella Alessandra da vita al suo show che la consacra “la scrittrice senza mutandine”.
Il siparietto hot di Alessandra Cantini conferma comunque un atteggiamento mainstream, nel quale ogni argomento può essere in discussione, se ci s’infila un po’ di ses*o; è il motore del mondo ma anche dell’informazione e non è che si tratti di modi per dare scandalo, poiché questa è la regola e non più l’eccezione.
Alessandra Cantini ha capito perfettamente come utilizzare la sua provocazione per creare un dibattito sul consenso e sull’esposizione mediatica del giusto.
Nel momento in cui si diffonde il #metoo come strumento per condannare un sistema fatto di potere e soprusi, è inevitabile che i risvolti tra sesso, politica rivelino anche un segno di vivacità dell’opinione pubblica, che ha i mezzi e le possibilità per non lasciarsi canalizzare dai dogmi del pensiero unico dominante.
“Essere individualista, dice la Cantini, comporta un -ista minore nella sua portata rispetto all’essere un’altra forma di -ista o un collettivista: l’individualista deve usare questa desinenza per aggettivarsi, ma è per definizione sé stesso”.
Il problema è che di tutto questo dibattito sui media resterà solo quell’istante brassiano della gonna che si solleva, lasciando cadere tutto un percorso di analisi che le di distinte fazioni femminista e maschilista continuano a ignorare.
Fino a quando si tenterà di imporre un modo unico di concepire il rispetto e l’uguaglianza, secondo criteri dettati da gruppi o singoli, qualcuno resterà sempre fuori.
Di conseguenza un fenomeno social come Alessandra Cantini, avrà un seguito sempre crescente, al pari dell’odio sociale di altri gruppi sociali.
Non è possibile credere che la staffetta del femminismo storico sia stata presa da donne o uomini che non sono stati mai in grado di tenere a bada il proprio esibizionismo, né di chi si professa scrittrice, ma sui social sembra più attratta da ville e spiagge, piuttosto che libri.
In fondo la sinistra culturale ci ha insegnato a prenderci cura anche di questi; perché attraverso di essi, possiamo espiare le nostre personali colpe o i complessi d’inferiorità nel non essere riusciti a lasciare un messaggio; perché possiamo giudicarli sentendoci a posto con la coscienza di “essere nel giusto” a priori; perché il bisogno di ergerci a quotidiani paladini della morale passa anche dalla necessità di avere qualcuno da “evangelizzare”.
Fausto Bisantis