La notizia arriva dall’università della California a San Francisco, infatti il primo autore della ricerca pubblicata su JAMA Cardiology è il professor Gregory Marcus della divisione di cardiologia della suddetta università.
La notizia è che esiste un’associazione tra alcool e fibrillazione atriale mentre sembrerebbe che non ve ne sia alcuna (o perlomeno non appare con evidenza probante nello studio) con altri possibili fattori scatenanti che nel sentire comune sono molto più indiziati, in primis la caffeina, ma anche la perdita del sonno e dormire sul lato sinistro.
Si è trattato di uno studio basato sulla collaborazione di volontari e individualizzato, cioè non era basato in un laboratorio, ai partecipanti sono stati forniti un apparecchio per elettrocardiogramma portatile che monitorava la loro attività cardiaca e una app sullo smartphone in cui annotare qualsiasi cosa che loro ritenevano potesse essere un “trigger” (fattore scatenante) , il trigger più selezionato dalle persone è stato proprio il consumo di caffeina, ma con una certa sorpresa i ricercatori hanno visto che non c’era corrispondenza con episodi di fibrillazione atriale rilevati dallo strumento.
Volendo fare una battuta mi viene da scrivere che non so se l’Università di San Francisco sia finanziata dai produttori di caffè, ma questo risultato concorda con i risultati di un altro recente studio dalla stessa università che si era focalizzato sul cercare un’associazione tra consumo di caffeina e fibrillazione atriale ma non era riuscita a trovarla, anzi parrebbe avere un ruolo protettivo.
In realtà nessuno dei trigger segnati come tali dai pazienti è stato positivamente associato con la fibrillazione atriale col metodo del testing individuale, l’associazione tra alcool e fibrillazione atriale è emersa invece dalla differenza nell’occorrenza di episodi tra il gruppo di intervento e il gruppo di controllo, il comportamento che è risultato consistentemente legato a meno episodi cardiaci è stato ridurre o eliminare il consumo di alcool.
Roberto Todini