Quella tra Albano e i cavalli è una storia d’amore che dura da quarant’anni.
Albano – <<Ne avevo ventisette, la prima volta che sono salito in sella>>, dice. <<Ricordo ancora l’emozione e la bellissima sensazione di essere accettato dall’animale. Da quel momento i cavalli mi sono entrati nel cuore.>>
In procinto di iniziare un tour nel sud Italia e preparandosi ad una serie di concerti insieme all’ex moglie Romina Power in Canada, Albano racconta della sua passione per i cavalli, un aspetto curioso e inedito della sua personalità e che ispira anche la sua sensibilità musicale.
<<E’ la verità. I cavalli mi suggeriscono musica>>, spiega il cantante. <<L’armonia con cui sanno fondersi nella natura, vivendo con grazia l’alternarsi delle stagioni, mi aiuta a trovare ispirazione. E il loro galoppo, cadenzato e ritmico, è uno scrigno magico da cui trarre note e poesia.>>
Nella sua tenuta di Cellino San Marco, Albano possiede diversi cavalli che vivono allo stato brado in un immenso bosco. <<Quando ho un momento libero vado sempre a trovarli>>, continua, <<e porto con me anche i miei figli. I cavalli infatti sanno essere grandi educatori. Insegnano valori preziosi come il rispetto, la fedeltà e il saper dare. Quando vivi con un cavallo infatti, è come se fossi suo padre. Lo nutri, lo pulisci, ti occupi di lui, lo segui con attenzione quando non sta bene. Insomma ti dedichi, ti doni. E’ una lezione molto importante.>>
<<Ricordo come se fosse ieri il mio primo cavallo. Era una femmina di Palomino del Texas che avevo ricevuto in regalo da alcuni amici di Piacenza. L’avevo chiamata Nina. Era la prima volta che avevo un cavallo tutto mio che non fosse per il lavoro nei campi. Quando salii in groppa a Nina fu come se da sempre avessi cavalcato. Non avevo messo la sella, né le briglie e perciò Nina avrebbe potuto disarcionarmi facilmente se soltanto avesse voluto. Invece mi accettò su di sé. E fu l’inizio di un rapporto bellissimo. Tra me e lei c’era l’amore. Eravamo una cosa sola e nello stesso tempo eravamo tutt’uno con la natura che ci circondava. Al galoppo, eravamo due frecce che tagliavano il vento, scagliate dalla nostra volontà verso il mare, le dune della spiaggia, il bosco, i campi. Quello è stato un periodo fantastico. Lo ricordo con grande emozione. Attraversare a cavallo un campo di grano, un uliveto o un vigneto è una delle esperienze più appaganti che la vita possa regalare.>>
<<Nina mi dava la percezione delle stagioni>>, dice ancora Albano. <<Fin da ragazzino avevo imparato a conoscere i profumi dei mesi ma poi, emigrato a Milano, avevo dimenticato questa magica esperienza. Nina me l’aveva fatta riscoprire. Attraverso di lei, respiravo nuovamente le stagioni. Quando scorrazzavo per i campi sulla sua groppa, chiudevo gli occhi, annusavo l’aria e potevo capire se era maggio o giugno, ottobre o febbraio. Sentivo e gustavo quel profumo caratteristico che l’aria prende ad ogni mese. Tutti i profumi del passare del tempo li avevo sul mio viso, come una carezza. Sento ancora adesso quella sottile e inebriante sensazione.>>
<<Quanta musica è nata in groppa a Nina! Quando il cavallo parte al galoppo, si percepiscono le zampe che battono il terreno e ti ritrovi a seguire quel ritmo stando in groppa. Un cavallo al galoppo è un metronomo. Misura la musica del tuo vivere. Una canzone che ho scritto negli anni della mia amicizia con Nina, si intitola “Il pianto degli ulivi” e se la si ascolta con attenzione, la melodia ha realmente il ritmo di una galoppata.>>
<<Purtroppo, la mia storia d’amore con quella meravigliosa cavalla è finita in modo amaro>>, ricorda Albano. <<Una notte, me la rubarono e di lei non ho saputo più nulla. Da allora non ho più dato il mio cuore ad un cavallo. Ne ho avuti altri ma non è più stata la stessa cosa.>>
<<I cavalli mi fanno sempre venire in mente l’infanzia. Ricordo che quando ero un bambino, ogni casa del paese aveva una stalle e dentro vi stavano le gallina, una mucca, un cavallo oppure un mulo. Questi ultimi erano i compagni del lavoro nei campi. Ricordo anche molto bene il loro odore, un sentore forte e acre, che faceva lacrimare gli occhi. A quel tempo, chi aveva poco possedeva un mulo perché mangiava meno ed era perciò più economico. Solo chi invece aveva qualche migliaio di lire in più, poteva fare sfoggio di un cavallo. Ed erano soprattutto i giovani ad esibirlo come il più bel trofeo che si potesse immaginare. I cavalli erano un po’ come le moto per i ragazzi di oggi. Erano le Harley Davidson di quel tempo, un segno di distinzione. I giovani li abbellivano con finimenti diversi gli uni dagli altri, si divertivano a creare con le borchie e il cuoio. Mettevano penne di uccello nella criniera, poi la intrecciavano e usavano anche nastri colorati. >>
<<Ho visitato praticamente tutto il mondo e nei miei viaggi, se ne avevo la possibilità, ho sempre cercato un cavallo>>, dice ancora Albano. <<Ricordo ad esempio una spiaggia in Cile. Mi trovavo a Santiago de Chile per una importante trasmissione televisiva. Avevo un pomeriggio libero e andai alla Isla Negra, a sud di Valparaiso, dove abitò Pablo Neruda. Su quella spiaggia “affittavano” alcuni cavalli. Trascorsi ore indimenticabili in quel “rifugio della poesia” in sella, correndo in riva all’Oceano Pacifico. E poi mi tornano in mente galoppate fatte in Spagna, in America, in Argentina, oppure in Messico, su un’isola di fronte a Puerto Vallarta. Ricordi meravigliosi, che profumano di libertà e di quell’energia vitale che si percepisce soltanto a contatto con il Creato.>>
Di Roberto Allegri