È quanto è emerso dalla recente conversazione telefonica tra il premier Giuseppe Conte e il presidente della Repubblica Araba d’Egitto, Abdel Fattah Al-Sisi. Come si legge nel comunicato di Palazzo Chigi, il colloquio ha toccato tematiche relative alle relazioni bilaterali tra i due Paesi, con particolare attenzione alla cooperazione militare, economica, politica e giuridica.
Il caso Regeni
A questo proposito, “sono stati esaminati gli ultimi sviluppi della cooperazione congiunta tra le due parti in merito alle indagini in corso sul caso dello studente italiano Giulio Regeni”. Conte ha chiesto collaborazione, informando il Presidente egiziano della chiusura delle indagini da parte della procura di Roma. Entro dicembre verrà notificato l’avviso di garanzia agli agenti della National Security accusati di aver rapito, torturato e ucciso Giulio Regeni il 25 gennaio di 4 anni fa.
Il portavoce di Al-Sisi, Bassam Rady, che ha pubblicato una lunga nota sulla sua pagina Facebook, non ha voluto entrare nel dettaglio riguardo questo punto dell’incontro telefonico. Si è limitato a commentare che la collaborazione tra le due magistrature sarà “senza precedenti”.
Pare quindi che i depistaggi della polizia egiziana siano acqua passata. Infatti Conte e Al-Sisi si sono scambiati tante belle pacche sulle spalle per l’ottimo lavoro congiunto. È lo stesso Al-Sisi a definire “ottimi” i rapporti tra Italia e Egitto. Il Capo del governo egiziano ha anche “elogiato le distinte relazioni tra i due paesi in vari campi politici, militari ed economici, nonché la cooperazione per affrontare molte sfide nella regione del Mediterraneo orientale, in particolare la lotta all’ideologia estremista e al terrorismo”.
La situazione dei diritti umani non è un tema di conversazione
Fa sorridere, amaramente, che proprio il presidente egiziano parli di terrorismo ed estremismo. Proprio lui che, da quando è salito al potere con un colpo di stato, ha fatto della repressione la pietra angolare del governo. Il suo regime autocratico colpisce sistematicamente le voci indipendenti del Paese che lottano per i diritti umani e sfidano la dittatura del generale.
Ma di questo non si è parlato nel colloquio tra Roma e Il Cairo, il discorso non è mai caduto sugli oltre 60.000 prigionieri di coscienza ingiustamente rinchiusi nelle carceri del Paese. Il nostro Primo Ministro ha preferito non incrinare gli “ottimi rapporti” diplomatici e per questo non ha fatto riferimento alla scure della repressione che si sta abbattendo duramente sull’Iniziativa Egiziana per i Diritti della Persona (EIPR).
Il governo di Al-Sisi contro EIPR
Le ultime vittime della violenza che tappa la bocca e lega le mani agli attivisti egiziani sono tre leader dell’EIPR: Gasser Abdel Razek, Karim Ennarah, e Mohamed Basheer. Le detenzioni si sono concentrate nel giro di cinque giorni dopo che l’ONG aveva ospitato una serie di missioni diplomatiche per discutere della situazione dei diritti umani in Egitto e nel mondo.
Con l’organizzazione collaborava anche Patrick Zaki, studente dell’Alma Mater di Bologna, in carcere dal 7 febbraio. La conversazione tra Conte e Al-Sisi si è tenuta proprio alla vigilia della sesta udienza che doveva deliberare circa la scarcerazione di Zaki. Il 21 novembre la custodia cautelare del ricercatore egiziano è stata rinnovata per altri 45 giorni, come riferisce il suo avvocato Hoda Nasrallah. Secondo Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, “non ci sono parole per definire l’assenza di un’azione da parte del governo italiano”.
Nei giorni precedenti all’udienza, l’organizzazione per i diritti umani aveva già espresso la sua sfiducia nel sistema giudiziario egiziano, proprio considerando gli ultimi sviluppi della maxi-inchiesta 855/20 in cui sono iscritti i casi dei leader dell’EIPR. Le investigazioni della Procura Superiore per la Sicurezza dello Stato (SSSP) raccolgono false accuse di terrorismo contro difensori dei diritti umani, e rischiano “di inghiottire ogni forma di opposizione pacifica in Egitto”.
L’Italia sembra incapace di fare una scelta coraggiosa contro Al-Sisi
Amnesty International si era più volte rivolta ai nostri politici, invitandoli a far sentire il peso del governo italiano con scelte coraggiose. Il suggerimento era quello di sopprimere la cooperazione in alcuni settori, per esempio la fornitura di armi. Ma Conte sembra sordo da quest’orecchio. Anzi è interessato a “continuare a rafforzare le relazioni bilaterali tra i due Paesi, in particolare il commercio, gli investimenti e le forze armate”. D’altronde sospendere l’esportazione di armi dall’Italia verso l’Egitto significherebbe rinunciare a un’importante fonte di ingressi. La fornitura di armi anzi continua ad aumentare, con vendite che, secondo i dati della Presidenza del Consiglio, nel 2018 sono state pari a 69 milioni.
Sembra quasi che l’Italia abbia una certa riluttanza nel prendere una posizione forte nei confronti dell’Egitto, un paese che, nel 2017, l’allora ministro degli Esteri Alfano aveva definito “partner ineludibile”.
Forse è solo un’impressione sbagliata, ma pare che, in un momento in cui crea perplessità il mantenere rapporti diplomatici con un paese in cui non si rispettano i diritti umani, il Governo guardi solo agli interessi capitalistici, mettendo le relazioni commerciali al di sopra dell’etica e della morale. “A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina”.
La realtà è che, in Egitto, l’accanimento del regime soffoca ogni forma di dissenso. Ma i rapporti con l’Italia sono “ottimi”.
Camilla Aldini