Michele Marsonet
Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane
I militari golpisti del Myanmar, supportati da Pechino, hanno bloccato siti web e reti virtuali (Vpn), aumentando la repressione e facilitando l’arresto di dissidenti. La Cina offre tecnologie avanzate di sorveglianza, instaurando una dittatura digitale. La ex Birmania rischia di diventare un satellite cinese, nonostante il rifornimento di armi da parte di Cina e Russia. Le proteste democratiche restano inefficaci, mentre la popolazione subisce continue repressioni.
Il Myanmar, dopo il golpe militare del 2021, è sempre più isolato. Questo grazie al completo appoggio della Repubblica Popolare Cinese, che sta fornendo all’esercito locale, il “Tatmadaw”, gli strumenti per impedire quasi totalmente l’accesso a Internet dei cittadini della ex Birmania.
I principali siti web quali Facebook e Instagram furono bloccati subito dopo il colpo di stato militare. Ora il controllo è diventato ancora più stringente poiché il governo ha bloccato anche le reti virtuali (Vpn), che consentivano di aggirare l’ostacolo e di accedere ai suddetti siti bloccati dalla censura militare.
Questo consente di aumentare la repressione in atto, identificando con maggiore facilità coloro che cercano di sfuggire alla censura. Tutte le fasce della popolazione sono coinvolte, ed è in aumento il numero degli arresti.
La Repubblica Popolare sta inoltre fornendo alla giunta militare gli strumenti necessari a completare una muraglia informatica analoga alla “Great Firewall”, realizzata da Pechino per “sigillare” lo spazio informatico cinese.
Ai militari golpisti vengono inoltre forniti sistemi avanzati di sorveglianza elettronica, che consentono il riconoscimento facciale di dimostranti e oppositori, metodo che Pechino utilizza in modo massiccio al fine di ottenere il pieno controllo politico e sociale dell’immenso territorio cinese.
Nel Myanmar si sta insomma instaurando una dittatura digitale destinata a rendere il Paese ancora più chiuso alle influenze esterne di quanto sia ora. Le proteste degli attivisti democratici non hanno avuto alcun effetto, come del resto era prevedibile.
La ex Birmania corre seriamente il rischio di diventare un Paese satellite della Repubblica Popolare, che in loco ha grandi interessi economici e strategici. Naturalmente prosegue anche il rifornimento di armi di ogni tipo alla giunta golpista, attività in cui è impegnata anche la Federazione Russa.
Si dubita, tuttavia, che l’aiuto cinese possa consentire all’esercito birmano di riprendere totalmente il controllo del territorio. L’esercito golpista, infatti, non ha più il controllo delle frontiere con i Paesi confinanti: Thailandia, India, Bangladesh e Cina. Questo pone seri interrogativi circa la capacità dei militari di mantenere il potere acquisito con le armi e mai approvato dalla stragrande maggioranza della popolazione. Che, del resto, è vittima costante di stragi e di repressione politica.