Secondo gli ultimi sondaggi, ai giovani l’esercito non piace e tale inversione di tendenza mostra l’indole pacifica delle nuove generazioni. Di contro, gli sforzi dei governi per arginare il fenomeno evidenziano ancora una volta le discrepanze tra il volere delle istituzioni politiche e quello dei cittadini.
Diminuisce la fiducia dei cittadini nei confronti delle forze armate
Un recente sondaggio di Gallup ha portato alla luce che la fiducia dei cittadini americani nei confronti delle forze armate è scesa al 60%, segnando il livello più basso degli ultimi due decenni. Anche il Regno Unito sta registrando delle difficoltà nell’attrarre un numero sufficiente di giovani nelle forze armate e soddisfare la richiesta militare: l’esercito britannico è al suo livello più basso dal 1714 e la crisi è talmente acuta che gli alti funzionari militari stanno chiedendo la reintroduzione della coscrizione.
Il clima d’allarme si respira generalmente un po’ in tutta l’Unione Europea: la Danimarca si è attivata per estendere la leva obbligatoria anche alle donne, mentre nella maggior parte degli Stati europei, dove ormai arruolarsi non è più obbligatorio da anni sia per gli uomini che per le donne, il dibattito per evitare lo svuotamento dei ranghi è motivo di preoccupazione per le istituzioni politiche. Ovviamente, nel breve periodo lo stato di agitazione dei governi può essere comprensibile (attualmente sono più di cento i conflitti in corso nel mondo), ma nell’ottica di una cultura volta alla pace, non è forse ora di ascoltare anche quello che hanno da dire le nuove generazioni?
Morire per gli interessi degli altri
Dovremmo prendere coscienza che ogni giorno assistiamo a spargimenti di sangue mentre migliaia di innocenti muoiono, bambini, donne e civili, senza un’apparente motivazione. Gli effetti di guerre e conflitti armati non sono mai stati un valore aggiunto nella quotidianità delle persone, ma hanno sempre causato distruzione, carestie e dolore, nulla più.
Nel passato, la lezione l’hanno imparata talmente bene che l’art. 11 della Carta Costituzionale italiana recita:
L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
Sottolineare nei principi fondamentali della Costituzione il ripudio alla guerra vuol dire che non c’è assolutamente nulla di positivo nel militarizzare i cittadini e scegliere le armi come strumento di garanzia per la pace internazionale. A meno che non si abbiano degli interessi economici nel perpetuare questa scelta.
Per capire meglio, può essere utile tradurre in denaro il mercato delle armi: nel 2023, la spesa militare globale ha toccato i 2.500 miliardi di dollari e a quanto pare è una cifra destinata a salire, visto che Ursula von der Leyen, la Presidente della Commissione europea, ha predisposto ai 27 Stati membri dell’Unione di aumentare la spesa militare nei prossimi cinque anni. Questa è una buona notizia per Leonardo e Fincantieri, aziende nostrane leader nell’esportazione delle armi: l’83% del fatturato di Leonardo è costituito dalla spesa militare, mentre le navi da guerra prodotte di Fincantieri (che passa molto coerentemente dalle crociere ai cannoni) ormai rappresentano il 36% dei ricavi.
Meglio non pensare a quante scuole e quanti ospedali potrebbero essere costruiti con 2.500 miliardi di dollari, dato che i governi credono sia più sicuro investire questi soldi per distruggerli.
Aumentare la spesa militare non garantisce l’incolumità dei cittadini, la compromette
Dall’inizio del 2024, negli Stati Uniti sono morte circa 5.000 persone per colpi di arma da fuoco e sono state 49 le sparatorie di massa. Questo è un dato così grave da mettere seriamente in discussione il Secondo Emendamento della Costituzione USA, che protegge il diritto dei cittadini a difendersi con le armi. In Italia, fortunatamente non abbiamo questo diritto (sebbene una parte della politica vorrebbe introdurlo) e probabilmente è la motivazione per cui questo dato non grava sulla nostra collettività.
In particolare gli obiettivi delle nuove generazioni, nell’ottica di un reale miglioramento collettivo, non sono decisamente in linea con gli obiettivi obsoleti dello status-quo. Infatti, Millennials e Generazione Z promuovono una cultura orientata alla pace, all’inclusione, alla sostenibilità e soprattutto al contrasto dei cambiamenti climatici, fini agli antipodi con l’aumento della spesa militare, che senza dubbio presuppone il deturpamento dell’ambiente e la sofferenza di un pianeta già estremamente soggetto a sconvolgimenti causati dall’uomo.
Sicuramente, il pensiero dei più giovani è coerente con i valori dell’Unione Europea, pacifica, sostenibile e democratica (almeno per quel che riguarda i Trattati emanati), eppure alle persone che rappresentano istituzionalmente l’Unione e gli Stati membri ancora non è chiaro che continuare a seguire i modelli del passato porterà ad un risultato già raggiunto (e che sembra non aver insegnato nulla): morte, carestie e distruzione. Le nuove generazioni lo sanno bene.
Aurora Colantonio