L’AI (Artificial Intelligence) sta velocemente entrando a far parte della nostra vita quotidiana. Le opportunità in tema di diritti umani sono molte, ma ci sono anche grandi pericoli
Abbiamo visto come l’intelligenza artificiale sia in grado di scrivere lunghi testi in pochi secondi, ma spesso inserendo informazioni scorrette.
L’AI può essere uno strumento utile nei tribunali, persino nel Tribunale Internazionale dell’Aia, ma può rivelarsi spaventoso o persino traumatico.
Inoltre, l’AI può diventare un’efficace strumento di difesa e sicurezza alle frontiere. Ma anche un mezzo di sorveglianza illegale e abuso dei diritti umani.
Gli scenari del futuro sono vari e incerti, e tutto dipende da decisioni che stanno venendo prese proprio in questi giorni.
AI Act in UE, Amnesty avverte: “rischio di stravolgimento dei diritti umani”
Il 21 aprile del 2021, la Costituzione Europea ha proposto l’AI Act, una legislazione per disciplinare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
Nel dicembre dell’anno successivo, il Consiglio Europeo ha adottato una posizione in merito, dichiarando come obiettivo quello di garantire che i sistemi di AI utilizzati in UE siano sicuri e rispettosi dei diritti e dei valori dell’Unione.
Lo scorso 11 maggio, le commissioni di Giustizia e Mercato Interno hanno votato “per il divieto totale di utilizzo di tecnologie a Intelligenza Artificiale per il riconoscimento facciale nei luoghi pubblici in Ue“.
Decisione che è stata riconosciuta come un segnale forte da parte delle organizzazioni per i diritti umani, tra cui Amnesty International.
Oggi, il Parlamento europeo ha inviato il segnale forte che i diritti umani devono essere in prima linea in questa legislazione storica, votando per vietare diverse pratiche incompatibili con i diritti umani.
In particolare, l’AI Act non vieta del tutto la sorveglianza di massa retrospettiva. Nonostante ciò, ne limita l’uso solo alle forze dell’ordine e all’interno di rigorosi confini legali.
Inoltre, sono vietati anche diversi usi dannosi dei sistemi di intelligenza artificiale. Tra cui:
- Tecnologie che pretendono di “prevedere” i crimini
- Sistemi di punteggio sociale che impediscono alle persone di accedere a servizi pubblici e privati essenziali
- Tecnologie di riconoscimento delle emozioni utilizzate dalle forze dell’ordine e dai funzionari di frontiera per “identificare” individui sospetti
Il disegno di legge, tuttavia, presenta delle incertezze che potrebbero essere rischiose.
Potrebbe, ad esempio, limitare le esportazioni di sistemi di AI che sono considerati un rischio inaccettabile per i diritti umani. Ma, allo stesso tempo, consentirebbe ai fornitori di aggirare la legge se le loro tecnologie sono sviluppate esclusivamente per l’esportazione, rendendo potenzialmente l’UE complice di violazioni dei diritti umani al di fuori dei suoi confini.
In più, l’AI Act non vieta i sistemi di profilazione discriminatoria che segnalano le persone in movimento come “rischio” e i sistemi di previsione utilizzati per interdire, limitare e prevenire la migrazione.
Nei prossimi mesi, Parlamento e Commissione UE dovranno concordare un testo comune di legge.
Nel frattempo, Amnesty International, come parte di una coalizione di organizzazioni della società civile guidata dall’European Digital Rights Network (EDRi), ha chiesto una regolamentazione che promuova e protegga i diritti umani.
Il Parlamento europeo ha il dovere di difendere i diritti umani.
Qualsiasi cosa che non sia un divieto assoluto delle tecnologie utilizzate per la sorveglianza di massa, la polizia razzista e la profilazione sarebbe un fallimento di tale dovere.
Questa legislazione deve proteggere e promuovere i diritti umani di tutte le persone, non solo in Europa
Rishi Sunak: UK sarà una guida per l’intelligenza artificiale
Mentre il mondo si interroga su un sistema di regolamentazione dell’IA, il premier del Regno Unito, Rishi Sunak, punta a far diventare il Paese uno dei punti di riferimento per l’intelligenza artificiale. Secondo il PM, il Regno Unito può diventare l’hub per regolamentare il settore su scala globale, fornire un ponte tra Stati Uniti e Cina, e persino offrire un’alternativa all’approccio dell’UE, da molti considerato “troppo pesante“.
L’AI offre un’opportunità per il progresso umano che potrebbe superare la rivoluzione industriale, sia in velocità che in ampiezza. Le possibilità sono straordinarie. Ma dobbiamo – e lo faremo – farlo in sicurezza.
Voglio rendere il Regno Unito non solo la casa intellettuale, ma la casa geografica della regolamentazione globale della sicurezza dell’AI
Sunak ha annunciato che, in autunno, si terrà in UK il “primo grande vertice globale sulla sicurezza dell’intelligenza artificiale“.
Verranno prese in considerazione le sue grandi opportunità, ma anche i “rischi esistenziali” e la possibilità di “un’azione coordinata a livello internazionale” per mitigarli.
A preoccupare il settore tecnologico è soprattutto l’AI generativa, in grado di fornire imitazioni plausibili di testo, immagini e voce, i quali potrebbero produrre disinformazione destabilizzante.
AI e diritti umani: una giustizia digitale è davvero giusta?
In un mondo sempre più digitalizzato, anche le prove e i documenti a sostegno di presunti crimini diventano digitali. Sempre più spesso, infatti, i pubblici ministeri si trovano davanti a enormi quantità di dati e prove digitali, forniti da un numero di attori senza precedenti.
Basta avere un telefono o una macchina fotografica a portata di mano per ottenere la prova di un crimine.
Per questo motivo, l’ufficio del procuratore della Corte penale internazionale ha lanciato “la più ambiziosa iniziativa di modernizzazione tecnica della sua storia”: la costruzione di una nuova piattaforma di gestione delle prove per gestire l’afflusso di grandi quantità di prove digitali.
Ma c’è di più.
Al Hassan Ag Abdoul Aziz, membro del gruppo islamista Ansar Dine, ha preso il controllo di aree del nord del Mali in un colpo di stato del 2012, diventando capo della polizia islamica. Nel 2020, è comparso in un’aula dell’Aia, processato per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
Ma, ciò che rende questo processo particolarmente importante, è l’utilizzo dell’AI come ambiente virtuale.
I presenti in aula hanno potuto “immergersi” in una ricostruzione 3D della città di Timbuktu, dove Al Hassan era visibile in video mentre torturava degli uomini davanti a una folla di passanti.
La città è stata ricostruita grazie alla combinazione di immagini satellitari, filmati di droni e video probatori (alcuni forniti da testimoni, altri raccolti da internet).
La proliferazione di strumenti come l’AI, tuttavia, solleva diverse questioni.
I legali di Al Hassan, ad esempio, hanno giudicato la ricostruzione di Timbuktu “intrinsecamente persuasiva e indebitamente dimostrativa“, in grado di suscitare un “pregiudizio ingiusto“.
Inoltre, è da considerare il rischio della ri-traumatizzazione delle vittime alla vista di tali immagini.
Secondo Alexa Koenig, una dei maggiori esperti sull’uso delle tecnologie emergenti nella pratica dei diritti umani, le incognite sono ancora molte.
Può essere davvero utile per le persone situarsi sulla scena di una serie di atrocità, ed essere in grado di esplorare ciò che quel fatto significa per la comunità circostante.
Ma ci sono ancora molte incognite sul modo in cui controllare l’AI per darci il meglio di sè, riducendo al minimo i rischi e i danni
Incognite che, nel futuro prossimo, dovranno necessariamente trovare delle risposte.