Ahmad Abu Murkhiyeh: quando l’amore è una condanna a morte

Ahmad Abu Murkhiyeh

Hai amato. È questa la sentenza che le nostre coscienze ascoltano quando a una persona le viene stroncata la vita, per legge o per via di un singolo portatore d’odio, a causa di un cuore che ha deciso di battere per la persona giusta, ma nel momento e nel posto sbagliati.

Ahmad Abu Murkhiyeh è il nome del 25enne originario dalla Palestina, rapito, decapitato e ritrovato senza vita in Cisgiordania perché omosessuale. Ahmad viveva a Tel Aviv, in una casa famiglia chiamata The Different House, la quale ospita ragazzi arabo-israeliani vittime di violenza e discriminazione per via della loro nazionalità o della loro sessualità.

il ragazzo aveva trascorso gli ultimi due anni vivendo in Israele, dove era in attesa di una richiesta di asilo per trasferirsi all’estero in Canada, dove avrebbe avuto la possibilità di essere più al sicuro.

Possibilità che però non è mai arrivata, e mai più potrà arrivare per lui, per via di carnefici ancora sconosciuti, ma per un movente fin troppo chiaro e comune.

Amare in alcuni paesi, è reato

Sono molte le notizie analoghe a quella di Ahmad Abu Murkhiyeh, ma se questa carneficina d’odio nei confronti dell’amore, non fosse già abbastanza supportata dai singoli individui, ci pensa direttamente la legge di alcuni paesi a spargere il sangue di donne e uomini desiderosi solo di poter amare liberalmente.

Ad oggi, sono 71 i paesi in cui l’omosessualità è reato. Circa un terzo dei paesi del mondo, e di questi, cinque adottano ancora l’esecuzione capitale: Mauritania, Sudan, Iran, Yemen e Arabia Saudita.

In 55 paesi, di cui 27 in Africa, la pena massima per questo reato è di 14 anni, mentre in altri 10, la pena può andare dai 14 anni fino all’ergastolo.

Ma se pensiamo che tale problema sia sempre relegato ai paesi africani o medio orientali, ci sbagliamo di grosso. Non dobbiamo andar molto indietro nel tempo, per vedere che il reato di omosessualità ha fatto parte anche di paesi che tutt’ora consideriamo tra le maggiori potenze economiche e sociali, del mondo.

Ad esempio la Francia ha depenalizzato l’omosessualità il 1 ottobre 1791, con il nuovo codice penale dopo la rivoluzione francese, mentre in Germania solo nel 1994, meno di 30 anni fa, la depenalizzazione è diventata realtà. In Portogallo l’omosessualità è legale dal 23 settembre 1982, mentre in Inghilterra e Galles lo è dal 27 luglio 1967. In Spagna lo è dal 26 dicembre 1978, in Russia dal 27 maggio 1993, e negli Stati Uniti a livello nazionale dal 26 giugno 2003, meno di 20 anni fa. In Italia invece lo è dal 1890, ma nonostante ciò nel 1960 e nel 1964 vennero proposte due leggi, fortunatamente fallimentari, per la reintroduzione del reato di omosessualità.

Anche lottare per gli ultimi, è punito

Era il 5 settembre 2022, poco più di un mese fa, quando è trapelata la notizia di due attiviste per i diritti LGBTQIA+ condannate a morte.

Il tribunale della città nord-occidentale di Urmia, in Iran, ha condannato Zahra Sedighi Hamedani di 31 anni e Elham Chubdar di 24, per il reato di “diffusione della corruzione sulla terra“.

Corruzione. È questo il nome che prende la lotta per l’amore, per i diritti degli ultimi, come se garantire la possibilità di vivere a tutti come desiderano, fosse un qualcosa di cui vergognarsi, da condannare, da eliminare così come le persone che tentano di dare una voce a chi in alcuni paesi è costretto a non potersi esprimere.

La speranza di un futuro arcobaleno

Questa è solo una piccola fetta della miriade di storie che possono essere raccontate in merito al divieto di amore di molti paesi, al loro voler indirizzare il cuore altrui con la forza verso le mani di un qualcuno nelle quali il cuore non vorrebbe mai starci. Ragazze e ragazzi costretti a nascondersi, a dover emigrare come Ahmad Abu Murkhiyeh verso una terra dove è concesso poter amare liberamente, talvolta però venendo uccisi a un passo dalla meta.

Sentimenti spezzati, lapidati, impiccati, decapitati, perché a morire non è solo il corpo, ma anche l’anima delle vittime e di un’intera comunità che vorrebbe semplicemente esser felice, e veder gli altri felici.

Si spererà sempre che arrivi il giorno in cui la gente possa scegliere l’abito per il matrimonio, e non il tipo di legno della propria bara. Che la famiglia di chi vuole solo amare, possa esser felice al “sì, lo voglio” o al “sì, la voglio”, e non piangere al funerale di chi ha avuto la stessa speranza.

Sarà meraviglioso il giorno, in cui potrà esser sconfitto l’odio con l’amore, e non più l’amore, con l’odio.

Maurizio Incardona

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