Che la lotta all’omofobia non fosse avvertita come necessaria dalle forze politiche era chiaro già dal fatto che una legge in tal senso è ferma in Parlamento da anni. Essa non rientra nemmeno tra i temi che hanno alimentato il dibattito in campagna elettorale, trattata solo in alcuni programmi ed entrata addirittura al rovescio in altri, come lotta all’(inesistente) ideologia gender. L’educazione al rispetto delle differenze, altro aspetto importante della questione, viene infatti ostacolata in modo trasversale dalla politica, preoccupata di non indispettire la parte cattolica del proprio elettorato. Ci si nasconde dietro la bandiera della libertà di espressione e intanto nel Paese continuano le aggressioni omofobe, ai danni per lo più di giovanissimi. Solo negli ultimi giorni sono due gli episodi riportati dalla cronaca nazionale, che hanno visto da un lato una giovane donna molestata da un ginecologo e dall’altro un ragazzino picchiato dal branco perché ritenuto gay.
Una visita da incubo
Il primo fatto è avvenuto a Roma alla fine di gennaio. Viola (non ci interessa se sia o meno il suo vero nome), 23 anni, è nello studio di un ginecologo per una visita. Quando dice al medico di essere lesbica, lui inizia a fare una serie di battute che la mettono a disagio, soprattutto per il fatto che sono fatte durante un’ecografia trans-vaginale. Una, poi un’altra e un’altra ancora, condite da note di biasimo per la sua condotta di vita. L’umiliazione è tale da immobilizzare la ragazza, che non riesce a rispondere, né a reagire. Per fortuna ci riesce a visita conclusa, quando si rivolge ai Carabinieri per denunciare l’accaduto.
“Se avessi avuto trent’anni di meno avrei provato a farti cambiare idea… e ci sarei riuscito” […] “Perché vai a letto con le donne? Avrò la muffa dentro io, ma trovo strana sta cosa dell’omosessualità. Non credo accetterei un figlio gay” […] “Sei troppo bella, torna agli uomini invece di stare con le tue amichette. Ma non ti manca la penetrazione?” […] “Sei proprio una monella” […]
[…] scrivo anche per rendermi conto che ci sono donne che per prime dubitano davanti a questi eventi e che, invece di sostenere, accusano la donna stessa, la vittima stessa […].
Viola, sul blog Abbatto i muri
Dalle parole ai fatti
Ancora più giovane è la vittima del secondo episodio, avvenuto a Scafati (SA). Si tratta di un tredicenne che la sera di venerdì 9 marzo si trova in centro, quando si imbatte in quattro ragazzi che frequentano il suo stesso istituto. Li conosce bene, non perché siano amici, ma perché da mesi lo prendono in giro per la sua presunta omosessualità. Prima il branco lo segue, deridendolo. Poi lo costringe a entrare nella Villa Comunale, forzandone uno degli ingressi. Proseguono offese, insulti, inviti a vergognarsi per i suoi atteggiamenti finché il tutto culmina nell’aggressione fisica. Dopo le botte, il ragazzo viene immobilizzato e toccato nelle parti intime, mentre gli vengono ripetute frasi omofobe. La mamma della vittima, vedendolo rincasare pieno di lividi, graffi ed evidentemente scosso, insiste per farsi raccontare l’accaduto e decide di denunciare. Ora la vicenda è oggetto di indagine da parte dei Carabinieri locali.
Help Gay Line
L’anno scorso, in occasione della Giornata Mondiale contro l’Omofobia, un articolo di Repubblica.it riportava alcuni casi giunti all’attenzione del numero verde Gay Help Line (800713713), un servizio di sostegno nato nel 2006 e gestito da Gay Center. Nel 2017 erano circa 220.000 le richieste di aiuto arrivate da tutta Italia negli undici anni di attività. Tra queste, la storia della coppia che dopo essersi unita civilmente è stata costretta a lasciare la propria città dalle pressioni delle famiglie, con tanto di richiesta di licenziamento fatta telefonicamente al datore di lavoro; quella della sedicenne vittima di ripetuti stupri correttivi da parte del figlio di un amico dei genitori, entrambi professionisti, che sapevano e approvavano; quella del ragazzo di 14 anni a cui era intitolata una chat di gruppo creata dai suoi compagni di classe per insultarlo e organizzare scherzi ai suoi danni. E tante altre.
Gli adolescenti sono i più vulnerabili
Secondo Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, gli adolescenti sono i soggetti più esposti. Accade che vengano segregati in casa, lasciati uscire solo per andare a scuola e privati di qualsiasi altro contatto con l’esterno. Oltre che picchiati. Inoltre, laddove la famiglia sbagli, spesso non c’è nemmeno il contrappeso di una scuola preparata per affrontare queste situazioni e offrire un sostegno concreto alle vittime di questi abusi. Così, una ragazza che arriva a scuola con il labbro spaccato e il viso violaceo passa del tutto inosservata. Mentre a una madre che chiede conto alla Preside delle continue vessazioni subite dal figlio ci si limita a suggerire di fargli cambiare classe. La strada è ancora lunga e passa necessariamente per un percorso educativo che coinvolga tutte le parti in causa: ragazzi, famiglie e scuola. Senza dimenticare l’esistenza di un’altra sfera molto influente in questo ambito: quella religiosa.
La religione, tra terapie riparative ed esorcismi
La religione, attraverso l’imposizione di una morale e di una visione del mondo dogmatiche e intransigenti, è spesso alla base delle rivendicazioni contro qualsiasi strumento di lotta all’omofobia. E anche in Italia, come in altri Paesi, non mancano i casi in cui essa, da causa del problema, si propone anche come soluzione. Lo fa attraverso la promozione delle cosiddette terapie riparative e, in alcuni casi, addirittura tramite esorcismi. Le prime sono modelli terapeutici che si propongono di modificare l’orientamento sessuale. Considerando del tutto infondato il presupposto secondo cui l’orientamento sessuale di gay e lesbiche sia un qualcosa di guasto da riparare, la maggior parte della comunità scientifica condanna tali pratiche e ne chiede il divieto. Eppure sono diverse le realtà che le pubblicizzano, non solo religiose. Fabio Vaccaro, medico di base, per esempio, è attualmente oggetto di un procedimento dell’Ordine dei Medici proprio per questo motivo. Gli esorcismi non hanno bisogno di presentazioni; stupisce solo che, nel 2018, ancora se ne debba parlare.
Michela Alfano