Un incubo nella notte di festa
A Roma, nel quartiere Malatesta, la notte di Capodanno si è trasformata in un incubo per una giovane coppia. Stephano, 26 anni, originario del Perù, e Matteo, 22 anni, stavano tornando a casa mano nella mano dopo aver festeggiato l’arrivo del nuovo anno. Era l’una di notte quando si è consumata un’aggressione omofoba nel quartiere del quadrante sud di Roma.
Un gruppo di ragazzi, affacciati al primo piano di un edificio, ha iniziato a insultarli con epiteti omofobi. Gli insulti, già ricevuti durante l’andata, si sono trasformati in un’aggressione brutale quando i giovani sono scesi in strada per accanirsi contro di loro. I ragazzi sono stati aggrediti con calci e pugni e, a seguito delle cure del Pronto Soccorso, gli sono stati dati 25 giorni di prognosi, come loro stessi hanno raccontato.
Dieci contro due: la violenza dilagante
La situazione è precipitata rapidamente. Stephano ha provato a calmare gli animi, cercando di evitare lo scontro, ma i tentativi di dialogo sono stati vani. Il branco, composto da dieci ragazzi di età compresa tra i 16 e i 19 anni, si è scagliato contro di loro con calci e pugni. L’aggressione omofoba è stata particolarmente feroce contro Stephano, colpito per quindici minuti consecutivi, mentre Matteo, nel tentativo di registrare la scena con il telefono, è stato minacciato di morte e costretto a cancellare il video.
Ferite fisiche e psicologiche
Dopo l’aggressione omofoba, la coppia, sotto shock e ferita, ha raggiunto il Pronto Soccorso autonomamente, non essendo disponibili ambulanze. Stephano ha riportato un trauma cranico, il naso rotto e il volto tumefatto, con una prognosi di 25 giorni. Ma le ferite più profonde sono quelle psicologiche.
“Ogni volta che prova a prendermi per mano o ad abbracciarmi, il mio corpo reagisce da solo, si ritrae”, racconta Stephano, ancora scosso a Gay.it. Anche Matteo condivide la stessa paura del suo ragazzo, quella paura di una violenza che reprime, che annulla ogni libertà di vivere secondo le nostre volontà, bisogni, personalità.
L’impegno della comunità LGBTQIA+ e la denuncia
L’episodio è stato denunciato da Gaynet, associazione LGBTQIA+ che ha offerto supporto legale e morale alla coppia. L’identificazione degli aggressori sembra essere a portata di mano, dato che sono stati riconosciuti nel palazzo da cui sono usciti.
Le associazioni LGBTQIA+ si sono immediatamente mobilitate, organizzando un presidio per il 4 gennaio nella zona Malatesta, come segno di solidarietà e protesta contro l’odio e l’intolleranza di un’aggressione omofoba che è, ancora una volta, il risultato di una violenza dilagante e sistemica che lo Stato italiano si rifiuta di combattere, anche e sopratutto a livello legale.
Una realtà preoccupante: i numeri dell’odio
L’aggressione omofoba dello scorso 31 dicembre non è un caso isolato. Nel 2024 sono state registrate 139 aggressioni omotransfobiche in Italia, un dato che riflette un fenomeno molto più vasto e spesso non denunciato.
L’assenza di una legge specifica contro i crimini d’odio di matrice omotransfobica è un problema cruciale: senza una normativa adeguata, molti episodi rimangono impuniti. Le vittime spesso evitano di denunciare per paura di essere ignorate o, peggio, di subire ulteriori discriminazioni.
L’urgenza di una risposta politica
Rosario Coco, presidente di Gaynet, ha puntato il dito contro le istituzioni, accusandole di inazione: “L’Italia è al 36° posto nella Rainbow Map di ILGA Europe per i diritti LGBTQIA+”.
“È il risultato di tutte quelle leggi di uguaglianza che ancora non ci sono, nonché della peggiore maggioranza parlamentare sui diritti civili che l’Italia ricordi”. La comunità chiede un cambio di passo immediato per garantire sicurezza e diritti a tutte le persone.
Una battaglia per la libertà
L’episodio di Roma segue di pochi giorni un’altra aggressione omofoba, questa volta avvenuta a Milano, dove una coppia gay è stata aggredita per essersi tenuta per mano in pubblico. Questi episodi evidenziano una realtà amara: il 53% delle persone LGBTQIA+ in Europa si sente costretto a nascondere gesti di affetto in pubblico, secondo i dati della FRA.
La speranza è che eventi come il presidio e la denuncia pubblica possano diventare un punto di svolta, spingendo le istituzioni a intervenire con decisione contro l’odio e la violenza. La libertà di essere se stessi non dovrebbe mai essere motivo di pericolo.