L’Africa cresce e inquina meno (almeno per ora)
Prima della pandemia, l’Africa è cresciuta del 3,9 per cento. Il continente è il secondo al mondo per la rapidità con la quale ogni anno aumenta il prodotto interno lordo. Questo miglioramento è ancora troppo disomogeneo. Su 54 Stati i paesi che trainano l’economia del continente sono cinque: Algeria, Egitto, Marocco, Sud Africa e Nigeria. Secondo i dati della Banca Africana di Sviluppo (African Development Bank), nel 2019 gli investimenti – che hanno rappresentato il 50 per cento del prodotto interno lordo – e la produttività sono cresciuti per la prima volta in dieci anni. I paesi dell’Africa orientale hanno raggiunto i migliori risultati economici, con un tasso di crescita media del cinque per cento.
È una buona notizia per il pianeta. Uno studio condotto dalla NASA ha osservato una forte riduzione del biossido di azoto e un netto miglioramento dell’aria. Questo gas serra è tra i più nocivi per la salute umana. Tramite satellite, l’agenzia spaziale americana ha raccolto i dati sulla qualità dell’aria e l’andamento degli incendi dal 2005 – anno in cui è stato deciso di avviare il monitoraggio – fino al 2017, quando, durante il periodo di picco dei roghi dolosi, il biossido di azoto è diminuito del 4,5 per cento. È stato il valore più basso mai registrato.
Secondo i ricercatori della NASA questi risultati sono molto importanti. Dimostrano come la crescita economica in alcune regioni del continente stia producendo effetti benefici sul piano ambientale. Monitoraggi come questi sono uno strumento utile per i policymaker.
Il biossido di azoto diminuisce, il rischio di un aumento degli altri gas serra
Ma attenzione, perché a una netta riduzione di un gas serra non è detto che segua una diminuzione dell’anidride carbonica, del metano, o dell’ozono. Tutto dipenderà dalla qualità della crescita economica del continente. Gli investimenti stranieri svolgono in questo senso un ruolo cruciale. Il trend demografico dell’Africa è uno dei pochi al mondo ancora in crescita. Con l’intensificarsi dell’urbanizzazione, si prevede che la popolazione arriverà a due miliardi entro il 2040.
A cavallo degli anni Settanta e Ottanta, diversi ricercatori economici in tutto il mondo hanno iniziato a studiare gli effetti della presenza di capitali esteri, imprese o multinazionali nei paesi in via di sviluppo, compresi quelli africani. Negli Stati in cui i paesi industrializzati hanno investito di più (e meglio) l’economia è cresciuta con effetti benefici sulla società e l’ambiente.
L’Africa che cresce e inquina meno: l’esempio della Nigeria
La Nigeria è tra i paesi africani in cui l’inquinamento atmosferico è migliorato, grazie al drastico calo del biossido di azoto. Secondo i ricercatori della NASA, l’espansione dell’industria e dei trasporti, osservabile anche in Senegal, Costa d’Avorio, Sud Sudan, Uganda e Kenya, ha ridotto il settore agricolo e l’attività dei contadini locali.
Bruciare la vegetazione infatti è da sempre considerato un metodo economico ed efficiente per preparare il suolo all’allevamento e alla coltivazione. Quando questa attività è portata avanti in modo intensivo, gli effetti sulla salute umana e sul cambiamento climatico sono devastanti.
Come è accaduto nei paesi industrializzati, l’Africa punterà ancora molto sui combustibili fossili per accelerare la crescita economica. Nonostante nel 2015 l’Unione Africana si sia impegnata a investire sulle fonti rinnovabili, l’80 per cento del fabbisogno energetico è soddisfatto ancora dal carbone e dal petrolio. Anche l’aumento delle importazioni di autoveicoli contribuirà nel medio periodo a una rapida ascesa dei livelli di inquinamento atmosferico nelle popolose aree urbane.
Cosa fare?
Ecco il punto fondamentale. Se è vero che la crescita economica rappresenta una opportunità per migliorare l’impatto ambientale dell’uomo, il mondo è a una svolta. I paesi in via di sviluppo ed emergenti non potranno crescere seguendo la stessa curva dei paesi industrializzati. Ed è questo lo squilibrio peggiore causato dalla globalizzazione.
L’Africa, ma non solo, avrà bisogno di essere guidata. Investimenti nelle fonti rinnovabili, regolamentazione ambientale stringente, superamento delle disuguaglianze sono gli unici ingredienti che consentono di crescere in modo sostenibile e a più livelli.
Dalla catastrofe climatica non ci salverà né la “decrescita felice” né la crescita economica spietata che i paesi industrializzati hanno alimentato dal secondo dopoguerra in poi. È una delle premesse più importanti. La sfida ambientale che la comunità internazionale deve riuscire ad affrontare nel più breve tempo possibile è complessa.
L’Unione europea e gli Stati Uniti non possono mettere all’angolo questo capitolo della crisi climatica. Ora che si è riaperto uno spiraglio nella cooperazione internazionale in difesa del clima, non è più possibile ignorarlo. Proprio in Africa infatti si sta rafforzando la presenza della Cina come investitore straniero.
Chiara Colangelo