Affrontare la fame, l’Africa davanti al mondo

Il Global Hunger Index 2023 rivela una situazione allarmante: l'Africa, in particolare la regione subsahariana, continua a lottare con i più alti livelli di fame nel mondo. Il rapporto sottolinea la necessità urgente di intervenire, identificando i giovani come la chiave per trasformare i sistemi alimentari fallimentari e affrontare le sfide che affliggono il continente.

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Affrontare la fame, l'Africa davanti al mondo

Dal 2015, i progressi nella lotta contro la carenza di cibo sono stagnati a livello globale, con l’Africa subsahariana che si trova ancora una volta in cima alla lista dei continenti più afflitti dalla fame. Secondo l’Indice Globale della Fame 2023, 12 paesi africani si trovano tra i più colpiti, con il Sud Sudan in testa. Il numero di persone denutrite è aumentato da 572 milioni nel 2017 a circa 735 milioni.

Il continente africano rimane al centro di una drammatica lotta contro la fame, con la regione subsahariana che presenta i più alti livelli di denutrizione a livello globale. I progressi nella riduzione della carenza alimentare nel mondo hanno subito un brusco arresto dal 2015, e sono ancora una volta i paesi subsahariani a pagare il prezzo più alto, con ben 12 nazioni che lavorano le posizioni più basse dell’indice.

L’Indice Globale della Fame 2023 (Global Hunger Index) mostra infatti che, sebbene alcuni paesi abbiano compiuto progressi significativi nella riduzione della fame, dal 2015 sono stati compiuti pochi progressi su scala globale. La fame rimane grave o allarmante in 43 paesi.

Questa stagnazione rispetto al 2015 riflette in gran parte gli effetti combinati di diverse crisi. Questi includono la pandemia di COVID-19, la guerra Russia-Ucraina, la stagnazione economica, gli impatti del cambiamento climatico e i conflitti insolubili che affliggono molti paesi del mondo. I tassi di denutrizione, arresto della crescita infantile, deperimento infantile e mortalità infantile, utilizzati per calcolare i punteggi del Global Hunger Index, non raggiungeranno gli obiettivi fissati dagli Obiettivi di sviluppo sostenibile per il 2030.

Le crisi hanno amplificato le disuguaglianze tra regioni, paesi e gruppi, con alcuni che superano le difficoltà meglio di altri. Regioni, paesi e comunità meno resilienti sono destinate a sperimentare battute d’arresto durature in termini di fame e nutrizione, lasciandoli meno preparati per le crisi future.

Grandi gruppi demografici come i giovani, soprattutto nei paesi a basso e medio reddito, sono colpiti in modo sproporzionato. Anche se i giovani erediteranno sistemi alimentari che non sono in grado di soddisfare i bisogni delle persone e del pianeta, la loro partecipazione alle decisioni che influenzeranno il loro futuro è limitata.

I Paesi in prima linea

Il rapporto evidenzia la presenza di 12 nazioni africane tra quelle con i livelli più alti di fame nel mondo, con particolare attenzione a Sud Sudan, Burundi, Somalia, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Lesotho, Niger, Ciad, Guinea-Bissau, Liberia e Sierra Leone. In alcune di queste nazioni, i “livelli di fame sono allarmanti,” secondo il rapporto.

I paesi a basso e medio reddito sono stati particolarmente colpiti, con fattori sottostanti come la disuguaglianza, la fragilità dello Stato, la cattiva governance e la povertà cronica che rendono difficile il recupero da questa serie di crisi sovrapposte.




L’Asia meridionale e l’Africa a sud del Sahara presentano gravi condizioni di fame, con punteggi GHI di 27,0 ciascuna. Sebbene abbiano fatto progressi tra il 2000 e il 2015, il rallentamento dopo il 2015 riflette la tendenza globale. L’Africa a sud del Sahara ha il livello di denutrizione più alto e il tasso di mortalità infantile più elevato. Al contrario, l’Asia orientale e sud-orientale, con la Cina predominante, ha il secondo punteggio GHI più basso.

Nonostante i progressi globali dalla metà degli anni 2000, la fame persiste in 43 paesi, di cui nove con livelli allarmanti. Tra questi, la Repubblica Centrafricana, la Repubblica Democratica del Congo, il Lesotho, il Madagascar, il Niger e lo Yemen sono considerati allarmanti secondo il Global Hunger Index 2023. Altri paesi, come l’Afghanistan, l’Haiti, la Nigeria e il Sudan, sono tra quelli con il più alto livello di preoccupazione per il 2023.

Cause della crisi

Le cause della crisi alimentare in Africa sono molteplici e interconnesse. Il cambiamento climatico, con le sue siccità e alluvioni imprevedibili, minaccia la produzione alimentare. Le instabilità politiche e i conflitti prolungati interrompono le attività agricole e costringono le comunità a spostarsi, peggiorando ulteriormente la situazione. La mancanza di politiche sociali e la crescente disuguaglianza economica rendono i più vulnerabili privi di accesso alle risorse alimentari essenziali.

Lo studio sottolinea anche il prossimo raddoppio della popolazione africana entro il 2050, mettendo ulteriore pressione sui già stressati sistemi di produzione e distribuzione alimentare.

La chiave per il cambiamento: investire nei giovani

Nonostante le sfide, il rapporto offre un raggio di speranza: i giovani africani. Attualmente privi di opportunità e voce nelle decisioni che plasmano il loro futuro, i giovani sono riconosciuti come la risorsa più preziosa per affrontare la crisi alimentare.

I giovani nei paesi a basso e medio reddito sono particolarmente vulnerabili alla sicurezza alimentare e alle crisi nutrizionali. Oltre a essere colpiti dalle attuali crisi alimentari, si troveranno a gestire il peso dei disastri imminenti senza un’azione concertata.

Il rapporto invita i governi a porre il cibo “al centro delle politiche, dei programmi e dei processi di governance dei sistemi alimentari” e a garantire alle persone il diritto di accedervi. In particolare, sottolinea l’importanza di investire nell’istruzione, nello sviluppo delle competenze, nella salute e nell’alimentazione dei giovani.

La denutrizione e la malnutrizione mettono a rischio le possibilità di vita dei giovani, che emergono in un contesto di sistemi alimentari diseguali e insostenibili. Con il cambiamento climatico in accelerazione, il mondo affronterà non solo crisi climatiche dirette ma anche indirette come pandemie, conflitti e sfollamenti. La disuguaglianza attuale renderà coloro che già soffrono maggiormente più vulnerabili a queste crisi.

Fame zero richiede azione immediata

Il diritto al cibo viene violato quotidianamente per milioni di persone, richiedendo un impegno politico forte per una governance inclusiva dei sistemi alimentari. Le crisi recenti hanno compromesso i progressi contro la fame, e il futuro si preannuncia con continue sfide non affrontate. L’accelerazione del cambiamento climatico e le crisi sovrapposte richiedono una trasformazione olistica dei sistemi alimentari, miglioramenti nelle strutture di governance e sistemi infrastrutturali, protezione sociale e altro ancora. È essenziale interrompere il ciclo intergenerazionale di insicurezza alimentare e nutrizionale per garantire un futuro senza fame.

Gli autori del rapporto chiedono, inoltre,  agli stati di investire nelle capacità dei giovani affinché possano svolgere un ruolo chiave nella trasformazione dei sistemi alimentari. Questo investimento non solo migliorerà le condizioni di vita dei giovani, ma contribuirà anche a creare sistemi alimentari più sostenibili, equi e in grado di soddisfare i bisogni di tutte le persone, specialmente delle più vulnerabili.

In conclusione, l’Indice Globale della Fame 2023 è un grido d’allarme, ma anche un appello all’azione. Affrontare la crisi alimentare in Africa richiede un impegno concreto verso i giovani, la risorsa più preziosa per guidare il cambiamento e creare un futuro alimentare più sicuro e equo per tutti.

 

Felicia Bruscino
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