Rosario Villari ex parlamentare del PCI e accademico dei Lincei, ha raggiunto la notorietà grazie ai suoi manuali scolastici. In uso nelle secondarie superiori, sui quali hanno studiato migliaia e migliaia di studenti. Popolare anche per il suo libro di testo innovativo edito da Laterza e contestato dalla Destra. E’ morto, l’altra sera, nella sua casa di Cetona, a Siena. Luogo in cui si è svolta una cerimonia organizzata dal comune. Villari si è spento in seguito alle conseguenze di una polmonite.
Era nato il 12 luglio del 1925 a Bagnara Calabra, esordì ventenne sul «Politecnico» di Elio Vittorini, con una poesia e tre racconti. In seguito i suoi studi si sono interessati alla politica e la storiografia, dovuti proprio dalla passione, fin dalla giovinezza, verso la politica e dall’attenzione ai problemi sociali. Tra gli argomenti di interesse su cui si è concentrata, in maggior misura, la sua attività di storico vi sono: il Regno di Napoli nel Settecento; La Questione Meridionale. E ancora La storia dell’Europa contemporanea, il Mezzogiorno e i contadini, il Risorgimento italiano.
Redattore, negli anni cinquanta, di «Cronache meridionali», rivista di area comunista, Villari pubblicò i primi saggi sul mondo rurale nel Regno di Napoli. Confluiti – in seguito – nel volume Mezzogiorno e contadini nell’età moderna. Pubblicato da Laterza nel 1961, anno in cui, per lo stesso editore, aveva curato l’antologia Il Sud nella storia d’Italia. Aggiornata nel 1978, dove segnalava i limiti delle visioni vittimiste e recriminatorie della questione meridionale. Di recente tornate attuali, più volte in chiave neoborbonica.
Un’incognita nazionale che riteneva strettamente collegato alle scelte di fondo dei governanti, postrisorgimentali, e quindi «non risolvibile nel quadro della costruzione liberale dello Stato». I partiti, a suo parere, possedevano i requisiti per cambiare a fondo il modello di sviluppo, e mettere in moto il superamento del divario tra Nord e Sud.
Uno storico di formazione marxista
L’ impegno politico di Villari è cominciato in Calabria, dove ha aderito all’organizzazione dei movimenti contadini per la riforma agraria. Anche se, dapprincipio, il suo attivismo era antifascista. La sua formazione culturale da storico era di orientamento marxista; molto attenta allo sviluppo delle strutture socio-economiche; un marxismo aperto. Per niente ortodosso e riformista. Era un’impostazione che premeva sul concetto di classi e epoche caratterizzate da ceti e da una marcata dimensione non economica.
Il timbro marxista contrassegnò anche i suoi manuali scolastici, che elargivano largo spazio alla storia sociale. Malgrado ciò, su determinati temi, erano ferocemente selettivi; limite che non fu solo di Villari ma di una generazione di storici. Continuò a restare legato, al marxismo, anche quando iniziò ad apparire datato. Villari , grazie al suo manuale scolastico – un nuovo approcio alla storia, in tre volumi – contribuì a formare la coscienza dei giovani negli anni della contestazione.
Il suo interesse verso la dimensione sociale degli avvenimenti, in antitesi a quella per i grandi eventi storici, ha trasportato il centro dell’analisi sui temi economici e i modelli di sviluppo. Un orientamento storiografico derivato dalla convinzione che solo i movimenti di massa potessero ridurre il divario tra Nord e Sud.
Sul finire degli anni ‘90 finì sotto accusa per gravosi omissioni presenti nei testi. Come ad esempio la parola foibe del tutto ignorata; accusato, tra l’altro, anche di preconcetti antiborbonici. E’ esplicito che nella sua impostazione ebbe ampia forza la militanza; fu membro del Comitato centrale del PCI. Ciò non toglie che i suoi testi, sulla politica barocca, restano di notevole pregio scientifico. I suoi contributi scientifici più rimarchevoli erano relativi al Regno di Napoli, nel corso dell’età moderna.
L’impegno politico e culturale
Antifascista militante, meridionalista, ex parlamentare, storico e docente. Durante l’università a Firenze, Villari seguì le lezioni di un filosofo controcorrente come Galvano Della Volpe che generava dialogo tra materialismo e esistenzialismo. Linearmente con la sua militanza politica fu Componente del Comitato centrale del Partito Comunista. Sostenendo sempre una linea democratica e riformista, applicando una politica di autonomia rispetto all’egemonia sovietica. Eletto Deputato nella VII legislatura (1976-1979), oltre a ciò ha aderito intensamente al dibattito culturale e storiografico.
Lo storico a fatto emergere i rapporti tra strutture politiche e sistemi di produzione, genesi dello Stato nazionale e caratteristiche della società rurale preunitaria. L’impegno culturale di Villari si è riconfermato in tutto il corso della sua carriera. A partire dalla collaborazione alle riviste vicine all’area comunista, fino al saggio Un sogno di libertà. Testo in cui ripercorre la rivolta guidata da Masaniello a Napoli nel 1647. I suoi volumi sulle strategie politiche e la ragion di Stato sono diventati veri e propri classici della saggistica contemporanea.
Villari ha spesso bandito coraggio, come nel caso delle polemiche su: “La ricerca storica ha regole e modi diversi dall’azione politica”. Assieme al suo grande amico Eric J. Hobsbawm, lo storico marxista inglese che teorizzò il “Secolo breve”; figura di successo della storiografia di sinistra.
Al di là delle critiche da parte degli intellettuali lontani dalla sua area politica, il metodo di Villari della storia nella narrazione ha conquistato stima e riconoscimento della comunità accademica internazionale. Oltre ad essere stato docente di Storia Moderna nelle università di Messina, Firenze e alla Sapienza di Roma è stato visiting professor al St. Antony’s College di Oxford e all’Institute for Advanced Study di Princeton.
Felicia Bruscino