I cittadini dell’ex colonia britannica scendono in piazza regolarmente, nei week-end all’inizio delle proteste, diversi giorni a settimana da settembre 2019 ad oggi.
In realtà la protesta avrebbe dovuto placarsi, vista l’attenzione del governo di Pechino verso la città: la riforma riguardante l’estradizione è stata il “casus belli”, dopo diversi mesi, tuttavia, tale riforma è stata ritirata. I cittadini non hanno ritenuto opportuno placare la protesta, a quanto pare.
Ognuno di loro ha dei doveri, un lavoro e una famiglia, tuttavia Hong Kong si è ritrovata in strada, veicolando la protesta attraverso i social, il tam-tam è cresciuto esponenzialmente, attirando l’attenzione di quanti hanno la curiosità di approfondire.
Anche Donald Trump si è espresso circa i cittadini di Hong Kong, il 27 novembre il presidente USA ha emanato una “Legge sui diritti umani e la democrazia ad Hong Kong”, esprimendosi direttamente circa il governo di Pechino. Questa presa di posizione così netta è stata capace di scardinare la diplomazia, un’arma a doppio taglio, visto che entrambe le fazioni sembrano salde al cospetto delle rovine del muro di Berlino. Il governo di Pechino è risultato debole agli occhi dell’opinione pubblica, di conseguenza il livello di allerta è aumentato e gli scontri violenti non sono mancati.
La città “appartiene” al governo centrale di Pechino, tuttavia si tratta di una regione a statuto speciale: sistema fiscale e moneta sono differenti rispetto a Pechino, sistema politico ed elettivo diverso, si tratta di un’area con evidenti specificità. Il tasso di occupazione è elevato, considerando il crollo dei posti di lavoro con conseguente chiusura di attività varie, proprio a causa degli scontri. Milioni di persone hanno causato ingorghi, bloccando l’aeroporto per giorni, rischiando concretamente la vita per ottenere più democrazia. Il solo slogan rimasto a rappresentare questa enorme città. Come si evince dai dati (disoccupazione + 3.2% ad ottobre 2019) è impossibile per i cittadini di Hong Kong essere immuni alle conseguenze di una protesta cosi intensa, sembra infatti che il governo abbia le risorse necessarie per fronteggiare eventuali flessioni della domanda di beni, lo stesso vale per i cittadini.
Il messaggio è chiaro: la democrazia vale ogni centesimo del nostro conto in banca. Purtroppo, diverse leggi sono state emanate per bloccare le proteste: la manifestazione più eclatante della forza coercitiva di Pechino è il divieto di indossare la maschera, accostando di fatto il popolo di Hong Kong ad una marmaglia di terroristi. Da tempo i media occidentali stanno volutamente silenziando la protesta, tuttavia la forza della rete e dei social media sembra assolutamente incontrastabile. L’ennesimo giorno di proteste si conclude, qualcuno non ritornerà a casa, qualcuno verrà schedato dai “lampioni intelligenti” attraverso il riconoscimento facciale. Sembra che ottenere più democrazia in questa città cosi apparentemente occidentale sia come voler cavare sangue da una rapa.
Antonio Bruno