Perché è irresponsabile fare delle accuse a delle ONG che potrebbero costare la credibilità di un lavoro all’insegna dei diritti umani e l’operato di un procuratore

Fonte : http://www.tpi.it/mondo/italia/ong-aiutano-migranti-mare-polemica

Il caso ONG

Non si sente parlare di altro da quando un tweet dell’On. Luigi Di Maio sull’operato fasullo e di traffico di esseri umani legato alle ONG è diventato virale nella rete. Un po’ la stessa sorte delle dichiarazioni precedenti dello stesso sull’ “importazione di criminali romeni”, che oltre a creare le basi per un caso diplomatico, provenivano dalle parole del Procuratore aggiunto di Messina Sebastiano Ardita – mal interpretate.

Esasperazione, se non piena compromissione di un dato rivelatosi sbagliato, che aveva aperto, nell’anno della lotta alle post verità, un dibattito attorno al come la politica spesso si faccia proliferatrice di fake news.

Anche in questo caso, le dichiarazioni del rappresentante del Movimento 5 Stelle rispetto alle ONG, hanno come spunto la denuncia fatta ad opera del Procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, che ospite del programma ad Agorà, su Raitre, afferma: “si perseguono da parte di alcune organizzazioni finalità diverse, ovvero destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi”.

Il caso Zuccaro

Inutile dire che le parole del Procuratore hanno aperto un caso di ben più alto respiro rispetto al tweet virale proposto da Di Maio, che vanno oltre la speculazione politica sulle ONG, per cui più volte è stata ribadita in questi giorni la gravità e la pericolosità della generalizzazione, ove ci si trovi di fronte a diverse organizzazione che di fatto svolgono un ruolo essenziale alla salvaguardia dell’emergenza e del traffico di esseri umani.

Il problema di un cattivo operato, in taluni casi, tuttavia esiste e per poter salvaguardare la corretta esecuzione dei compiti e i vincoli legali connessi, alla critica, quasi istintiva, e al rilancio al caso, è essenziale il rilancio delle indagini, nella calma che meritano.

È della stessa opinione il Ministro Orlando, che rilancia alle accuse chiedendo indagini ed atti.

”Spero che la procura di Catania parli attraverso le indagini, gli atti, perché credo sia il modo migliore. Se il pm ha elementi in questo senso faremo una valutazione. In generale, non è giusto ricostruire la storia delle Ong come la storia di collusi con i trafficanti, è una menzogna.”

Dello stesso parere il Ministro dei Interni Minniti.

“Le accuse non possono evidentemente essere sottovalutate ma vanno evitate generalizzazioni e conclusioni affrettate.”

Diverge il tutto da quanto l’opinione pubblica sostiene, che non considera tuttavia quanto velocemente un caso si possa pompare e smontare ove non vi siano atti per poterlo portare avanti.

Un’analisi politica e non

Sugli allarmismi politici si fa il più delle volte una campagna elettorale non indifferente. Anzi è forse l’allarmismo in sé ad essere il generatore di campagna elettorale, quello che prende spunto dal malcontento generale.

In questi termini, qualsiasi questione legata all’immigrazione fa audience e crea consenso. È la questione su cui forse più si fomenta, bando alla politica stessa, il disagio di vivere in un periodo particolarmente complesso – e su cui pesa il dovere di far qualcosa, nella considerazione che il dissenso non arrivi mai dal nulla.



È la ragione per cui partirò da un esempio che non ha nulla a che vedere con la circostanza dì per sé.

Ieri è andato in scena in Francia è un teatrino particolareggiato.

Macron si è recato presso un’azienda della sua città natale che sta per chiudere, per parlare con i dirigenti e capire come evitare la tal cosa. Al contempo Marine Le Pen, sfidante nel round finale delle Presidenziali francesi, il ballottaggio, si è recata nella medesima azienda per incontrare i suoi operai, non lasciando non detto il fatto che mentre Macron stesse con i dirigenti lei fosse tra la gente.

Sarà per una naturale contrapposizione alle più subdole forme di ricerca di consenso, o magari grazie alle favolette di età infantile sulla poca fiducia a chi grida “al lupo, al lupo”, che non riuscissi a capire come non passasse l’idea che per risolvere la chiusura di un’azienda, parlare con i suoi dipendenti, lasci il tempo che trova.

È con la dirigenza che va trovato un accordo a che questa continui il suo percorso. Eppure, nella patria della rivoluzione, la Francia, l’idea che il contributo più importante delle volte parta dall’alto e non dal basso, non ha toccato minimamente la sensibilità comune.

Ricordo dei tempi del liceo che se un nostro compagno rischiava di avere una materia rimandata a settembre, la mobilitazione stava nel farlo studiare di più, congiuntamente a un dialogo con il professore. Non quella noiosa conversazione su quanto la scuola facesse schifo. Molto banalmente ci rendevamo conto di quanto fosse poco pragmatica e assolutamente controproducente.

Sono arrivata da lì alla conclusione di quanto manchi il pragmatismo, a partire dall’alto, fino ad arrivare al basso, che è la ragione per cui una situazione del genere, come l’allarme sull’operato di alcune ONG, abbia avuto così tanto rilievo.

Vi è poi una considerazione più legale, legata invece alla magistratura.

Un Paese senza memoria

Le indagini più grandi dei nostri tempi sono state il Maxiprocesso a Cosa Nostra e Tangentopoli. Sono due inchieste diverse che portano tuttavia entrambe alla luce la presenza di un sistema profondamente malato e corrotto.

Con un po’ di pessimismo inizio ad avere quella sensazione che delle indagini del genere non verranno più fatte e per una motivazione ben precisa: quel silenzio finalizzato alla ricerca dello scabroso non esiste più.

Si dice che “la calma è la virtù dei forti”. Dalle mie parte che “a gatta prescialora faci i gatticeji orbi” (“la gatta frettolosa partorisce i gattini ciechi”), e l’impressione è che ci sia più la voglia di dire quanto malato sia un sistema più che riuscire a risolvere la tal cosa.

Parlavo in un altro articolo della sacralità dell’indagine, l’importanza di questa sacralità a che un’istituzione non vada alla deriva, a cui segue la responsabilità che la politica non faccia il gioco del consenso, facendone una campagna.

La collisione tra questi due elementi è forse il male più grande del nostro tempo, che oltre a fomentare l’odio e la violenza popolare, è inversamente proporzionale ad ogni forma di risoluzione di un problema.

E forse la vera vittima di tutto questo parlare mediatico saranno proprio quelle ONG che svolgono un ruolo esemplare per la comunità.

Così, vorrei concludere, lasciando uno stralcio dagli Scritti Corsari di Pasolini, un autore controverso, ma la cui pubblicazione è stata possibile in Italia, grazie al ’68 – il che serva a capire che anche il dissenso ha bisogno del giusto pragmatismo.

“Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero.

 

Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili, imparerebbe che questo Paese speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale.”

Scritti corsari anno 1975

Ilaria Piromalli

Fonte imagine: http://www.tpi.it/mondo/italia/ong-aiutano-migranti-mare-polemica

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