La Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese rinnovano l’accordo provvisorio in vigore dal 2018. La sfera politica e spirituale sembrano essere due parti di un unico sistema.
È quindi dialogo o compromesso?
Ci giunge un’immagine di equilibri sottili e controversi.
Accordo tra Vaticano e Cina 2018: strettamente riservato
Due anni fa, il sottosegretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, Antoine Camilleri, ed il viceministro degli Affari Esteri cinese, Wang Chao, hanno sottoscritto un accordo provvisorio tra la Chiesa cattolica e la Repubblica Popolare Cinese.
Questo accordo tra Vaticano e Cina rappresenta il frutto di intensi dialoghi prolungati nel tempo. Il contenuto dell’atto è strettamente riservato.
Il 22 settembre del 2018, un comunicato stampa informa la messa in campo del nuovo strumento di cooperazione:
“Il suddetto Accordo Provvisorio, che è frutto di un graduale e reciproco avvicinamento, viene stipulato dopo un lungo percorso di ponderata trattativa e prevede valutazioni periodiche circa la sua attuazione.”
Il punto cruciale dell’accordo è la nomina dei vescovi.
A quanto ci è dato sapere, pare che la Santa Sede debba (e possa) supervisionare le scelte compiute dallo Stato nell’ambito vescovile.
Ma fino a che punto può entrare nel merito della selezione?
Professare il cattolicesimo in Cina: sinicizzazione
Fino al 2018, la Chiesa cattolica, legata a Roma, non era riconosciuta. Secondo la Costituzione cinese, essa non esisteva. Piuttosto, il cattolicesimo si rifaceva all’Associazione patriottica cattolica cinese. Quest’ultima non ammetteva la supremazia del Papa che doveva restare invece una prerogativa del governo.
Da qui, nel 2016 si parla di sinicizzazione. Un termine introdotto dal presidente Xi Jinping durante un importante incontro sulle religioni.
Mentre la Chiesa Cattolica sopravviveva grazie ad una serie di comportamenti legati alla clandestinità, il Presidente si esprimeva così sulle comunità religiose:
«esse devono mischiare le dottrine con la cultura cinese, obbedendo alle leggi cinesi e votandosi completamente alla riforma della Cina e alla modernizzazione socialista per contribuire alla realizzazione del sogno cinese».
Da Giovanni Paolo II a Papa Francesco: “Nessun compromesso”
Il dialogo che Roma ha instaurato con la Repubblica Popolare Cinese è stato lungo, travagliato, perfino incerto. Le risposte dallo Stato, molte volte, non sono pervenute.
La fine del regime di Mao Zedong e l’avvento del successore Deng Xiaoping (nel 1981) sono stati forse un inizio.
In questi anni, Papa Wojtyla sentì la necessità di instaurare un rapporto.
Spesso però è stato lasciato nell’incomprensione delle sue richieste e preghiere.
Anche Papa Benedetto XVI ebbe un atteggiamento di apertura verso la Cina.
In una lettera del 2007, citava così il suo predecessore:
«con l’auspicio di vedere presto instaurate vie concrete di comunicazione e di collaborazione fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese, poiché l’amicizia si nutre di contatti, di condivisione di sentimenti nelle situazioni liete e tristi, di solidarietà, di scambio, di aiuto.»
E infine, Papa Francesco si è aggiunto a questo lavoro decennale.
Con l’accordo del 2018, e il rinnovo degli ultimi giorni, un’idea si affaccia nelle nostre menti: questo accordo sa di compromesso.
Quindi la Santa Sede ha dato adito ad un compromesso con una delle maggiori potenze mondiali?
Papa Francesco ribadisce che il dialogo non significa compromesso, ma anzi permette di camminare insieme per costruire. Di certo però, alcune cose lasciano perplessi.
Ad esempio, il rifiuto di Bergoglio di ricevere il cardinale Joseph Zen.
Secondo Zen, papa Francesco compirebbe un errore nel nominare come vescovo di Hong Kong, una figura molto legata alla politica di Pechino.
Poco chiari sono i risvolti di questa decisione.
Rinnovo dell’accordo tra Vaticano e Cina
Dunque, l’accordo provvisorio è stato rinnovato questo ottobre 2020.
Si vocifera però che la situazione in Cina non sia delle migliori e che ci siano stati pochi benefici dall’attuazione dell’accordo.
La Chiesa cinese sotterranea, cioè fedele all’autorità di Roma, è ancora oggi ostacolata.
Si parla di persecuzioni. Ce lo dicono i magazine statunitensi.
Il sottosegretario americano Mike Pompeo ha espresso il suo totale disaccordo a tale rinnovo.
“Verrebbe meno l’autorità morale del papa”, dice Pompeo.
Bergoglio però continua per la sua strada, credendo fortemente nel lavoro di equilibri portato avanti dalla Santa Sede.
Le problematiche che saltano fuori, sono fili molto sottili.
Essi fanno parte del gioco tra poteri.
In fondo, sappiamo che la costruzione di un fronte comune richiede dei sacrifici.
Sacrifici che impareremo sicuramente a delineare nel tempo.
Maria Pia Sgariglia