Il 15 giugno 1977 il Commonwealth delle nazioni ratifica l’accordo di Gleneagles.
L’accordo di Gleneagles è stato un tassello fondamentale del boicottaggio sportivo del Sudafrica, un fenomeno nato come forma di protesta contro il regime di segregazione razziale. Il primo passo in tal senso risale al 15 Agosto del 1964, quando il Comitato olimpico internazionale ritirò l’invito di partecipazione al Sudafrica. Il Paese cercò di evitare l’esclusione includendo sette “non-bianchi” nelle loro squadre ma il comitato olimpico pretendeva un pubblico annuncio di rinuncia alle discriminazioni.
Il problema si ripropose per le successive olimpiadi di Città del Messico del 1968 ma il Sudafrica questa volta si preparò con la “New sport policy” , assecondando i requisiti formali del CIO. Il comitato olimpico, in effetti, votò per consentire la partecipazione del paese, ma il boicottaggio da parte dei paesi africani (anche Unione Sovietica e India minacciarono il boicottaggio) forzò il ritiro dell’invito per il Sudafrica. Da questo momento in poi, il Sudafrica non ebbe più occasione di partecipare alle Olimpiadi fino al termine del regime di apartheid.
Riguardo il boicottaggio del ’68 ci sono, però, 2 grandi assenti: Regno Unito e USA (anche se singoli atleti statunitensi hanno aderito al boicottaggio).
L’accordo di Gleneagles
Ratificato dal Commonwealth delle nazioni, l’accordo aveva lo scopo di isolare il Sudafrica da tutte le competizioni sportive. Non si trattò del primo caso in tal senso (dichiarazione di Singapore del ’71), ma fu il primo a riuscire nell’intento del boicottaggio sportivo.
Le ripercussioni sul cricket e sul rugby a 15 sono culturalmente paragonabili a quelle di un ipotetico isolamento delle squadre di calcio italiane dal resto dell’Europa. Gli effetti dell’accordo vennero, poi, ulteriormente rinforzati da un’analoga iniziativa un 6 mesi dopo.
Constructive engagement, gli anni ’80
Nonostante quanto previsto dall’accordo, nel 1981 la Nuova Zelanda ospitò un controverso tour della nazionale sudafricana di rugby, durante il quale gli Springboks affrontarono gli All Blacks. Negli stessi anni, Ronald Reagan e Margaret Thatcher misero in atto la politica che l’amministrazione Reagan chiamò Constructive engagement. Tale politica si può sintetizzare nel veto statunitense alle sanzioni ONU verso il Sudafrica e nel tentativo di incentivare un graduale abbandono dell’Apartheid.
Una scelta che comportò il rifiuto del governo Thatcher di far applicare l’accordo di Gleneagles. Di conseguenza, durante i Commonwealth Games del 1986, ci fu un nuovo boicottaggio che portò al ritiro di 32 squadre su 59.
La fine dell’Apartheid
Con la fine dell’apartheid, sono rapidamente cessati i boicottaggi nello gli sport e il Sudafrica è stato riammesso nelle Federazioni sportive internazionali. La Comunità europea ha annunciato la fine del boicottaggio da parte dei suoi governi membri nel giugno 1991.
L’India, che si opponeva con veemenza alla politica di apartheid, ha posto fine al suo boicottaggio nel 1991, invitando la squadra di cricket sudafricana nel paese. L’organizzazione e la vittoria della Coppa del mondo di rugby del 1995 da parte del paese è stata l’ultima e potente spinta al ritorno del Sudafrica post-apartheid sulla scena sportiva internazionale.
Francesco Maria Trinchese