L’accordo sulla Brexit slitta di sei mesi dopo il summit di Bruxelles
È durato fino ad oltre le due del mattino il summit di Bruxelles della notte scorsa; alla fine, il Theresa May torna a casa con una proroga dell’accordo sulla Brexit ancor maggiore di quanto lei stessa sperasse. Il premier britannico si era infatti presentata ai 27 leader europei chiedendo uno spostamento fino al 30 giugno. La proposta portatagli da Donald Tusk, presidente polacco del Consiglio Europeo, è stata invece una proroga fino al 31 ottobre. Ad una condizione, però, che il Regno Unito partecipi alle elezioni europee del 23 maggio. Artefice per niente oscura di questa nuova proroga dell’accordo sulla Brexit è stata il cancelliere tedesco Angela Merkel; alla quale la maggioranza dei paesi si è subito allineata, compresa l’Italia con Conte e la Francia con Macron (nonostante, inizialmente, il presidente francese fosse un granitico sostenitore della proroga breve al 30 giugno: evidentemente il Patto di Aquisgrana ha prevalso). Salda nella contrarietà allo slittamento fino ad Halloween è rimasta, invece, l’Austria con il suo cancelliere Kurz.
Juncker, presidente della Commissione Europea, ha citato il “dura lex sed lex”: se fai parte del gioco, stai alle regole e partecipi alle elezioni. Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento, appare colto da una scocciata preoccupazione: ritiene infatti foriera di instabilità la possibilità di europarlamentari britannici temporanei e ha dichiarato che «il Parlamento Ue non è un Grand Hotel, dove si entra e si esce a piacimento». Ricordiamo che la data scelta come scadenza per l’accordo sulla Brexit è dettata da un motivo ben preciso: a novembre, infatti, sarà nominata la nuova Commissione europea e, a quel punto, Bruxelles vorrà avere certezze sulla Brexit: dovrà esserci o no un nuovo commissario britannico?
Elezioni europee: un grosso scoglio sulla tormentata via dell’accordo sulla Brexit
May spera apertamente di trovare un accordo ben prima della scadenza di ottobre. Ha infatti dichiarato che se il Regno Unito dovesse trovare un accordo sulla Brexit in parlamento nelle prime tre settimane di maggio, l’uscita avverrebbe il 1° giugno. Evidentemente la leader del Partito conservatore ripone molta fiducia, sul fronte interno, nelle prospettive del nuovo dialogo apertosi con Jeremy Corbyn, leader laburista (che finora ha interpretato il ruolo del bastian contrario). Quest’ultimo, però, non sembra propenso ad una rapida conciliazione: ha definito questa nuova proroga un “fallimento diplomatico”.
Se non dovesse riuscire a tenere insieme tutti i pezzi a Westminster, May dovrebbe portare il Regno Unito ad affrontare le elezioni europee; elezioni che, a questo punto, avrebbero tanto il sapore di un nuovo referendum sulla Brexit. Ma dopo quest’ultimo slittamento condizionato, il vero rischio per la premier britannica è un altro: se il parlamento britannico dovesse addirittura impedire la partecipazione britannica alle elezioni europee, il 1° giugno avverrebbe la famigerata Brexit no-deal.
Too bad that the European Union is being so tough on the United Kingdom and Brexit. The E.U. is likewise a brutal trading partner with the United States, which will change. Sometimes in life you have to let people breathe before it all comes back to bite you!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) April 11, 2019
Intanto, un tweet di Trump arriva a intorbidire ancora di più le acque: in merito alla proroga per l’accordo sulla Brexit, il Presidente americano definisce l’atteggiamento dell’UE troppo duro e sfrutta l’occasione per lasciare intendere cambiamenti negli accordi commerciali USA-UE.
Francesco Ziveri