Nell’antica Grecia, la crescita dell’individuo era un’esperienza individuale condivisa con l’intera società. Gli uomini e le donne prendevano atto del proprio essere a fronte degli impegni che la stessa comunità chiedeva loro, accettando le nuove responsabilità attraverso l’azione ritualizzata, che li accompagnava durante il passaggio da uno status determinato a un altro, diverso ma ugualmente determinato.
Visto dall’esterno è facile immaginare un rito di passaggio – tale era il nome di questi momenti sacri – che si svolgeva nella più totale consapevolezza, senza un ripensamento. Con gli occhi di un oggi caratterizzato dall’indeterminatezza, ci si chiede quasi come mai queste persone non osassero neanche tentennare.
Ecco, penso che dipenda da un mancato equilibrio tra rottura e accettazione. Viviamo in una società che fa quasi vanto della rottura e che cavalca l’onda dell’anticonformismo senza rendersi conto di quanto, a volte, si è trasportati dalla marea. Rompere, oggi, è di fatto qualcosa di buono: le convenzioni, gli schemi, i tabù, tutto si rompe e sembra sempre un bene, finché non è la vita stessa a portare il conto dei cocci.
Accettarsi è molto più complesso che rompere, e Sulla soglia parla proprio di accettazione. Il linguaggio scelto per affrontare un tema che nel 2019 vuol dire tanto, è quello del mito. Il mito ha il grande potere di fondare la realtà: è qualcosa di accettato, riporta esempi illustri e nei tempi antichi era in grado di raggiungere ogni livello della società.
No, non pensate agli eroi. È fin troppo facile parlare di qualcuno destinato a fare la cosa giusta, portare a termine la propria impresa e fondare una città prospera. Non è in questi miti che possiamo identificarci, perché troppi sono i dubbi dei giorni nostri.
I protagonisti di Sulla soglia sono coloro che tentennano, che rifiutano, che rompono e che, come noi, spesso non sanno come pagare i cocci. Le storie sono veri e propri miti di non passaggio: raccontano di antieroi, anticonformisti affogati dalla stessa onda che non hanno saputo dominare. Sulla soglia parla di Ippolito, che rifiuta le donne e Afrodite perché vuole vivere di caccia, al servizio della dea sempre giovane, Artemide; parla di Orfeo, che rifiuta la stessa vita per chiudersi nel limbo del lutto; parla delle Miniadi, che disprezzano Hera e il matrimonio per vivere ostinatamente nella casa paterna.
Agli occhi dell’uomo contemporaneo questi sembrano soltanto simpatici anticonformisti, ebbene io invito a guardare un po’ più da vicino le loro storie, incasellandole nel loro quadro storico ma anche in quello morale, per dimostrare quanto, in realtà, più che anticonformismo quel tentennamento non sia altro che la mancanza d’accettazione.
Sulla soglia è dunque una vera e propria azione di recupero. Sono convinta che attraverso i non passaggi altrui sia possibile comprendere il vero valore dell’accettazione, verso noi stessi, verso il prossimo e verso la società in cui viviamo.
Vedete, in pochi sanno che Ippolito è un principe di Atene, figlio del mitico eroe Teseo. Il mito che parla di lui è stato più volte elaborato nel linguaggio teatrale come il dramma di Fedra, la matrigna che per azione di Afrodite si è perdutamente innamorata del figliastro, suicidandosi a causa del il suo rifiuto. Se spostiamo l’attenzione da Fedra a Ippolito, comprendiamo come sia stato proprio il suo odio verso le donne in generale a dare avvio all’intera vicenda, poiché Afrodite è una divinità preposta all’accettazione di sé e, di conseguenza, al riconoscimento dell’altro. Negando la propria natura di uomo, Ippolito nega la propria natura di principe e la responsabilità del suo ruolo. Cercando di essere un eterno ragazzino egli rifiuta il regno, destinandolo al collasso in quella che è la tragedia euripidea.
Oggi come oggi siamo un po’ tutti Ippolito
Crescere fa paura, la responsabilità è qualcosa che viene vissuta con timore, più che coscienza. ‘Accettazione’ è una parola che si usa in molti modi diversi e bellissimi, tuttavia spesso ci troviamo a tentennare quando la vita ci pone davanti a situazioni dove è davvero necessario andare al fondo del termine e del suo significato: accettare significa impegno, significa prendersi carico, responsabilizzarsi. Dolcemente, oggi come ai tempi di Ippolito, accettarsi significa ‘diventare grandi’.
Si dice che un saggio sia un’opera per accademici, eppure io lo dedico a chi, come me, è diventato grande e ha tentennato, come i miei antieroi.
Sulla soglia è un saggio ma è anche un momento personale, è un rito di passaggio che voglio condividere con la comunità perché è importante sapere che da grandi la vita piomba addosso, senza chiedere il permesso. È importante sapere che spesso si è soli a casa, si scalda la cena alla paura del futuro. Ci si chiede che tipo di persona si è diventata e se soddisfa, se le scelte da fare e quelle fatte siano giuste.
Da grande ti guardi intorno e realizzi dopo questa soglia ce ne sono molte altre da varcare e che questo intimidisce, ma anche che sei l’unico eroe della tua vita e allora devi farti coraggio, dialogare con le responsabilità e scegliere di diventare grande, prendendo i cocci e facendone qualcosa di nuovo.