Un’altra dimostrazione da parte dell’ex segretaria del Partito Radicale, che continua la propria battaglia per favorire l’accesso alla cannabis medica.
Basterebbe citare le tante testimonianze scientifiche, tutte orientate a stabilire il ruolo importante della cannabis in campo medico, per capire il perché di questa protesta. Prosegue senza sosta la lunga serie di azioni dimostrative in favore della cannabis terapeutica. Nelle ultime settimane si sono moltiplicate e sono tutte di matrice Radicale.
Sono tantissimi ad oggi i pazienti che si curano con la marijuana terapeutica, traendone un effettivo giovamento per la propria patologia. Soprattutto per quanto riguarda la presenza di dolori cronici, dovuti a malattie anche gravi come tumori e Sclerosi Multipla.
In Italia l’accesso alla cannabis medica è previsto da 10 anni, da quando sono state legalizzate le cure con farmaci a base di cannabinoidi. Ma poi nel concreto, riuscire effettivamente a giovarsi di tali terapie resta un percorso ad ostacoli.
Questo il motivo della protesta, l’ultima in ordine di tempo, di Rita Bernardini, membro della presidenza dei Radicali e da sempre schierata accanto ai pazienti che chiedono maggiori tutele. Uno sciopero della fame dovuto al mancato accesso a terapie di questo genere per pazienti che si curano con la cannabis.
La motivazione sarebbe da rintracciarsi nella scomparsa dal mercato del principale farmaco a base di cannabis, importato ad oggi dall’Olanda, che utilizzano i pazienti: il Bediol. Una denuncia segnalata anche dalla associazione LapianTiamo, da sempre attiva per garantire l’accesso alle cure con la cannabis, e secondo la quale questo farmaco potrebbe scomparire del tutto dal mercato italiano a partire dal prossimo ottobre, gettando nel panico migliaia di pazienti che lo assumono.
Qualora dovesse essere confermato, si tratterebbe ovviamente di un enorme problema che andrebbe a riguardare tutti quelle persone che ad oggi si sottopongono all’iter, anche piuttosto lungo ed estenuante, di importazione del medicinale. Non a caso proprio su questo tema, Rita Bernardini ha voluto ancora una volta sottolineare l’opportunità di pensare, per l’Italia, ad una legge tesa a consentire l’auto coltivazione per fini terapeutici a tutti i pazienti che ne facciano regolare utilizzo. Anche per evitare di doversi rifornire sul mercato criminale.
Un argomento delicato, quest’ultimo, da inserirsi nell’ottica di una liberalizzazione più ampia che riguarderebbe l’uso personale, come di recente ha evidenziato il procuratore antimafia Roberti, ponendo l’accento sui potenziali vantaggi di una legalizzazione proprio in termini di colpo da infliggere al business della criminalità organizzata.
Restando solo sull’aspetto terapeutico, che è nello specifico il motivo della protesta di Rita Bernardini, si parlerebbe di un qualcosa di più grave, visto che la legge esiste dal 2007; ma nonostante ciò l’accesso ai farmaci a base di cannabinoidi rimane ad oggi tremendamente complicato.
A fronte di tutto questo l’ex segretaria del Partito Radicale ha voluto evidenziare come continuerà nella sua personale battaglia di disobbedienza con l’auto coltivazione, sul proprio terrazzo, di cannabis da donare poi a chi ne fa uso medico.
Un tira e molla che potrebbe continuare a lungo, almeno fino a quando l’Italia non avrà una legge chiara e inclusiva su questo tema.