Sulla pagina Facebook dell’associazione Acca Larenzia è comparsa la consueta chiamata per l’adunata del 7 gennaio, un evento che ogni anno raduna centinaia di militanti dell’ultradestra davanti alla vecchia sede dell’MSI, in via Acca Larenzia a Roma. Le immagini inquietanti di saluti romani e cori fascisti sono però sempre più diffuse nel nostro Paese e avvengono in un clima di impunità o, per lo meno, di sempre maggiore tolleranza.
Acca Larenzia: adunata fascista il 7 gennaio
Il post pubblicato sui social presenta un’iconografia inequivocabile, tipica di gruppi e associazioni i matrice fascista: il nero è il colore dominante, accompagnato da immagini di fiaccole, fiamme stilizzate e figure di soldati romani. Al centro, in lettere capitali, campeggia la parola “presente”, espressione rituale utilizzata “in onore di tutti i caduti” che tutti i camerati, come si definiscono gli stessi militanti, urlano in coro mentre eseguono il saluto romano col braccio teso. La chiamata, la cui locandina è rimbalzata immediatamente su canali social e Telegram dei vari partiti e dei sostenitori dell’estrema destra, è per il 7 gennaio in via Acca Larenzia a Roma, davanti all’oramai ex sede dell’MSI, il Movimento Sociale Italiano, partito politico fondato il 26 dicembre 1946 da Arturo Michelini che riuniva i veterani della Repubblica di Salò. Ad oggi, lo stabile di via Acca Larenzia, è in mano a un’associazione vicina a CasaPound, acquistata per circa 68mila euro. Di questi, circa 30mila arriverebbero dalla cassaforte di Fratelli d’Italia, partito di maggioranza, fatto che dovrebbe destare più di qualche dubbio e protesta e che sottolinea il legame tra Acca Laurenzia e alcuni esponenti del governo.
L’adunanza si terrà evidentemente anche quest’anno, nonostante le indagini avviate dalla procura di Roma sull’ultima commemorazione, lo scorso 7 gennaio 2024.
È ormai da oltre vent’anni che i militanti neofascisti italiani si radunano ad Acca Larenzia per commemorare la morte di Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, tre militanti del Fronte della Gioventù uccisi da militanti dell’estrema sinistra proprio davanti alla sede del MSI il 7 gennaio del 1978 (il terzo morirà in realtà qualche ora dopo l’agguato in alcuni scontri con la polizia).
Dagli anni 2000, questa commemorazione è divenuta uno dei riti più significativi per l’estrema destra italiana, un momento solenne in cui si riafferma l’identità fascista attraverso celebrazioni ritualizzate che, viste dall’esterno, appaiono inquietanti.
Di Acca Larenzia si è parlato quest’anno più che in passato, anche a causa del dibattito suscitato dal libro Dalla stessa parte mi troverai di Valentina Mira, candidato al Premio Strega 2024. Il libro narra degli avvenimenti di Acca Larenzia e in particolare dell’amore tra Rossella e Mario Scrocca, militante di sinistra morto in carcere in circostanze mai chiarite dopo essere stato arrestato come uno dei possibili responsabili degli omicidi di Acca Larenzia. Il libro era stato ovviamente immediatamente accusato di revisionismo da parte della destra italiana, accuse cui l’autrice aveva così risposto:
«Mi accusano di revisionismo, di non avere pietà per le vittime di Acca Larenzia, ma fanno una confusione strumentale dimostrando di non conoscere le mie pagine: i ragazzi che morirono in quegli anni terribili erano tutti vittime, spesso non avevano neppure il libero arbitrio di decidere il proprio destino. L’ho scritto e lo ripeto. Diverse invece sono le commemorazioni con i saluti romani e le croci celtiche. Quelli proprio non posso giustificarli, perché io sono e resto antifascista».
Le accuse, tra l’altro mal informate e assolutamente ingiustificate, non dovrebbero forse stupire, considerando l’ambienti da cui sono provenute. Non va infatti dimenticato che l’attuale premier, Giorgia Meloni, partecipò all’adunanza di Acca Larenzia nel 2009, quando era ministro nel governo Berlusconi.
Le immagini del raduno del 2024 hanno però fatto il giro del mondo, con maggiore risonanza rispetto agli anni precedenti. I video dall’alto, diffusi online, sono effettivamente estremamente allarmanti e non stupisce che abbiano colpito profondamente anche l’opinione pubblica estera: una folla di persone vestite di nero, disposte in linee militaresche in un rituale sfacciatamente fascista, senza alcun tipo di vergogna, tricolore sventolante. Inquietudine, forse la reazione più istintiva. Sgomento al pensiero che questo tipo di manifestazioni possano svolgersi nel 2024, in Italia, nella capitale, senza alcuna condanna ufficiale da parte del governo italiano. In seguito all’adunata era stata aperta un’indagine, conclusasi la scorsa settimana con l’individuazione di 31 militanti di CasaPound che potrebbero finire a giudizio per i saluti romani effettuati durante l’adunata di Acca Larenzia.
Saluti romani e cori fascisti: l’apologia di fascismo in un clima di maggiore tolleranza
Acca Larenzia rappresenta forse il principale evento in cui militanti fascisti esprimono la propria ideologia ricorrendo a simbologie che in Italia, in linea teorica, sarebbero illegali (e quindi da perseguire). Purtroppo, nel nostro Paese, cori fascisti e saluti romani si verificano con preoccupante frequenza, e due eventi di questo tipo si sono verificati solo nell’ultima settimana.
Il primo è avvenuto durante una partita di calcio tra Juve Stabia e Cesena, quando alcuni tifosi della curva hanno esultato per un gol di Romano Floriani Mussolini, pronipote del Duce, accompagnando la celebrazione con saluti romani rivolti al giocatore. La Federazione Italiana Giuoco Calcio ha aperto un’indagine sull’accaduto, anche se purtroppo simili gesti non sono una novità nelle curve di molte squadre italiane.
ll secondo episodio risale alla notte di Natale: varie testate giornalistiche hanno ieri pubblicato alcuni video che mostrano varie persone intonare Faccetta Nera accompagnando il canto con saluti romani in piazza a Lauria Inferiore, paese in provincia di Potenza, Basilicata. Immediata la reazione della Rete degli studenti medi Basilicata. Il sindacato studentesco, che ha chiesto anche accertamenti per apologia di fascismo, ha infatti scritto sulle pagine social:
«In uno dei luoghi più affollati del paese, a fare da sottofondo alla serata, come se nulla fosse, c’era Faccetta nera, cantata e accompagnata da saluti romani. Questo comportamento non può essere ignorato, né liquidato come un semplice scherzo o un atto di goliardia, come in molti descrivono, poiché richiama simboli e pratiche legati a un passato di oppressione, odio e discriminazione».
La chiave di tutto il ragionamento sta in quel come se nulla fosse immediatamente sottolineato dagli Rete studenti medi. Com’è possibile che in Italia atti di apologia di fascismo siano accettati e tollerati dall’opinione pubblica? Com’è possibile che non arrivino chiare condanne da parte degli esponenti del governo? E con chiare non si intende dichiarazioni torbide che girano attorno al problema, si intende una limpida condanna in cui venga detto chiaramente che l’apologia di fascismo in Italia è reato e che ogni manifestazione di questo tipo deve essere perseguita e biasimata da tutta la cittadinanza. E invece, la sensazione che passa, è quella di derubricare tali atti fascisti al livello di goliardie, bravate, atti che vengono sempre più giustificati e che fino a qualche anno fa non sarebbero avvenuti nello stesso clima di tolleranza.
L’apologia di fascismo, in Italia, dovrebbe essere infatti vietata. Nell’articolo 4 della legge Scelba si legge
«Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell’articolo 1 è punto con la reclusione da sei mesi a due anni».
Troppe volte, però, la portata di tale legge è stata ridimensionata, portando a mancate condanne di tante manifestazioni non riconosciute come apologia di fascismo.
Ragionamenti attorno alla normalizzazione
Il libro di Valentina Mira si apre con un’immagine forte. Un fatto che tutti possiamo andare a controllare. Un fatto, quindi, che non può essere accusato di revisionismo. Se si apre Google Maps e si zooma su via Acca Larenzia a Roma, si vedrà, chiaramente, un’enorme croce celtica disegnata in nero nel parcheggio antistante all’ex sede dell’MSI.
«Lancio un’ultima occhiata alla croce celtica dipinta di nero nel cuore del mio quartiere. D’un tratto, mi sembra che lo ferisca». Una ferita, così vede Valentina Mira la nera croce celtica. Una grande cicatrice, un segno che ferisce il quartiere romano dove si trova via Acca Larenzia. E forse non ferisce solo quello. O almeno, non dovrebbe. Perché una grande croce celtica nei pressi della quale ogni anno si radunano centinaia di neofascisti sfilando con le braccia tese dovrebbe ferire l’Italia intera e le coscienze di tutti noi. Non bisogna normalizzare questi atti. Non bisogna accettarli, in alcuna forma, in nessuno contesto. Il fascismo è un reato, è un male che già una volta ha attecchito nella società italiana, e che ora sembra stia ricomparendo in altre forme, forme derubricate e delegittimate con frasi come “figurati se quello è fascismo!”. Eppure, è così che tutto inizia. Sminuendo, ironizzando, normalizzando. E infine, dimenticandosi. Dimenticandosi di ciò che è successo, dimenticandosi di condannare. E quando ce ne si rende conto, è spesso troppo tardi.