Bambini e bambine vessate, tormentate, umiliate. Ragazze e ragazzi insultati, pressati e malmenati. E’ il paradossale sfondo delle violenze e abusi nello sport. Un fenomeno che aumenta sempre più e allontana migliaia di ragazzi dai loro sogni, che improvvisamente si trasformano in incubi, spesso traumatizzanti.
I benefici delle attività sportive sui bambini, specialmente se di squadra, sono molteplici. Aiutano a rasserenarli sfogando la pressione sociale e scolastica che li attanaglia, accrescono la loro fiducia con l’altro attraverso un’intensa attività di socializzazione e interazione. In generale permettono di vivere una vita più sana, con più motivazione e solidità fisica.
Ma per soddisfare queste caratteristiche, non basta purtroppo vedere solo il lato fiorente e luccicante della medaglia, che fortunatamente si compone di figure professionali incredibilmente valide che riescono a costruire un percorso di vita, oltre che sportivo, alle giovani promesse. Spesso bisogna fare i conti anche con altre realtà, che invece di gratificare e motivare, tormentano, vessano, umiliano, distruggono.
L’intensità degli abusi nello sport cresce
Le denunce relative al fenomeno purtroppo sono in vertiginoso aumento. A volte i casi di abuso iniziano subito dopo l’iscrizione alle attività, altre volte invece progrediscono con il passare del tempo, approfittando della permanenza prolungata dei ragazzi. Sono disposti a dare tutto agli allenatori e alle allenatrici, ma è proprio questa disposizione alla confidenza anche più intima che li tradisce. Diventa un pretesto, un mezzo utilizzato da molti professionisti per umiliarli.
Secondo la Federazione internazionale “Terre des Hommes“, che da anni si occupa della difesa dei diritti dei più piccoli, “Gli abusi nello sport sulle bambine e sui bambini sono un’emergenza globale e un problema di cui anche in Italia finalmente si parla e discute all’interno delle istituzioni, delle federazioni, dei contesti sportivi. Parlarne è il primo passo che può condurre a nuove politiche sportive che mettano al centro i minori per una svolta etica di sistema”.
Uno studio finanziato e sostenuto dal programma Erasmus dell’UE, condotto in sei paesi europei (Gran Bretagna, Romania, Belgio, Germania, Spagna e Austria) ha tentato di approfondire le casistiche relative al fenomeno degli abusi nello sport, ottenendo un risultato impressionante: su circa 10.000 ragazzi e ragazze tra i 18 e 30 anni, il 75% ha affermato di aver vissuto almeno una volta episodi di violenza fisica o emotiva. In rapporto a questa percentuale, la violenza emotiva è quella più diffusa, con il 44%, quella fisica con il 37%.
Il panorama italiano
L’Italia non fa eccezione rispetto ai paesi coinvolti nello studio. Le cronache nazionali, soprattutto nell’ultimo anno, sono state inondate di notizie relative a violenze e abusi nello sport e le denunce dei giovanissimi sono in costante aumento. L’ultimo caso quello di un allenatore di basket perugino di 55 anni, arrestato la notte del 7 febbraio a Roma con la pesante accusa della violenza sessuale aggravata e continuata ai danni di un ragazzo minorenne, approfittando del suo ruolo di coach per alcune squadre giovanili. Non è la prima volta che l’allenatore viene accusato di violenze: anche nel 2018 era già stato condannato per aver molestato alcuni ragazzini.
Nella quasi totalità dei casi, i professionisti coinvolti nelle denunce sono recidivi. Un circolo vizioso dettato spesso da una bassissima autostima, come spiega l’allenatrice azzurra di ginnastica artistica Irene Castelli, che ha partecipato ai Giochi di Sidney 2000:
Ho sbagliato sapendo di sbagliare. Ho sbagliato perché alla fine della mia carriera di atleta avevo l’autostima sotto i piedi ed ero traumatizzata nel corpo e nella mente. Così, quando ho iniziato ad allenare, ero troppo aggressiva (ma mai violenta) con le allieve perché mancavo di empatia: se non ho fatto loro del male è solo perché ho realizzato la situazione e ho trovato una psicologa che mi ha guarito. Ora tutto è cambiato grazie al lavoro che ho fatto su me stessa. Alle colleghe dico: cercate aiuto all’esterno, accettatelo perché il rischio di provocare traumi e dolore nelle vostre bambine è forte
Un altro allenatore che ha deciso di diffondere la sua testimonianza, questa volta riferendosi a dei colleghi, raccontando al corriere:
Una mia atleta promettente ma esuberante veniva umiliata davanti a tutti dal capo allenatore che la costringeva a decine di trazioni punitive alla fune. Un giorno lei, per la vergogna e lo sfinimento, si fece la pipì addosso: lui si trattenne dal darle uno schiaffo dicendo che le faceva schifo
Nelle casistiche spesso sono stati riscontrati fenomeni di body shaming, privazioni alimentari e percosse. E non è solo il mondo della ginnastica artistica o del basket a esserne interessato, ma anche il mondo dello sci alpino. Un istruttore nazionale di 29 anni è stato accusato da due giovani future maestre di sci di aver abusato di loro.
Nel dispositivo della Corte federale d’appello della Federazione italiana sport invernali (Fisi) presieduta da Daniele Portinaro, si legge che il ventinovenne chiedeva alle giovani “insistenti prestazioni sessuali, rivolgendo frasi volgari e inopportune e toccandole fisicamente in modo pervasivo e insistito, in un modo non connesso allo svolgimento del suo compito”. Adesso è stato sospeso per circa un anno dalle attività.
Le azioni a difesa degli abusi
In prospettiva sociale, è doveroso attuare campagne di sensibilizzazione al problema, molto spesso diffuso ma profondo, inascoltato.
In prospettiva giuridica, arrivano i primi protocolli d’intesa, come quello annunciato dalla procuratrice aggiunta di Milano Letizia Mannella: una collaborazione tra Procura di Milano, Coni e Procura Generale dello sport nata per tutelare le vittime di violenza sportiva: «Da oggi il codice rosso entra in pieno nel mondo dello sport». Questo protocollo, permette uno scambio di informazioni tra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, in modo tale da rendere più veloci i procedimenti e rendere subito giustizia ai giovanissimi abusati, ma anche agli istruttori accusati ingiustamente, che rappresentano quella faccia lucente e necessaria della medaglia.
L’esempio del protocollo d’intesa della procuratrice aggiunta, deve essere intrapreso anche dalle altre procure d’Italia. Bisogna rafforzare la tutela nei confronti degli abusi nello sport.