Sessismo sistematico, discriminazione istituzionalizzata, abusi: un’inchiesta di Mediapart e StreetPress fa luce sui retroscena di numerosi ristoranti McDonald’s in Francia.
L’inchiesta che racconta gli abusi da McDonald’s
Nel corso di una ricerca durata mesi, Mediapart e StreetPress hanno intervistato 38 persone, dipendenti ed ex dipendenti del gigante americano degli hamburger. A queste si aggiungono le 40 testimonianze raccolte dalla ONG React e dal collettivo McDroits, nato per combattere “il sessismo, il razzismo, l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia” di McDonald’s.
I racconti descrivono una realtà in cui la discriminazione, gli insulti razzisti, gli abusi psicologici e le aggressioni sessuali fanno parte del sistema. Un mondo dove chi denuncia viene messo alla porta.
Manager dei ristoranti e colleghi approfittano spesso della giovane età e della precarietà dei dipendenti. Forti di questa loro posizione, non si risparmiano battute sul fisico, proposte a sfondo sessuale e atteggiamenti fuori luogo pesanti da sopportare e che hanno severe conseguenze sulla salute di chi ne è il bersaglio.
Come riporta StreetPress, delle 38 persone intervistate “37 hanno subito molestie sessuali (48,7%), 32 hanno sopportato abusi psicologici (43,6%) che, in molte occasioni, sono all’origine di casi di depressione. 9 raccontano fatti che sono catalogabili come aggressioni sessuali (12,8%)”.
I dipendenti di McDonald’s sono vittime di molestie e commenti osceni
Secondo numerose testimonianze, la cultura sessista e razzista dell’azienda si nota già nell’organizzazione del lavoro: “Se sei una ragazza bianca lavori in cassa. Se sei un ragazzo e di colore, lavori in cucina”, afferma una dipendente.
Una ragazza riferisce di essere stata assunta per le dimensioni del suo seno, come le è stato spiegato senza mezzi termini dal suo manager.
Alcune impiegate di un McDonald’s nella regione di Parigi raccontano che il manager spesso le sfiorava di proposito, indugiando su seno e glutei. Le testimonianze trovano riscontro anche nelle parole di un collega uomo.
Delphine, nome di fantasia, assunta presso un McDonald’s del dipartimento di Yvelines, è stata a lungo oggetto delle attenzioni “malate” e delle proposte sempre più spinte di un collega sessantenne. La ragazza ricorda che il collega ben presto iniziò a molestarla, arrivando fino al punto di toccarsi i genitali attraverso i pantaloni mentre le rivolgeva commenti osceni.
Shehérazade al McDonald’s di Lyon ha resistito solo un mese. L’ultimo giorno di lavoro un collega e il manager le hanno tirato addosso del ketchup, prendendosi gioco di lei: “il ketchup sta bene con il tuo rossetto da puttana”.
Provoca rabbia anche la cattiveria gratuita di cui è vittima Ana, una ragazza trans a cui il manager e i colleghi si rivolgono utilizzando il nome maschile che aveva prima di intraprendere il percorso di transizione.
La violenza verbale diventa a volte violenza fisica
Nel 2016, un’altra impiegata è stata costretta dal suo manager a toccargli il pene. L’episodio sarebbe all’origine della sua depressione.
La storia che racconta Laure a Mediapart lascia senza parole. Nel 2018, all’età di 21 anni, è stata assunta da un McDonald’s nella regione di Parigi. In occasione di una serata tra colleghi, si ritrova sola con il suo manager, che le rivolge attenzioni pesanti. “Ho paura che si vendicherà per il mio rifiuto, ma gli dico di smetterla, che non voglio” racconta. “Poi mi si mette dietro. Mi abbassa le mutandine e inizia a toccarmi, senza il mio consenso. Ero pietrificata. Io non volevo ma non riuscivo a parlare”. La giovane confida l’accaduto prima alle colleghe, poi al direttore, ma tutto quello che ottiene sono solo le ridicole scuse del suo manager. “Scusa se ti ho violentato” le dice. Le viene anche offerto di cambiare ristorante qualora la situazione dovesse risultarle scomoda.
A far paura è la relativa impunità con cui agiscono questi aguzzini, contro i quali nella maggior parte dei casi non viene preso nessun tipo di provvedimento. Le gerarchie dell’azienda non proteggono i loro impiegati. E quello che resta è solo omertà, di chi vede e sente ma non parla, e delle vittime, che non denunciano e preferiscono rimanere anonime.
In seguito alla pubblicazione dell’inchiesta, McDonald’s Francia si è limitata a commentare che “condanna fermamente ogni comportamento sessista, ogni comportamento che possa considerarsi una minaccia alla dignità delle persone in quanto degradante o umiliante e ogni comportamento che crea situazioni intimidatorie, umilianti e offensive”.
Abusi da McDonald’s, una storia che si ripete
Nonostante la condanna rivolta a questo tipo di atteggiamento, non è la prima volta che l’azienda è sotto accusa. Abusi, violenze e commenti volgari sembrano far parte della cultura di McDonald’s. A maggio 2020 una coalizione internazionale di sindacati ha presentato denuncia all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), accusando la catena di fast food di “molestie sessuali sistematiche” nei suoi ristoranti in diverse parti del mondo.
Sebbene McDonald’s affermi il suo impegno “nel creare un ambiente lavorativo in cui gli impiegati si sentano sicuri e rispettati”, è evidente che le azioni sinora adottate per combattere questi abusi non sono né sufficienti né efficaci.
Camilla Aldini