Il percorso per proporre un referendum volto all’abolizione della legge sull’autonomia differenziata, approvata dalla maggioranza di destra il 19 giugno scorso, è stato avviato formalmente lo scorso venerdì. Con 36 voti favorevoli, 9 contrari e un astenuto, è passata nel Consiglio Regionale campano la richiesta di abrogazione dell’autonomia differenziata. Sebbene siamo ancora in una fase preliminare, con diversi mesi necessari per determinare se il referendum avrà luogo, questa iniziativa ha portato alla luce un interessante dato politico: l’opposizione all’autonomia differenziata è uno dei pochi temi su cui tutti i partiti di opposizione si trovano d’accordo.
Nonostante la proposta sia stata formalmente approvata dalla Regione Campania, il testo dovrebbe essere un punto di convergenza anche con le regioni dell’Emilia-Romagna, Sardegna, Toscana e Puglia.
L’opposizione unita: la richiesta di abrogazione dell’autonomia differenziata
“Ricreiamo uno spirito di difesa dell’unità d’Italia”, così avrebbe detto il Presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, nel richiedere l’abrogazione dell’autonomia differenziata, tramite referendum. La Regione infatti è stata la prima in Italia ad avanzare questa richiesta. Nella tarda serata di ieri, sono stati rese pubbliche le decisioni del Consiglio Regionale: con 36 voti favorevoli – gruppo misto, maggioranza di centrosinistra e M5S -, 9 voti contrari – da parte del centrodestra – e un astenuto – un membro di Azione -, è stata deliberata la richiesta ufficiale per chiedere l’indizione del referendum abrogativo dell’Autonomia differenziata.
Secondo la legge italiana, il referendum abrogativo è una modalità di partecipazione politica alle norme italiane che può essere richiesto, ai sensi dell’articolo 75 della Costituzione, da 500mila cittadini oppure da cinque Consigli regionali. Per abrogare, e quindi cancellare definitivamente la riforma sull’autonomia differenziata – nota anche come riforma Calderoli – servirebbero altre quattro Regioni. In questo caso, già i Consigli Regionali di Emilia-Romagna, Sardegna, Puglia e Toscana dovrebbero aderire alla proposta di abrogazione dell’autonomia differenziata. Nelle prossime ore di quest’oggi sono infatti previste le assemblee regionali delle medesime regioni.
La legge in questione è quella che si riferisce alla recente legge, approvata il 26 giugno 2024, sul regionalismo differenziato per quanto riguarda le regioni italiane che non godono di statuto speciale. La legge sull’autonomia differenziata consente alle regioni di richiedere al governo funzioni finora gestite dallo Stato centrale. In particolare, la richiesta di abrogazione dell’autonomia differenziata, che sarà depositata oggi dal Presidente del Consiglio regionale della Campania Gennaro Oliviero, si concentra su alcuni commi della legge stessa. La materia più preoccupante è infatti quella che riguarda i Lep – livelli essenziali di prestazione – della legge stessa, la n. 86, agli articoli 1,2,3,4.
Un fronte politico inedito
L’unità dell’opposizione sul tema dell’abrogazione dell’autonomia differenziata è politicamente rilevante e rappresenta un raro esempio di coesione tra i partiti di opposizione. Come ha dichiarato lo stesso De Luca, “la riforma del Titolo V – della Costituzione – è stato un errore drammatico, che ha creato un precedente e l’attuale governo ripete quell’errore”. Nell’Aula del Consiglio Regionale si è svolto infatti un ampio dibattito, in cui anche i partiti di centrodestra hanno avuto modo di esprimersi. Molte sono state le accuse di aumentare e rafforzare il campo largo, ricordando sempre che l’inizio dell’autonomia differenziata è stata su input della sinistra nei primi anni 2000.
L’unità dell’opposizione è enfatizzata dal Partito Democratico. Schlein mira a federare una vasta alleanza di forze progressiste e riformiste, come dimostrato dai recenti colloqui con esponenti del centro come Matteo Renzi e Carlo Calenda. Marco Sarracino, deputato e responsabile del Sud nella segreteria di Schlein, ha sottolineato l’importanza di questa unità politica.
Nel suo intervento all’aula del Consiglio Regionale, De Luca ha esortato il corpo politico a non “abbandonare le bandiere di partito”, e di mantenersi fermi sulla richiesta di abrogazione dell’autonomia differenziata. Si è riconosciuto, in quanto opposizione nel Paese, altrettanto “corresponsabile di alcune scelte fatte in maniera non responsabile per l’Italia e per i rapporti parlamentari”. Con la presentazione di questa richiesta, De Luca si è dimostrato e detto fortemente speranzoso nella possibilità di trovare dei “canali di dialogo responsabili e di trovare l’unità in Italia”.
Gli ostacoli costituzionali e procedurali
La riforma sull’autonomia differenziata è stata promossa dalla Lega di Matteo Salvini e dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli. Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, ha tentato di limitare alcuni aspetti della riforma. Per un referendum abrogativo è necessario che voti più della metà degli elettori, ovvero circa 25,6 milioni di persone. Questo rappresenta una sfida considerevole, considerando l’affluenza del 48,3% alle recenti elezioni europee.
Prima del referendum, Cassazione e Corte Costituzionale dovranno valutare l’ammissibilità del quesito, tenendo conto della correttezza formale e degli effetti dell’abrogazione della legge. La riforma di Calderoli è un testo complesso, con numerosi riferimenti ad altre leggi, il che rende queste valutazioni cruciali. Inoltre, la Costituzione proibisce referendum su leggi tributarie e di bilancio, complicando ulteriormente il percorso. Il problema che è sorto è che la riforma Calderoli è fortemente legata a quella di Bilancio, dunque potrebbe essere identificata come una di quelle leggi intoccabili.
Le cinque Regioni, capitanate dal centro-sinistra, si sono già riunite in una riunione tecnica, ancor prima della finale votazione della Campania. Le quattro regioni al fianco di quest’ultima infatti sono già pronte a proporre un duplice quesito per l’abrogazione dell’autonomia differenziata, che sia in forma parziale o totale del testo di legge stesso. Oltre alla resistenza delle cinque regioni, si sono unite anche le forze politiche sindacali.
La riforma nel contesto politico
La riforma di Calderoli è un chiaro problema di disuguaglianza, più sostanziale che formale, che l’Italia porta con sé da anni, e che ha fatto nascere anche pericolosi spiriti di secessione e indipendenza regionale. La Riforma del Titolo V, approvata dal centro-sinistra, ha ampliato ancora di più questo divario territoriale, con una sempre più netta mancanza di istituzioni, servizi e beni di prima necessità in quelli che – in maniera quantomai classista – sono i “paesi del Sud”. Ossimorico, ma neanche tanto se pensiamo da chi la legge è stata partorita, è quindi la volontà di infierire sulle disuguaglianze e sottolineare così sempre di più la povertà meridionale e il benessere settentrionale.
Il 2025 potrebbe vedere numerosi referendum, inclusi quelli della CGIL contro il Jobs Act e per il lavoro dignitoso, e quello sull’abrogazione dell’autonomia differenziata. L’obiettivo finale di cancellare la riforma sull’autonomia resta comunque una sfida ardua per il PD e il comitato promotore.