L’aborto, illegale, viene parzialmente depenalizzato in pochi casi particolari. Al prossimo governo, l’onere di scrivere la legge
C’è fermento a San Marino. Un fermento nazional popolare che scuote un po’ tutti, tipo test di prova prima delle elezioni previste per il 20 novembre prossimo. Due giorni fa il Consiglio Grande e Generale (il Parlamento) di San Marino ha approvato tre Istanze d’Arengo (proposte di legge di iniziativa popolare) su 5, riguardanti la depenalizzazione dell’aborto. Avete letto bene: depenalizzazione. Perché l’aborto a San Marino viene punito con la reclusione fino a tre anni. Gli articoli 153 e 154 del codice penale sammarinese condannano la donna che non vuole portare a termine la gravidanza e chi la sostiene o opera materialmente l’aborto.
Questo significa che a San Marino è tutto un tripudio di passeggini? Niente affatto. Significa che San Marino ha, tra famiglie ridenti e serenissima atmosfera, un discreto traffico di donne che non vogliono la maternità e varcano i confini per affidarsi al diritto all’anonimato garantito in Italia (con buona pace della ministra Lorenzin), che le renderebbe scarsamente o per nulla perseguibili in patria. L’unico caso in cui l’aborto non è contemplato come reato, almeno finora, è quello in cui la vita della donna è a repentaglio.
A dare parere favorevole alle istanze d’Arengo, l’ala democratica e quella socialista, mentre ad opporsi l’area cristiano democratica. Quali sono esattamente le istanze approvate? Quelle che prevedono l’interruzione di gravidanza in caso di gravi rischi per la salute della madre; in caso di violenza sessuale e in caso di gravi patologie o malformazioni del nascituro. Le due istanze respinte riguardano invece le donne emarginate o in gravi condizioni sociali e le minorenni. Su almeno uno di questi due punti, bisogna dire che il Consiglio Grande e Generale, nella stessa giornata, ha approvato anche l’ordine del giorno del Movimento dei Democratici di Centro – la versione sammarinese della Democrazia Cristiana – che obbliga il governo ad aggiornare la normativa vigente in materia, con la tutela della vita sin dal concepimento come punto di partenza. Non solo, è prevista pure la modifica della normativa “a maggior sostegno delle famiglie e delle madri in gravidanza anticipando l’erogazione dell’assegno famigliare al momento dell’accertamento della gestazione e corrispondendo un assegno di mantenimento in caso i cui versino senza sufficienti mezzi economici” (fonte: http://www.libertas.sm/).
Inevitabile, c’è fermento. Femminile soprattutto, anche se la meta della maternità come scelta appare lontana, persino inarrivabile. Ma Valentina Muratori, assieme alle altre istanti – come si legge su Rtv San Marino – non si arrende e promette di presentare altre istanze d’Arengo in tema (e c’è già chi parla di referendum). Non ha tardato la risposta delle associazioni laicali della diocesi di San Marino – Montefeltro, che attraverso un comunicato ha ribadito – non senza rammarico – quanto l’approvazione delle istanze si allontani dall’identità sammarinese, “la speranza era di celebrare un salto in avanti verso una forma di civiltà più alta e più rispettosa della identità di San Marino, piuttosto che l’omologazione a modelli imposti da altri Stati”. L’obiettivo, sottolinea il comunicato, è la riaffermazione della “cultura della vita” alternativa alla “cultura dello scarto”. La Repubblica di San Marino, Città del Vaticano, Lussemburgo, Malta e Irlanda sono gli unici luoghi in Europa in cui ancora oggi interrompere una gravidanza è illegale.
Sarà un caso, il fatto che si contino sulle dita di una mano?
Alessandra Maria