L’aborto farmacologico potrà essere eseguito anche senza ricovero
Secondo le parole del Ministro Speranza, mezz’ora dopo l’assunzione della pillola RU486, le donne potranno uscire dall’ospedale. Questa l’importante novità contenuta nelle linee guida emanate dal Ministero della Salute, dopo aver ottenuto parere favorevole dal Consiglio Superiore di Sanità. Il Ministro si era rivolto al Consiglio in seguito alla cancellazione della delibera che consentiva l’aborto farmacologico senza ricovero, approvata dalla presidente leghista Tesei in Umbria.
Sono molti i tentativi che, anche in tempi recenti, hanno cercato di minare quanto finora ottenuto per assicurare alle donne la protezione necessaria in materia.
Ancora oggi, troppo spesso, il parere di medici e ginecologi obiettori si pone come un ostacolo alla pratica abortiva, in particolare quella farmacologica. Allo stesso modo, procedure troppo lunghe e poco discrete finiscono per dissuadere la donna dalla scelta che avrebbe voluto prendere. Seppur introdotto nel 2009, l’aborto farmacologico resta tuttora poco praticato rispetto all’aborto chirurgico. Quest’ultima pratica risulta più invasiva e, come sottolineato dal Consiglio Superiore di Sanità, più impegnativa dal punto di vista economico.
Aborto farmacologico, nessuna obiezione
Niente più ricovero di tre giorni, così come era stato consigliato nelle linee guida del Ministero formulate nel 2010. Linee guida che lasciavano scelta alle Regioni e che, come emerso dall’ultimo provvedimento approvato in Umbria, era assolutamente necessario riscrivere. Da ora l’interruzione di gravidanza potrà essere eseguita in day hospital. Presto, inoltre, sarà possibile assumere la pillola RU486 fino alla nona settimana di gestazione e non solo entro la settima come finora disciplinato.
Nelle direttive è presente ogni dettaglio del percorso riservato al supporto psicologico e fisico necessario alle interessate. Un primo incontro in ambulatorio o consultorio, strutture adeguate con personale dedicato al benessere della paziente durante la somministrazione del farmaco.
Una conquista per le donne, un passo avanti nel pieno rispetto dell’attuazione della Legge 194
Una conquista che come tale è conseguenza di numerose battaglie. Lotte che si susseguono da ormai mezzo secolo. Negli anni settanta interrompere una gravidanza era un reato punibile con la reclusione. I primi a battersi per l’abrogazione del reato di aborto furono i Radicali, che da allora non hanno mai abbandonato la causa. Basti pensare a nomi come Emma Bonino che dagli inizi della sua carriera politica ha messo la sua esperienza personale in campo per aiutare le donne a conquistare questo diritto, prendendosi il rischio di andare contro la legge. La stessa Bonino, nel 1975 è stata arrestata volontariamente, così come la compagna attivista Adele Faccio. Entrambe erano tra i fondatori del Cisa, Centro di informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto. Uno dei primi tentativi di supporto e assistenza nei confronti delle donne, allora non di rado costrette a ricorrere ad aborti clandestini.
Non protette da una legge adeguata, molte di quelle donne portavano con sé conseguenze fisiche e psicologiche gravi, lesioni, infezioni, lacerazioni permanenti, altre pagavano il prezzo di questa scelta con la loro stessa vita. Proprio per conferire dignità necessaria a quella scelta individuale, il tema dell’aborto venne finalmente portato alla luce. E il dramma fino a quel momento tenuto nascosto nella sfera privata cominciò a divenire una questione pubblica ma soprattutto una battaglia politica.
Una battaglia ancora oggi viva più che mai
La libertà di scegliere non può esistere senza una adeguata politica che protegga le nostre scelte. Per questo, ancora oggi come mezzo secolo fa, scendere in piazza in difesa della Legge 194, fondamento intoccabile di scelta femminile. Queste linee guida rappresentano un innegabile passo in avanti, ma non rappresentano un punto di arrivo. Se è necessario continuare a marciare per diventare un paese più civile, non dobbiamo smettere di farlo.
Carola Varano