Era il 30 Novembre del 1786 quando Pietro Leopoldo Asburgo Lorena sancì l’abolizione della pena di morte dal Granducato di Toscana.
Si celebra così oggi il 234° anniversario da quando, per la prima volta nel mondo, vennero abolite la tortura e la pena di morte come forme di punizione. La Toscana divenne così il primo territorio al mondo a gettare le basi per un alba dei diritti umani.
Già nel 1764, l’illuminista Cesare Beccaria scrisse nel suo saggio Dei delitti e delle pene.
Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio.
Tuttavia, in seguitò all’Unità d’Italia, la pena di morte venne reintrodotta e restò in vigore fino al 1889 nel codice penale. Quando si pensava di aver fatto dei passi avanti, una legge fascista la legalizzò dal 1926 al 1947 e rimase fino al 1994 nel Codice Penale Militare di Guerra.
Soltanto nel 2007 venne eliminata definitivamente dalla Costituzione Italiana.
Ad oggi, la normativa sui trapianti vieta in Italia l’importazione di organi o tessuti da Stati in cui la legislazione consente la vendita e il prelievo forzato da cittadini condannati a morte.
Cities for Life
Cities for Life è una manifestazione organizzata ogni anno il 30 Novembre dalla comunità di Sant’Egidio per invitare i paesi del mondo a sancire l’abolizione della pena di morte. Vi aderiscono molte città a livello mondiale, le quali illuminano un proprio monumento in simbolo di opposizione alla pena di morte.
In Italia il simbolo è il Colosseo di Roma.
L’iniziativa viene sostenuta anche da Amnesty International e varie associazioni laiche e religiose, personaggi di spicco del mondo dello spettacolo, della politica, dello sport e della cultura.
L’evento rinforza la già consolidata Giornata mondiale contro la pena di morte che si festeggia il 10 Ottobre.
In Europa al momento solo la Bielorussia mantiene questa tremenda pratica di punizione .
È grave la situazione in Cina, dove i dati sulla pena di morte rimangono un segreto di stato. Con il Coronavirus la situazione è ulteriormente peggiorata: pena di morte per chi nasconde i sintomi.
Lotta contro la pena di morte: battaglia di civiltà
Come diceva Albert Camus,
La pena capitale è il più premeditato degli assassinii
L’Italia ha intessuto nel DNA la lotta alla pena di morte sin dal primo scritto di Beccaria, passando per Sciascia, Pannella e molti altri personaggi della scena intellettuale e politica.
Come sosteneva Beccaria, la pena di morte non può mai essere considerata giusta.
Questo perché nessuno può avere ceduto il diritto alla vita, che è un diritto inalienabile. In quest’ottica la pena di morte non si configura come un atto di giustizia, bensì come «una guerra della nazione con un cittadino».
Beccaria ancora oggi funge da modello per tutti coloro ancora oggi lottano contro la tortura e la pena capitale, nella speranza che gli Stati mancanti facciano questo importante passo avanti e che nessuno ne faccia mai uno indietro.
Nicol Zacco