L’interrogativo presente nel titolo, su come spiegare l’universo, fa discutere scienziati e credenti (condizioni che non sono necessariamente l’una escludente l’altra) da almeno due secoli.
Secondo un aneddoto Napoleone chiese a Pierre-Simon marchese di Laplace (più comunemente conosciuto come Laplace), padre del determinismo scientifico, dove si ponesse Dio nel suo quadro, la laconica risposta sarebbe stata:
“Sire, non ho avuto bisogno di questa ipotesi”.
Questo aneddoto è presento nel libro “Il grande disegno” di Stephen Hawking e Leonard Mlodinow edito Mondadori.
Hawking non ha bisogno di presentazioni, Mlodinow è un fisico teorico americano del Caltech (ma anche sceneggiatore di alcuni episodi di Star Trek TNG) che con Hawking aveva già firmato “Una più breve storia del tempo” uscito nel 2005, prima de “Il grande disegno”.
La frase di lancio del libro è “perché non serve Dio per spiegare l’universo” . E’ una lettura affascinante, e, come potete ben immaginare quando si va a toccare Dio, suscitò reazioni contrastanti, anche all’interno della comunità scientifica stessa. Qualche scienziato convintamente ateo si rallegrò (è il caso di Richard Dawkins), la stragrande maggioranza invece, manifestò un certo fastidio, poiché molto pragmaticamente cerca di elaborare teorie che diano spiegazione di quanto osservato preferendo lasciar da parte Dio.
D’altro canto l’intento di Hawking e Mlodinow non sembra essere quello di fare opera di proselitismo all’ateismo, si tratta piuttosto di coerenza con l’approccio al sapere scientifico. Se un “ente” non è necessario, meglio elegantemente eliminarlo dalle teorie.
La lettura de “Il grande disegno” può certamente essere goduta indipendentemente dal fatto che si sia credenti, atei o agnostici, perché ha il grande merito di cercare di far comprendere ai non addetti ai lavori perché le nuove teorie fisiche non hanno bisogno di Dio per spiegare l’universo.
In parole molto povere: con l’avvento della meccanica quantistica, ricercando una Teoria del tutto, si è fatta strada una teoria (o meglio un insieme di teorie) secondo la quale non esisterebbe un solo universo, ma molti altri. Dunque, quello in cui ci troviamo e che permette la nostra esistenza, lo fa non in virtù di qualche disegno divino, ma è solo l’unico fra tanti in cui può esserci qualcuno in grado di porsi queste domande.
Ma si va oltre, le attuali teorie fisiche giustificherebbero anche la creazione di un intero universo dal nulla, senza bisogno di interventi esterni.
Mi permetto di osservare che se Hawking avesse voluto fare proselitismo all’ateismo, se questo fosse lo scopo del libro, sarebbe stato alquanto ingenuo. Come lo stesso Hawking scrive nel primo capitolo, la domanda su come sia nato l’universo gli scienziati se la pongono tutti I giorni, le persone comuni solo ogni tanto. A questo, aggiungerei che alla maggior parte delle persone comuni non interessa come sia nato l’universo, non hanno bisogno di Dio per spiegarsi la nascita dell’universo, ma la sua fine, per dominare le proprie paure.
Lo stesso Hawking, infatti, in un’intervista rilasciata al “The Guardian” affermò che il concetto di una vita dopo la morte sia “una favola per persone spaventate dal buio“.
E del resto, se lo scopo di Hawking non fosse divulgare le conquiste della moderna fisica ma propagandare l’ateismo, non avrebbe mantenuto la sua posizione di membro a vita della Pontificia Accademia delle Scienze. Lo scienziato inglese non ha fatto mistero di essere convintamente ateo, ma ha anche affermato che tutti siano liberi di credere a quel che vogliono, semplicemente lui trovava che la spiegazione più semplice fosse che non esista alcun Dio.
Entrando nello specifico del perché la concezione dell’universo proposta dalla teoria M (quella a cui aderisce il saggio di Hawking e Mlodinow, sebbene, specificano, non ancora completamente dimostrata), non richieda l’esistenza di un creatore, troviamo il vero scopo del libro: confutare i nuovi pensatori cattolici che pretendono di dimostrare l’inevitabilità di Dio sulla base delle leggi fisiche.
Facciamo un passo indietro, anticamente gli uomini erano convinti che tutto il creato fosse stato disegnato per loro, per questo, quando l’astronomia dimostrò che la Terra era un pianeta fra tanti, ci furono notevoli resistenze. Veniva a cadere quel principio antropico secondo cui la regione di spazio in cui ci troviamo non è stata volutamente disegnata per permettere la nostra esistenza, piuttosto, è l’unica nella quale è casualmente possibile.
Inoltre, la scoperta che l’universo ha più di 13 miliardi di anni, mentre l’uomo esiste da solo 200 mila anni è un altro argomento a sfavore del principio antropico: se esiste un Dio che ha creato l’universo apposta per noi, prima che faceva? Senza contare la vastità dell’universo: perché tanto spreco di spazio?
Questa è una posizione che è stata sostenuta recentemente da Emily Thomas filosofa dell’Università di Durham.
Con le moderne scoperte della fisica, però, ci accorgemmo che esistono tanti principi fondamentali su cui poggia l’intero universo, e che se fossero stati anche solo di poco diversi, non avrebbero permesso lo sviluppo di stelle, galassie, pianeti e in ultimo, della vita. Il multiverso proposto dalla teoria M risolve questo punto, così come la scoperta dell’esistenza di altri pianeti, aveva risolto il vecchio pregiudizio sull’unicità della Terra disegnata perché noi potessimo viverci.
Confutato ciò, nel grande interrogativo su come spiegare l’universo, rimane l’incognita su come possa crearsi qualcosa dal nulla, senza un intervento esterno. Ammesso che Dio abbia scatenato il Big Bang, chi ha creato Dio? Un credente sosterrebbe che Dio è sempre stato e non ha bisogno di essere creato; la fisica invece, perlomeno in queste teorie in attesa di conferma, dimostra che poiché il tempo è solo una componente della dimensione spazio-temporale e che al momento del Big Bang non era diverso dalle altre dimensioni, non ha senso chiedersi cosa ci fosse prima del Big Bang, perché il tempo come lo conosciamo non esisteva. Questo succede perché l’universo, in quel momento, era talmente piccolo che la fisica a cui obbediva era quella quantistica e, combinando la Teoria della relatività con alcuni effetti della quantistica, si arriva alla conclusione che all’inizio esistevano solo quattro dimensioni spaziali e nessuna temporale.
Questo sembra forse meno ragionevole del sostenere che tutto ha un inizio e necessita di qualcosa che lo crei tranne Dio?
Roberto Todini