I dipinti notturni capaci di portare con sé atmosfere dense di mistero, quasi eteree. Tra questi, le scene “a lume di notte” costituiscono una nicchia specifica, che fa di una piccola – ma importante – variabile la propria peculiarità.
“A lume di notte” è una terminologia che indica un particolare tipo di dipinto notturno che si diffuse nel corso del 1600. Il dipinto notturno è capace di plasmare ed esaltare la materia grazie alla luce e alle ombre e di indirizzare lo sguardo grazie all’uso dell’illuminazione; tra i principali autori di scene notturno si ricorda Caravaggio, che fu un grande esponente del genere.
La fonte luminosa diviene soggetto
Tuttavia, se nei quadri di Caravaggio la luce non rivela la propria fonte, il quadro al lume di notte di distingue proprio per questa peculiarità. La luce, infatti, non è solo un mezzo tramite il quale rendere visibile il soggetto rappresentato, ma è soggetto anch’essa. La fonte luminosa è così rappresentata come elemento all’interno della scena.
Candele, tizzoni ardenti, lampade ad olio entrano nel dipinto, divenendone il centro focale, il punto più brillante.
Non solo catalizza l’attenzione dell’osservatore, ma impone anche una rappresentazione ravvicinata dei soggetti, altrimenti troppo distanti dal punto di vista dell’osservatore per essere distinti. Si crea così un contrasto tra le parti illuminate – la cui plasticità viene esaltata dal contrasto – e l’indefinitezza di ciò che rimane nell’ombra.
Queste fonti di luce – diversamente da ciò che accade nelle scene notturne – sono necessariamente anche fonti di calore. Ciò comporta l’utilizzo di colori particolarmente vividi, scaldati dalla luce artificiale ed esaltati dalle ombre. Ne risultano toni più intensi, caldi e avvolgenti, che vanno a sfumarsi nel nero dell’ambientazione notturna.
Avvicinare l’osservatore
Questa contrapposizione tra luce intensa e totale oscurità rende possibile osservare solo parzialmente la scena, fino a dove arriva la luce. Questo comporta una relazione di maggiore intimità tra lo spettatore e l’opera stessa.
Riposizionare la fonte di luce porta, infatti, al riposizionamento dell’osservatore. La percezione di un punto di vista oggettivo, distaccato e razionale, lascia posto ad un’osservazione più soggettiva ed emotiva. La visione diviene più parziale, vincolata – come se la scena fosse osservata dal vivo – e capace di regalare emozioni grazie all’atmosfera sospesa, misteriosa e silente, quasi eterea.
Questo effetto si deve alla distanza ravvicinata tra il soggetto rappresentato e il punto di vista che lo coglie, necessariamente più vicini così da sfruttare la luce del lume per poter vedere il soggetto stesso.
In tutte le versioni della “Maddalena penitente” di Georges de La Tour, il silenzio e la solitudine del soggetto vengono comunicati allo spettatore, permettendogli di partecipare a una scena intima, riservata, quasi misteriosa, osservando questa donna solitaria che, nel silenzio e nella calma della notte, illuminata solo da una candela, si lascia andare a riflessioni di cui l’osservatore non è a conoscenza, ma di cui condivide – per un breve momento – il peso e l’intensità.
Angelica Frigo