La notizia la prendiamo dal sito della Washington University in St. Louis dove lavora il professore Jeff Zacks, l’altro autore principale dello studio è Chris Wahlheim dell’Università della Carolina del Nord a Greensboro (UNCG). Lo studio è stato pubblicato su Journal of Experimental Psychology: General. Lo studio si innesta in un filone di studi iniziato da Zacks anni or sono che ha portato alla formulazione di un modello conosciuto come Event Memory Retrieval and Comparison Theory. Semplificando questa teoria e in particolare lo studio appena pubblicato risponde alla domanda “a cosa servono i ricordi” con: non per cercare di ricordarsi il passato ma per fare meglio la volta successiva.
Questo porta ad alcune interessanti ed affascinanti conseguenze su come funziona il nostro cervello, in termini semplificatissimi: gli input dalle esperienze quotidiane che il cervello elabora vengono continuamente confrontati con modelli memorizzati da esperienze passate, se il cervello non nota cambiamenti processa l’esperienza attuale basandosi su quanto memorizzato, se invece nota cambiamenti si accende una lucetta di allarme che avverte il cervello che potrebbe stare per incorrere in una previsione sbagliata nel giudicare un evento, il che mette in moto una serie di processi a cascata che portano il cervello a ricalibrare i ricordi non solo dell’evento presente ma anche di quello passato! Alla faccia dell’oggettività dei ricordi!
Questo naturalmente comporta anche che ogni esperienza quotidiana percepita come nuova, se va in un certo senso ad aggiornare le memorie di eventi simili, è in grado di influenzare le azioni presenti e future di una persona.
Lo studio documentato nell’ultima ricerca si è basato sull’osservazione di un gruppo composto da giovani adulti e anziani, basandosi sul fatto ben documentato che gli anziani hanno problemi coi ricordi di eventi diversi.
Ai partecipanti allo studio è stato fatto vedere un video di una giovane donna che svolgeva normali compiti quotidiani, dopo una settimana è stato mostrato un video molto simile in cui erano stati fatti alcuni cambiamenti. Il risultato è stato che chi non notava i cambiamenti era anche chi in generale aveva una terribile memoria per tutti gli eventi quotidiani che aveva vissuto nei giorni passati. Voi direte: bella forza se la memoria fa schifo non ricordavano il video di una settimana prima così bene da notare i cambiamenti! Sì, ma guardatelo dall’altro lato, conferma anche che la capacità di notare i cambiamenti è proprio come il cervello funziona, riscrive i suoi modelli e rinforza i vecchi in maniera aggiornata.
Studi precedenti dello stesso team avevano notato come il cervello spezza le nostre attività quotidiane in eventi più piccoli, come dei blocchi di memorie e noi identifichiamo delle vere e proprie linee di transizione tra questi eventi, a volte la linea di transizione può essere anche un luogo fisico, tipo una porta. Ad esempio se stamattina siete stati al lavoro o all’università potreste ricordare molto chiaramente tutto quello successo appena varcata la porta e per niente quello successo fino al momento di entrare, malgrado i due eventi siano separati da pochi minuti. Questo potrebbe anche essere il motivo per cui a volte entriamo in una stanza senza ricordarci perché ci siamo entrati, non è detto siamo rimbambiti o ubriachi.
Roberto Todini