A Chernobyl spunta un albero di Natale: tra viralità e malinconia

Dopo più di trent’anni di silenzio, il disastro di Chernobyl è tornato a far parlare di sé. Inizialmente, ad alimentare l’interesse per questo luogo, è stata l’uscita della serie televisiva, a maggio 2019. I cinque episodi della serie, ad opera di Craig Mazin e Johan Renck, documentano lo scoppio della tragedia a partire dalla mattina del 26 aprile 1986, giorno dell’esplosione del reattore n.4 . Sorprendentemente, anche durante le feste natalizie, Chernobyl ritorna protagonista.

 

Un Natale particolare

All’interno del paese di Pryp’jat, uno dei primi ad essere stati colpiti dall’esplosione, è comparso in questi giorni un albero di Natale. Negli scorsi mesi si era già riportata un’interessante affluenza turistica nei luoghi afflitti, con un picco del +35%. In particolare, ha fatto scalpore l’ondata di influencer che ha invaso Chernobyl alla ricerca dello scatto migliore, in balia della viralità e non curanti della storia dei luoghi (dopo l’uscita della serie televisiva era inconsapevolmente nata una moda).

Effettivamente si sta venendo a creare un vero e proprio “business” attorno alla storia di Chernobyl. Probabilmente si tratta dell’attrazione più redditizia dell’intera Ucraina. Basti pensare all’albero di Natale che si trova nella piazza di Pryp’jat; non sono stati i cittadini a portarlo lì, ma sono state le stesse agenzie di viaggio ad averlo finanziato. L’idea infatti è quella di attirare maggiormente i turisti, cosa che già viene messa in pratica con le visite guidate attorno alla centrale.

 

Luoghi sicuri o no?

Di fronte a questo costante flusso di turisti sorge giustamente la domanda sulla sicurezza: un luogo vittima di un’esplosione nucleare, con una conseguente dispersione di materiale radioattivo, può ritenersi sicuro? Attualmente la “zona di esclusione” è circoscritta ad un raggio di 30 km attorno alla Centrale Nucleare. Per accedervi bisogna essere accompagnati dalle guide, le quali scortano i turisti attraverso un itinerario sicuro.

La situazione attuale è in realtà molto frammentata: tra zone di bassa attività radioattiva da una parte e hot spot ancora pulsanti dall’altra (secondo quanto riporta un recente studio). Le agenzie di viaggio, concordi con il governo ucraino, sostengono la massima sicurezza, dichiarando un massimo di 2 microsievert in un’ora (l’equivalente di radiazioni che si accumula in un viaggio aereo). Il governo giustamente difende l’attività turistica più redditizia.

Le guide hanno anche stilato il regolamento per il turista perfetto:




Che tipo di turismo costruire?

L’affluenza ai luoghi di Chernobyl è innegabile. I turisti, spinti da una forte curiosità, sono venuti di persona a visitare la Centrale. Da una parte perciò vi è l’interesse per una storia, dall’altra ci deve essere la facoltà di saperla custodire e raccontare. L’interesse tuttavia va educato e non con negozi di “gelati radioattivi” e “preservativi fluorescenti”. Un buon punto di partenza può essere invece il timido ritorno degli ex cittadini di Pryp’jat, intenzionati a voler riabitare quei luoghi.

Non avevamo nessun altro posto dove andare

Perchè questi luoghi acquistino un significato radicalmente nuovo per i turisti, occorre lo sguardo sofferto di chi non ha altro posto dove andare. Nonostante tutto, detriti e polveri radioattive, Pryp’jat rimane casa loro.

 

 

Jacopo Senni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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