Sappiamo bene che la tecnologia non è né buona né cattiva. Tutto dipende dall’uso che se ne fa. Un tipico uso maligno della tecnologia è quello che la vede strumento di ricatti ed estorsioni di natura sessuale. Nello specifico, parliamo di sextortion, cioè la nota truffa online che infesta i vari social. Fortunatamente, la collaborazione tra Italia e Marocco ha portato all’arresto di alcuni di questi truffatori.
Cos’è la sextortion?
Innanzitutto è opportuno spiegare bene cosa sia la sextortion. Come anticipato, si tratta di uno stratagemma usato per estorcere soldi agli utenti del web facendo leva su sentimenti e desiderio sessuale. Solitamente, il pagamento avviene tramite Western Union, elemento che rende ostico rintracciare la transazione, permettendo così agli estorsori di farla franca.
Come funziona la sextortion?
Tutto nasce dall’idea di alcune persone che reclutano donne e uomini avvenenti di altri Paesi, chiedendo loro di creare account fake su siti o app di incontri nonché sui social network. A questo punto, i profili falsi verranno utilizzati per richiedere l’amicizia e contattare donne e uomini, fingendosi chiaramente interessati a loro. Una volta conquistata la fiducia delle vittime (fingendosi innamorati o attraverso una storia commuovente), i truffatori chiederanno di vedersi tramite webcam. A questo punto chiederanno alla vittima di masturbarsi per loro. L’inizio di una storia d’amore? No, ma di un ricatto sì. Infatti, la masturbazione della vittima è stata registrata e si minaccia di diffonderla sui social se non si paga quanto richiesto.
L’operazione Strikeback
Per arginare il fenomeno, la Polizia Postale ha addirittura creato un pool apposito. Dunque è iniziata la collaborazione con le forze di polizia di Costa d’Avorio ma soprattutto Marocco, dove si concentravano le richieste di denaro. Questa collaborazione ha consentito di delineare il funzionamento di un’organizzazione intercontinentale che coinvolge non solo africani (i già citati marocchini e ivoriani) ma anche individui dell’Europa Orientale. Sono dunque finiti agli arresti ben 23 cittadini marocchini, sui quali pende l’accusa di estorsione a sfondo sessuale. Gli agenti di polizia sono riusciti a recuperare varie informazioni, come i nickname o l’indirizzo e-mail utilizzati. Questa operazione congiunta (denominata Strikeback) si è resa necessaria, vista la sua crescente diffusione e le gravi conseguenze a cui può portare (un esborso notevole di soldi e, in alcuni casi, persino il suicidio).
Un fenomeno preoccupante
Il fenomeno è più diffuso di quanto si creda. Parliamo di un aumento di denunce del 500% in soli tre anni (2012-2015). Comunque, è bene tenere presente che il dato potrebbe essere sottostimato a causa della chiara riluttanza delle vittime a denunciare. In Italia, le vittime tipiche sono prevalentemente uomini (92% nel 2017) senza differenze di classe sociale. Ricordiamo, però, che anche gli adolescenti sono una categoria a rischio, perché da poco alle prese con la propria sessualità e con un approccio diverso al mondo. Per questo gli adolescenti rappresentano il 70% delle vittime totali di sextortion. Infatti, avevamo già parlato di come Bjorn Samstrom avesse obbligato ben 26 adolescenti a masturbarsi in webcam per lui: pena, la diffusione di questi video ad amici e familiari.
Come proteggersi?
È chiaro che la migliore difesa è costituita dalla prevenzione. Può sembrare banale, ma è di vitale importanza non accettare le richieste di amicizia di sconosciuti. Qualora ci siate già cascati, allora dovete “contrattaccare”. Oltre che denunciare l’accaduto alle forze di polizia, bisogna parlarne con amici e familiari, in modo da disinnescare la richiesta di ricatto, evitando di pagare. È sicuramente una scelta difficile, ma è comunque la migliore che possiate fare. In generale, diffidate da chiunque vi chieda di dedicarvi all’autoerotismo in webcam. Voi avete altri consigli? Siete mai stati vittime di sextortion? Fatecelo sapere con un commento.
Davide Camarda