Non ce l’ha fatta la donna che aveva cercato di oltrepassare il confine per recarsi in Francia. La giovane, incinta di 7 mesi, era stata respinta e le guardie della gendarmeria l’avevano letteralmente scaricata alla stazione di Bardonecchia “come un pacco”, era la notte del 9 febbraio.
Destinity: un nome che sembra un presagio
Il suo nome era Destinity, aveva 31 anni ed era malata. Ironia della sorte, il destino è stato crudele nei suoi confronti. Lei e il marito, entrambi nigeriani, avevano fatto richiesta d’asilo in Italia e lui aveva anche trovato un lavoro ma l’aveva perso. A Destinity era stato diagnosticato un linfoma che le rendeva difficile muoversi e le impediva persino di respirare. Voleva andare in Francia per raggiungere la sorella, in modo che qualcuno accudisse il bambino che portava in grembo, una volta nato.
Dopo che le guardie francesi avevano lasciato lei e il marito presso la stazione di Bardonecchia, la donna era stata portata in ospedale. È stata ricoverata al Sant’Anna di Torino per più di un mese: i medici l’hanno tenuta in vita quanto più a lungo possibile affinché il bambino potesse crescere; sapevano che, purtroppo, per lei non c’era nulla da fare. E poi, giovedì scorso, è morta in sala parto, poco dopo aver partorito il piccolo. Pesa meno di un chilo e l’hanno chiamato Israel.
Durante il ricovero, si sono presi cura di Destinity il reparto di Ostetricia e Ginecologia diretto dalla professoressa Tullia Todros e quello di Ematologia ospedaliera delle Molinette diretto dal dottor Umberto Vitolo. Adesso il bambino si trova nel reparto di Terapia Neonatale del Sant’Anna, sotto la supervisione della professoressa Enrica Bertino, con lui c’è il padre.
“Il bambino sta bene nonostante sia nato pretermine. Abbiamo cercato di portare la gravidanza il più in là possibile compatibilmente con le condizioni della mamma. Quando abbiamo deciso di farlo nascere era perché non si poteva più aspettare”.
Queste le parole della professoressa Todros, a cui fa eco la professoressa Bertino:
“Il bambino ora pesa quasi 900 grammi. All’inizio ha avuto bisogno di assistenza nella respirazione ma va meglio. Sta diventando progressivamente sempre più autonomo e siamo cautamente ottimisti ma sarà un processo lungo”.
Israel ha una settimana di vita eppure ha già preso 200 grammi e i medici del Sant’Anna si sono mobilitati per aiutare lui e suo padre.
Migranti: un ‘fardello scomodo’
Ma com’è possibile che dei migranti in cerca di aiuto e, per giunta malati e in stato interessante, vengano scacciati?
“Li hanno lasciati davanti alla saletta di Bardonecchia senza nemmeno bussare alla dottoressa che era di turno all’interno. Le autorità francesi sembrano avere dimenticato l’umanità. I corrieri trattano meglio i loro pacchi”.
Così Paolo Narcisi, presidente dell’associazione Rainbow4 Africa, ha commentato la vicenda. Da quando è cominciata la stagione invernale, lui e l sua associazione hanno soccorso tantissimi migranti. La Francia non li vuole, è questo il motivo per cui vengono respinti alla frontiera, perché sono un ‘fardello scomodo’ e nessuno vuole farsene carico.
Proprio alcuni giorni fa, un episodio simile: la gendarmeria aveva fermato una guida alpina di nome Benoit Ducos il 10 marzo, perché cercava di prestare soccorso ad una donna incinta di otto mesi che tentava di attraversare il confine.
A causa di questa vicenda è nato il movimento “Soccorrere non è un crimine”; ma dov’è finita la solidarietà? Ci definiamo Paesi civili e sviluppati, ma sembra che abbiamo dimenticato cosa sia l’umanità. Ora tendere la mano verso chi ha bisogno di aiuto è diventato un reato (di solidarietà)? Quante altre Destinity ci dovranno essere, prima che le cose cambino? La tutela della vita non dovrebbe venire prima di qualsiasi altra legge? O, forse, la vita dei migranti vale di meno e tanto vale lasciare che muoiano di freddo, in una stazione qualsiasi?
Cosa ne sarà del marito e di Israel?
Nel frattempo, è stata diffusa la testimonianza del marito della donna, che ha raccontato:
“Mia moglie sarebbe potuta tornare in Francia perché lei aveva i documenti, ma io non non potevo passare e lei è rimasta per me, per il nostro amore. Non ha voluto lasciarmi. L’ho chiamato Israel perché io e mia moglie siamo cristiani”.
Lui e la moglie erano giunti in Italia nel 2004 e poi, un mese e mezzo fa, hanno cercato di arrivare in Francia salendo su un bus, ma la gendarmeria li ha bloccati. Entrambi sapevano che la malattia di Destinity era ormai giunta alla fase terminale. Senza di lei si sente perso:
“Lei resterà sempre una parte di me. La amavo molto. Ora sento un grande vuoto dentro“. E, riferendosi al piccolo che è salvo grazie all’operato dei medici, ha dichiarato: “Sono suo padre e gli starò accanto. Per lui voglio un futuro migliore“.
Nel frattempo, un imprenditore romano, attraverso l’associazione Rainbow 4 Africa, ha contattato il neopapà per offrirgli un lavoro; forse “un futuro migliore” è possibile per lui ed Israel, speriamo che l’uomo riesca anche ad ottenere i documenti necessari per poter restare in Italia e per poter tenere il bambino.
Carmen Morello