Kathleen Humberstone è una ragazza britannica di 18 anni con la sindrome di Down. È una studentessa con una grande passione per la moda. Il suo sogno, infatti, era quello di posare per un servizio fotografico o sfilare in passerella proprio come una modella. E l’ha realizzato!
La realizzazione del sogno di Kathleen
Il sogno di Kathleen è diventato realtà quando il fotografo francese Marc Lamey l’ha notata su Facebook. Le ha proposto quindi di fare da modella per un servizio fotografico. La location degli scatti era Parigi. La ragazza è stata invitata a partecipare al «Radical Beauty Project» dedicato alle persone affette da sindrome di Down ed ha posato per uno shooting sotto la Tour Eiffel.
Il servizio fotografico nella magica Parigi le ha aperto le porte della carriera in passerella. Un’agenzia che lavora con modelli disabili, la Zebedee Management, l’ha notata e ha deciso di ingaggiare Kathleen per nuovi servizi fotografici. La 18enne di Camberley è stata quindi assunta nel mese di novembre dall’agenzia e ha anche lavorato alla Fashion Week di Londra.
Da un sogno, per la 18enne si è aperta una vera e propria strada. Dopo la prima occasione francese, Kathleen vuole adesso continuare con questa sua passione e diventare una modella di successo.
Una personalità esplosiva
La moda non è l’unica passione di Kathleen. La ragazza spera a settembre di frequentare un corso di arti e spettacolo. Poi, le piace molto cantare. È pure un’appassionata tennista e ballerina: fa entrambe le cose una volta la settimana.
Anche il cuore vuole la sua parte e perciò Kathleen ha un fidanzato: si chiama Jack, ha 18 anni e ha una paralisi cerebrale. Si conoscono da tanti anni, come ha raccontato la studentessa in un’intervista al Sun. A causa della sua intensa vita sociale, fanno un po’ fatica a vedersi, ma cercano di uscire insieme almeno una volta al mese.
L’impegno della madre Denise
Sua madre, Denise, 53 anni, è in prima linea nell’ambito dello studio e dell’informazione sulla sindrome di Down. Entrambe sono state invitate a parlare all’evento dell’ONU “Stop discriminating Down Conference“, dove Kathleen ha portato la sua storia.
Se Kathleen oggi ha un curriculum pieno di conoscenze e una vita dinamica, parte del merito, oltre che suo, è della madre. La donna, infatti, ha sempre cercato di non abbassare mai le aspettative verso la figlia, nonostante la sindrome. Molti medici le avevano consigliato di non andare troppo oltre, poiché il potenziale di Kathleen sarebbe stato basso. Ma così non è stato.
Si pensi ad esempio al fatto che la maggior parte dei dottori consigliavano di insegnare alla bambina una sola lingua, a causa delle difficoltà di linguaggio. La madre scelse invece di seguire la voce solitaria di un logopedista che le diceva il contrario. Il consiglio fu quello di avere aspettative molto alte per la figlia, proprio come avrebbe fatto per qualsiasi altro bambino. Chiaramente, tutto questo si sarebbe dovuto fermare se gli sforzi fossero andati oltre a quanto Kathleen poteva sopportare. Le cose tuttavia andarono bene e oggi la ragazza conosce il francese oltre all’inglese.
La sindrome di Down non è una malattia
Se da un lato i risultati di Kathleen sono ancora più notevoli perché ha la sindrome di Down, dall’altro lei rifiuta di essere definita da essa. All’ONU ha dichiarato di volere che il mondo sappia che la vita con la sindrome di Down è degna di essere vissuta e che ama la sua vita.
Come si legge infatti sul sito dell’Associazione Italiana Persone Down:
La sindrome di Down non è una malattia ma una condizione genetica. È inesatto dunque parlare di malattia, che è un concetto completamente diverso, che implica in sè tra l’altro, una possibile evoluzione verso la guarigione. La sindrome di Down è una condizione genetica che caratterizza la persona per tutta la vita, ma che non gli impedisce di vivere serenamente e appieno tutto quello che la vita offre.
Purtroppo questo non è ancora completamente chiaro nella società in cui viviamo e perciò esistono e persistono molti luoghi comuni su cosa le persone Down possono o non possono fare. Invece, coloro che sono affetti dalla sindrome hanno capacità e abilità non dissimili da quelle di chi non ne è affetto. Ciò che serve è la predisposizione degli strumenti giusti e l’abolizione di falsi miti che producono solo emarginazione e alienazione.
Rossella Micaletto