Ieri Fabrizio Corona è uscito dal carcere di San Vittore alle ore 15:30, ma non ha riacquisito completamente la libertà. Il tribunale di sorveglianza di Milano ha disposto che il re dei paparazzi vada in una comunità di Limbiate (Milano) per seguire in programma di recupero, dal lunedì al venerdì, dalla mattina fino alla sera. Mentre la domenica “dovrà restare a casa” in via De Cristoforis e dovrà anche fare a meno “di usare i social, di telefonare (i contatti possibili sono solo con parenti e avvocati), di rilasciare interviste e diffondere immagini”.
Insomma Corona va a disintossicarsi dalla droga e dalla vita sociale a lui un tempo tanto cara. Sorge però spontanea una domanda: disintossicarsi dalla droga, bene,è una cosa ottima, ma durante la sua permanenza in carcere non si sarebbe già dovuto abituare alla mancanza di sostanze stupefacenti?
“Come fa a essere dipendente dalla cocaina se sta in carcere da un anno e mezzo?”
Ecco, questo è il punto. Evidentemente la droga riusciva ad averla anche dentro San Vittore, altrimenti non si spiega questa cosa. Insomma dopo il Canna-Gate di Francesco Monte all’Isola dei Famosi, ora ci sarà il Coca-Gate di Corona a San Vittore? Chi lo sa. Di certo c’è solo una cosa: il ‘buon’ Fabrizio non ha perso né il pelo né il vizio. Fuori dal carcere c’erano dei fan ad attendere la sua uscita, quando l’hanno visto gli hanno detto: “Sei un mito” e lui ha replicato: “Lo so”. Umiltà, questa sconosciuta. Poi la fidanzata Silvia Provvedi l’ha fatto salire in macchina e l’ha sottratto alla vista di fan, fotografi e giornalisti.
La permanenza in carcere
Tramite il suo avvocato, Ivano Chiesa, ha fatto sapere: “Sono contento, ringrazio il magistrato. Ma sono anche incazzato per la fatica, perché ci sono voluti 16 mesi per ottenere ciò”. Il giudice Luerti ha specificato che da parte di Corona c’è una
“forte motivazione pesonale a intraprendere un percorso di cura. [Inoltre] il tempo trascorso nell’ultima detenzione sembra avere dispiegato un effetto deterrente importante, mentre l’esistenza di forti legami affettivi e familiari, non ultimo quello con il figlio quindicenne, giocano un ruolo responsabilizzante in modo intenso e positivo”.
Già nel 2015 aveva finito di scontare due anni e mezzo di detenzione e anche in quel caso era stato affidato alla comunità ‘Exodus’ di don Mazzi a Lonate Pozzolo, in provincia di Varese. Ma a causa dei 2,7 milioni di euro trovati nel controsoffitto era stato di nuovo sbattuto in gattabuia. Adesso il giudice Luerti ha accolto l’istanza presentata dall’avvocato Antonella Calcaterra, che ha più volte sottolineato il fatto che Corona fosse un ex tossicodipendente. Ma il 13 settembre del 2017 quella richiesta venne respinta dal giudice Beatrice Crosti, a causa della “pericolosità sociale” del detenuto.
Chissà cosa combinerà stavolta Fabrizio, speriamo che il carcere l’abbia davvero cambiato in meglio e che possa disintossicarsi una volta per tutte.
Carmen Morello