Ha 47 anni, 188 (discutibili) punti di Q.I e un Curriculum che lo vanta come ex magistrato ordinario, ed ora Consigliere di Stato, l’uomo che ha imposto degli assurdi criteri alle sue allieve, oltrepassando decisamente l’incarico assegnatogli, e andando contro qualsiasi principio e morale. Si chiama Francesco Bellomo, e in virtù di Direttore della Scuola di Formazione Giuridica Avanzata, una scuola per concorsi in Magistratura e per avvocato, non si è fatto mancare l’occasione di imporre le sue voglie e sfizi sulle ragazze frequentanti la struttura.
Gli obblighi disciplinari da lui scelti, lasciano avanzare senza fatica la percezione che abbia ignorato totalmente il rispetto e la libertà delle persone, tanto che sembrano perfino inverosimili.
In primo luogo, venivano richiesti rapporti personali con il Consigliere, il quale si occupava anche di selezionare coloro che meritavano la borsa di studio. Il “dress code” era sicuramente più aggressivo di quanto si possa immaginare sia la norma, infatti non implicava affatto vestiti modici e riservati, ma al contrario la lunghezza della gonna poteva (doveva) essere piuttosto limitata, accompagnata con calze e trucco.
Ma questo è niente, tutto ancora quasi prevedibile. Sì, perché ancora più assurda è la clausola limitativa riguardante il fidanzamento, il quale era consentito solo se il/la fidanzato/a risultasse avere un quoziente intellettuale pari o superiore a un certo standard, ed ovviamente competeva al Consigliere stabilire se i fidanzati o fidanzate dei o delle borsiste superassero il quoziente minimo necessario per essere all’altezza. Inoltre, la “qualità” del fidanzato/a corrispondeva ad un punteggio che consentiva di accedere ad un tipo di borsa di studio più o meno elevato. Parecchi sono stati i casi di ragazze che per quanto amareggiate, influendo così tanto sul percorso di formazione, hanno deciso di lasciare i propri ragazzi.
Palazzo Spada, ha deciso di aprire un’istruttoria dopo un esposto da parte di un padre delle allieve.
Tuttavia Bellomo è, quasi sicuramente, soltanto la punta dell’iceberg: improbabile che nessuno ai vertici si fosse accorto della situazione. Facile inoltre, in queste circostanze, dare la colpa alle ragazze, senza considerare che erano sotto il pugno di una persona col potere di farle passare o bocciare ai concorsi che aspettano da una vita.
La figlia del padre che ha presentato l’esposto, è la prima di numerose ragazze coinvolte in questo caso, e si trova ancora in cura dagli psicologi, per via dei continui ricatti a cui era sottoposta.
E’ una vicenda che sarebbe da ritenere ingiusta in qualsiasi ambito avvenga, ma sapere che tutto ciò è accaduto in un luogo in cui la giustizia viene professata quasi come fede, dispiace parecchio.
Roberta Rosaci