Giovane, intraprendente e polivalente. Si potrebbe descrivere così Edoardo Sorgente, più noto al grande pubblico come Gegè di Gomorra 3. Formatosi a teatro, in cui ha fatto il suo esordio ufficiale nel 2012 con lo spettacolo “C’era una volta il ’68” di Carlo Cierciello, nel 2014 diventa allievo de “I corso attori” della Civica scuola Paolo Grassi di Milano. La grande occasione arriva nel 2016, quando dopo diverse audizioni entra a far parte del cast di Gomorra, dove recita fianco a fianco con uno dei protagonisti, nella fattispecie Salvatore Esposito (Genny). A soli 25 anni, con un trampolino di lancio così grande, può davvero diventare un volto importante del mondo televisivo-teatrale.
Come e quando nasce la tua passione per la recitazione?
Ero alle medie ed avevo tremende difficoltà ad avere contatti con i miei compagni di scuola: ero grasso, martoriato da un acne aggressiva e non godevo di un look all’ultima moda. Ero spesso oggetto di bullismo e trovavo rifugio in amicizie femminili. Un’oasi nel deserto fu per me il corso di teatro diretto dal Prof.Grassi: iniziai a dimagrire, cominciai a perdere quel timore nei confronti dei miei coetanei e mi liberai finalmente della tremenda immagine che avevo di me.
C’è un attore o un insegnante a cui ti ispiri particolarmente?
Quando non so come affrontare un ruolo a teatro, quando mi sento smarrito o per nulla ispirato, mi faccio sempre la medesima domanda: ma LUI come la farebbe?. E quel lui ha sempre un nome di verso: un giorno Toni Servillo, un altro Lino Musella, altri giorni Vinicio Marchioni o Luca Marinelli.
Per entrare a far parte del cast di Gomorra 3 hai dovuto superare diversi provini. Quando è che hai pensato di farcela?
Non ho mai pensato di farcela. Sono molto duro con me stesso sopratutto in sede di provino. Non ero mai soddisfatto della resa e dell’interpretazione, sentivo che avrei potuto fare di più.
Passando al personaggio, chi è Gegè? Come lo descriveresti?
In un mondo come quello di Gomorra, cupo, scuro, dove i più sotterranei movimenti della terra hanno un’ eco devastante in superficie, si sente forte lo stridore della figura di Gegè, un personaggio delicato e fragile, ma al contempo determinato e lucido. Questa profonda dicotomia all’interno del personaggio, risulta essere il suo principio attivo e ne caratterizza i tratti interni. Un personaggio atipico. Mi è piaciuto molto muovermi in quel limbo.
Ci sono delle analogie tra Edoardo Sorgente e Gegè, o nella vita reale sei completamente diverso?
Mentre studiavo Gegè mi interrogavo su quali potessero essere gli elementi che avrei dovuto intercettare in me, per poi impiegarli nell’interpretazione del personaggio. Uno dei tratti che maggiormente ci accomuna è la capacità di adattamento: una duttilità e un’aderenza totale che va di pari passo col trasformarsi delle situazioni o dei contesti in cui mi trovo. Anche se talvolta (come per Gegè nel supermercato) questa versatilità crolla davanti a scenari ingestibili.
Che rapporto è nato con Salvatore Esposito, con cui sei stato a stretto contatto sul set?
Salvatore è un uomo, un attore sensibile, ma sopratutto un grande compagno di scena. Nei primi giorni, davanti al mio spavento (Gomorra 3 è stata la mia prima volta davanti una macchina da presa), si è immediatamente preso cura di me, professionalmente e umanamente. Ci sentiamo ancora e spesso lo tartasso con fastidiosissime note audio.
Gomorra è stato spesso criticato dagli abitanti della Campania perché fa emergere i soliti luoghi comuni delle realtà del sud. Qual è il tuo pensiero a riguardo?
Gomorra è un racconto sul potere e utilizza Napoli (il particolare) per parlare del tutto (l’universale). La città partenopea e le sue meravigliose ma dure contraddizioni hanno lo scopo di sensibilizzare rispetto al tema proposto. Non mi interessano le speculazioni negative in merito; essendo un famelico spettatore di cinema e teatro a me interessa l’emozione della pancia e del cuore non la triste logica della mente.
Che giudizio dai al cinema italiano troppo spesso bistrattato e messo da parte dagli spettatori in favore di produzioni estere?
Amo profondamente questo paese e pur avendo avuto più volte possibilità di andare e studiare all’estero ho sempre preferito rimanere qui e difenderlo tramite la mia professione (quasi mosso da un istinto patriottico). Siamo stati attraversati da molti visionari e lungimiranti geni della scena teatrale, della drammaturgia, della cinematografa e le tendenze esterofile devono essere per noi italiani stimoli a migliorare i nostri immaginari e le nostre competenze non soltanto spunti per le emulazioni.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Hai intenzione di dedicarti sia al teatro che al cinema?
Per adesso sto lavorando insieme a Giovanni Ortoleva sulla crisi finanziaria del 2008 e da questo spunto è nato “Little Man, What Now?”. Il testo e la regia saranno curati da Giovanni mentre io mi cimenterò per la prima volta con un monologo. Per quanto riguarda il cinema non dico nulla ancora: sono molto scaramantico. Sono pur sempre Napoletano!
Antonio Pilato
Si ringrazia Edoardo Sorgente per aver concesso questa intervista.