Violenze sessuali perpetrate per anni ai danni di adulti e bambini: teatro di tanta brutalità un tranquillo villaggio della comunità Sami. Omertà e vergogna complici dei turpi fatti che sconvolgono la Norvegia.
Il fatto
I numeri parlano da soli e fanno rabbrividire: sarebbero 151 le violenze sessuali avvenute nell’arco di decenni a Tysfjord, una piccola comunità situata sopra il Circolo Polare Artico, di cui 43 gli stupri accertati su bambini e adulti e 40 i casi di rapporti sessuali con minori al di sotto dei 14 anni. Altri episodi sospetti di molestie e violenze sono da verificare, ma l’ipotesi che possano essere avvenuti si sta repentinamente trasformando in certezza.
L’inchiesta
A dare il via alle indagini, un’inchiesta del giornale Verdens Gang, che nel 2016 ha pubblicato un articolo riportando le testimonianze di 11 persone, che confessavano di aver subito pesanti molestie nel piccolo villaggio della Lapponia norvegese. Tali dichiarazioni, hanno spinto le autorità a investigare sulla vicenda, indagine che ha portato alla luce i terribili fatti.
Gli individui incriminati al momento sono dieci, un numero che, secondo gli inquirenti, potrebbe aumentare considerevolmente. Se i casi di violenza accertati che vedono vittime uomini, donne e bambini sono 83, 92, invece, sono le persone sospettate di aver commesso gli abusi, tra cui tre donne che potrebbero a loro volta averli anche subiti. Un centinaio circa, di questi 151 stupri, purtroppo resteranno impuniti, in quanto consumati nel 1953: il reato sarebbe quindi caduto in prescrizione. Ben 43 delle vittime di tali abusi all’epoca erano bambini. I protagonisti dell’abietta vicenda, sono membri della comunità Sami, fedeli al Laestadianesimo, un movimento conservatore di matrice luterana: inizialmente si era anche ipotizzato, che l’osservanza di tale credenza, potesse aver indotto alcuni membri del piccolo villaggio alla pratica dello stupro, ipotesi in seguito smentita.
Le reazioni
Tone Vangen, rappresentante delle autorità norvegesi, in una conferenza stampa, afferma di non credere che la fede religiosa dei Sami abbia inciso sui fatti:
“non sussiste ragione per credere che l’etnicità o le credenze religiose siano motivo scatenante delle violenze che si sono originate”
Sicuramente, secondo il parere della Vangen, il fatto che alcune delle vittime si siano rifugiate nella religione, piuttosto che rivolgersi all’autorità giudiziaria, sta a testimoniare il rapporto di sfiducia che persiste da sempre tra la comunità lappone e la Norvegia stessa.
Sono differenti le parole di Lars Magne Andreassen, direttore di un centro culturale Sami a Tysfjord, da una parte intrise di sollievo per “le barriere di omertà finalmente cadute”, dall’altra colme di preoccupazione per le problematiche legate alla vita dei Sami, totalmente e volutamente chiusi nel loro mondo. Sono dure, invece, le sue accuse nei confronti della polizia, che non sarebbe intervenuta tempestivamente a fronte delle denunce ricevute prima del 2016, sottovalutando così un grave problema.
Un fatto raccapricciante di silenzi ed omertà, che striderebbe ovunque e stride ancora di più in un Paese come la Norvegia, che poco tempo fa, si è impegnato ad educare i richiedenti asilo alla cultura occidentale, onde evitare episodi di violenza sessuale, organizzando anche corsi specifici anti-stupro. Una nazione inconsapevole, che reticenza e vergogna nascondevano abusi indicibili perpetrati dalla sua stessa gente.
Anna Lattanzi